Il Simbolo







Lidia Fassio


IL SIMBOLO

Inizierò con una frase di Bachofen:
"il simbolo affonda le radici nelle profondità più segrete dell’anima; il linguaggio aleggia sulla superficie della comunicazione come una brezza sottile… Le parole rendono finito… l’infinito; i simboli conducono la mente al di là del mondo finito del divenire nel regno infinito dell’essere".
Parlare di simbolismo è tutt’altro che semplice, in quanto comprende una incredibile vastità di cose; tuttavia cercheremo di affrontare insieme il suo significato a livello astrologico, mitico e nell’analisi del profondo.
Esistono tre tipi di simboli:
Convenzionali, che sono quelli che usiamo più comunemente e sono rappresentati dai numeri, dalle parole e dalle figure (la caratteristica di questi simboli è che sono nati da convenzioni e, quindi, condivisibili da tutti o quasi); anche le note sul pentagramma sono simboli.
Accidentali: che non possono essere condivisi se non accidentalmente. Ad esempio, se io sento nominare il nome di una città ed ho una sensazione di tristezza in quanto in quella città ho vissuto una esperienza negativa, allora questa città per me diventa un simbolo, che tuttavia non può essere condiviso da altri. Anche nei sogni sono presenti molti simboli accidentali.
Universali: sono quelli in cui c’è una relazione tra il simbolo e ciò che rappresenta, e sono chiaramente condivisibili da moltissime persone. Nel simbolo universale c’è un’affinità tra emozione o pensiero da un lato ed esperienza di tipo sensoriale dall’altra. In un certo senso è anche "convenzionale" poiché molti lo condividono. Ma ogni simbolo, pur essendo universale, assume poi una colorazione "individuale", soprattutto nei sogni, dove lo stesso simbolo può accendere significati diversi a seconda della storia personale e della personalità del soggetto in esame.
Una caratteristica del simbolo consiste nel non lasciarsi né collocare né definire, ed è in questo che sta la sua magia: il simbolo appartiene al regno della mente analogica, alla parte destra del cervello, o meglio dovrei definirlo l’emisfero non dominante, che di media è il destro (nei mancini è esattamente il contrario). Questo emisfero è quello che ha un collegamento con la coscienza e dà significato alle esperienze registrate dall’altro emisfero; è poco verbale, ma è musicale ed ha una capacità di sintesi e di interpretazione; è quello che "comprende"; astrologicamente parlando appartiene al regno di Giove e Nettuno, pianeti che stanno quindi all’opposizione e al quadrato di Mercurio, signore simbolico della definizione e del pensiero logico causale.

I primi simboli, quindi anche i primi maestri dell’uomo, sono tutti giunti dalla osservazione della natura, in un’epoca che precede quella della mente razionale e in una fase che viene definita a livello di evoluzione della coscienza "mitico-psichica", corrispondente alla fase matriarcale dell’umanità: animali, pietre, piante, cielo, costellazioni… tutto veniva osservato attentamente e successivamente trasformato in rappresentazioni mentali molto potenti.
In questa fase il simbolo si struttura all’interno della psiche umana nella sua ampia funzione esplicativa e creatrice, e diventa un sistema di connessioni molto complesse nelle quali il fattore dominante è sempre il carattere "polare" che serve a collegare il mondo fisico con quello metafisico.
Il simbolo collega quindi l’eterno al transitorio; è l’essenza vibrazionale di ciò che intende rappresentare ed è il mattone della comunicazione della coscienza. La sua funzione, almeno quella più ovvia, consiste nel richiamare alla mente qualcosa di diverso da ciò che appare davanti agli occhi. Ciò significa che possiede una sua precisa energia ed ha un suo potere di evocazione; lascia infatti emergere sentimenti, intuizioni e concetti partendo da un’immagine, e tutto questo viene richiamato attraverso un processo associativo tipico della mente analogica (lobo destro). Come ho accennato prima è Giove che rappresenta questa facoltà; ad esso infatti si legano immaginazione, intuizione, capacità di associazione e di visualizzazione nonché di interpretazione e comprensione, allo scopo di dare significato alle cose, ai fatti, alla vita.

