Venere e Nettuno







Lidia Fassio


Occorre a questo punto fare una precisazione, nel senso che questi due ultimi archetipi a mio avviso hanno poco a che fare con la dimensione “personale” della coppia, ma simboleggiano i due ultimi stadi dell’elevazione in cui Plutone e Nettuno – perché in questo ordine io li metterei – conducono Venere verso le ultime potenzialità di conoscenza.
Le frontiere dell’amore vengono erose da Nettuno che agirà in maniera sensazionale, idilliaca, sempre attraverso un grandissimo bisogno di romanticismo e di sogno, unendo insieme il bisogno nettuniano di immergersi e di perdersi a quello venusiano di gratificarsi e di piacere. È un amore indimenticabile, qualcosa di sublime e di paradisiaco in cui vi è la sensazione di un vero e proprio ritorno all’Eden, a quel senso di unità in cui la propria identità non è più sospesa ed impaurita ma è nelle mani di qualcuno che ci sembra possa dirigerla e soddisfarla anche in nostra vece.
Siamo però molto lontani dalla passione: Nettuno non è mai finalizzato a qualcosa di terreno e neppure a qualcosa di concreto, ed è quanto di più lontano dalla coppia tradizionale, che vuole vivere insieme nella realtà e soprattutto nella quotidianità. Nettuno non è reale, è fantastico; e come tale impedisce sempre di vedere cosa c’è al di là del velo che costruisce, spingendo a trovare un significato superiore che trascini il soggetto a trascendere il mondo ordinario e a vivere in una sorta di contemplazione che spinga alla completezza interiore anziché alla ricerca di una coppia.
L’amore è lo strumento attraverso cui Nettuno insinua il suo bisogno di trascendere l’Io e il senso di separazione dal Sé. L’amore quindi con Nettuno inizia come bisogno di sentirsi unito a qualcosa di più grande di sé, però lo scopo sarà quello di portare questo Io a riallacciarsi al Sé, alla fonte di unità originaria da cui era partito per il suo viaggio tanto tempo prima.
In questo archetipo l’impulso amoroso conduce ad oltrepassare ogni limite e ci fa vivere un’esperienza di perdita di confini in cui la figura del partner si confonde nell’indistinto, annullandosi fino a giungere a perdere quel senso di divisione tra il soggetto e l’oggetto, e sperimentando così un senso di ritorno all’unità originaria perduta e costantemente rimpianta. Ciò rompe l’ordine razionale dell’esistenza e avvicina a qualcosa di superiore e di infinito: Nettuno usa Venere per farci percepire l’infinitezza del nostro essere, per farci contattare la dimensione universale e spirituale e superare le frontiere della vita limitata che ci vincola ad un mondo mediocre e scontato. L’amore ci traghetta in alto, ci fa percepire aperture e punti di accensione impensabili. Per Nettuno l’amore è come un’overdose che ci permette di accedere al altri stati di coscienza e di conoscenza.
Nettuno ci porta all’essenza e ci mette a confronto con il soffocamento e il limite della realtà, per raggiungere la possibilità del suo superamento; attraverso l’amore ci porta oltre lo spazio-tempo, in una sorta di annullamento orizzontale dell’ego. Nettuno conduce Venere alla massima espressione di sé e delle sue qualità creatrici; Venere attraverso Nettuno diventa un canale che parla a tutto il mondo con la musica, la danza, l’arte, la comunicazione empatica ed emotiva: una modalità di entrare in contatto da un lato con l’inconscio collettivo e dall’altro con chi è pronto, attraverso la sensibilità e le emozioni, a coglierne i segnali di apertura e di miglioramento.
Il rischio con Nettuno è di accedere solo alle sue dimensioni più basse, scendendo nel regno della dipendenza – da altro o da altri – che consente di sfuggire a quello che è il suo vero compito. Con l’amore sembra farci passare attraverso una sorta di plagio in cui c’è il desiderio di plasmare l’altro o di esserne plasmati, in un delirio di annullamento di sé.
È un amore che può ricordare Pigmalione, che nel suo ideale, assolutamente impossibile da ricondurre alla realtà, costruisce con la creta la statua di Galatea, chiedendo poi ad Afrodite di darle vita: una vita non vera, però, in quanto lui non rispetta e non cerca l’individualità di Galatea, ma la vuole a sua immagine e somiglianza, esattamente come la sogna e desidera; in pratica vuole che lei si annulli, che non esista con una identità propria ma che accolga la forma che di volta in volta lui sceglie per lei. Questa è la “follia nettuniana” in cui il bisogno di trascendere viene scambiato con il bisogno di plasmare o di annullare l’identità vivendo tra le pieghe di qualcun altro. Questo amore non sale, non si eleva, ma finirà tristemente in uno sconfinamento nella psicosi in cui il bisogno è quello di fuggire la realtà, non di trascenderla.
Altra dimensione della follia nettuniana è l’amore sacrificale, ovvero l’idea che per amare bisogna annientare la propria volontà e offrirla all’altare del vittimismo, in nome o nella speranza di una “redenzione” che non si sa bene da dove dovrebbe originare…
Ciò a cui Nettuno ci vuole portare, invece, è la percezione del riflesso dell’Unità Originaria fino a concepire una nuova dimensione di esistenza che armonicamente risuoni sulle frequenze dell’Assoluto. La difficoltà nella comprensione di questo amore sta nel fatto che Nettuno non vede l’altro e spesso, dietro ai grandi innamoramenti fantastici, ideali, empatici ed incredibilmente illusori, non c’è una persona: Nettuno potrebbe innamorarsi di qualsiasi cosa, l’altro è solo uno strumento, ma nella propria essenza non esiste, perché Nettuno non lo lascia oltrepassare la soglia della sua nebbia e del suo oblio. Qui l’amore non può prendere forma, altrimenti perderebbe anche la sua forza ed il suo scopo. Deve rimanere qualcosa nell’anima, qualcosa che non può e non deve essere consumato. Solo così si mantiene “intatto e spirituale” e può essere alimentato dalla fantasia.


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