È interessante quanto ha detto Jung a proposito del simbolo: "ciò che noi chiamiamo simbolo è un termine, un nome o anche una rappresentazione che può essere familiare nella vita di tutti i giorni e che, tuttavia, possiede connotati specifici oltre al suo significato ovvio e convenzionale. Perciò una parola o un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che va al di là del significato immediato e possiede quindi un aspetto più ampio… inconscio, che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato".
Quando la mente va ad esplorare il simbolo, viene a contatto con qualcosa che travalica le barriere del pensiero logico-razionale: vedere infatti un "cerchio", può farci pensare razionalmente ad una figura geometrica, se invece guardiamo attraverso la mente associativa possiamo essere ricondotti magicamente al Sole, al ciclo di eterno ritorno, all’Uroboros o al Tao; in ogni caso ad un simbolo di unità in cui tutto è contenuto. Ed è a questo punto che la mente razionale deve ammettere la sua totale incompetenza, poiché questo è il regno della mente analogica che funziona per ASSOCIAZIONE e non per consequenzialità o per logica.
Mircea Eliade afferma che: "il simbolo ‘aggiunge’ valore nuovo ad un oggetto o ad una parola senza per questo attentare ai suoi valori propri, immediati o storici. Il simbolo potrebbe essere una possibilità di accesso al mondo e alla realtà del mondo".
Il simbolo lavora attraverso l’ANALOGIA e la definizione di questa parola è la seguente: "una relazione tra due fatti fra i quali c’è similitudine". La vera analogia – dice René Guénon – consiste nella relazione che c’è tra il livello fenomenico e il livello spirituale, che egli paragona a ciò che Platone definiva "l’architrave su cui poggiano le idee divine".
La natura del simbolo è molto complessa poiché si compone con i dati di tutte le funzioni psichiche. Non è razionale né irrazionale, in quanto possiede un lato che si concilia con la ragione ed un altro che non è accessibile ad essa ma è legato alla percezione interna. Il simbolo appartiene sia al pensare che al sentire e stimola sia la sensazione che l’intuizione (la prima è materialmente provabile, la seconda no); può scaturire indifferentemente dai lati più evoluti della psiche, ma anche dagli impulsi più bassi e primitivi.
Attraverso di lui ritroviamo una cooperazione degli opposti che convivono all’interno della psiche. Il simbolo si configura dunque come un qualcosa che nasce dalla tensione tra due opposti, ma che contemporaneamente ha in sé il potenziale per trascenderli entrambi, riconciliandoli e superandoli. Può quindi rendere positiva una tensione che potrebbe invece diventare sconvolgente.
A livello di psicologia del profondo, si presenta come protagonista e primo attore nel pensiero di chi deve attuare un cambiamento nel proprio stile di vita (spesso è un indicatore di disagio e, al tempo stesso, un anticipatore di bisogno di trasformazione che giunge direttamente dall’inconscio).
Il simbolo contiene in sé gli opposti e ne consegue che da un lato propone l’accentuazione della polarità, ma, dall’altro, introduce una possibilità di superamento in quanto travalica il dislivello energetico che si produce nella polarizzazione razionale/irrazionale. Nella psicologia analitica si pone come funzione attiva capace di produrre una sintesi delle posizioni contrapposte, e questa sintesi diviene attivatrice dei processi di trasformazione della personalità, in questo senso imponendosi come quella che Jung ha definito la "funzione trascendente" capace di portare a nuovi livelli di comprensione e consapevolezza.

Il simbolo è nato dall’uomo primitivo, come qualcosa che riusciva ad esprimere in modo creativo le corrispondenze tra le forze della natura e sé stesso, cercando anche di spiegarne il legame: il primo potente filo conduttore trovò espressione nel tentativo da parte dell’uomo di leggere ciò che accadeva nel cielo.
Il primo simbolo in assoluto è stato quello della Luna, che si è indissolubilmente legato alla Terra. L’uomo cominciò a vederla come fonte di vita e di nutrimento e le diede un significato superiore: divenne una divinità, e fu quindi elevata al rango di Dea portatrice di luce notturna. Successivamente l’uomo intuì i rapporti che si creavano tra il suo movimento e i suoi cicli nel Cielo e ciò che accadeva sulla Terra. Non ci volle molto per l’uomo primitivo a capire che la Luna si collegava ai fenomeni del raccolto, della riproduzione e della fertilità, e a legare simbolicamente la Natura-Madre al Mondo Femminile.
Ed è a questo punto che l’uomo crea il parallelismo simbolico che unisce da un lato una realtà fenomenica (raccolti-vegetazione-maternità-nutrimento) con una realtà spirituale (Luna-Dea dei raccolti, della fertilità e quindi della vita), fino a concedere a questo simbolo sempre maggiori significati, man mano che l’uomo vi trovava nuovi collegamenti con i fenomeni terrestri. L’uomo dunque, acuto osservatore (ricordate che non c’era la televisione e che i fenomeni più eclatanti avvenivano proprio in Cielo!), cercò in seguito di scoprire se c’erano rapporti tra ciò che accadeva in Cielo e il suo personale divenire, cercava cioè di leggere negli accadimenti esterni qualcosa che indicasse cosa poteva succedere a lui.
In pratica cominciò a cercare di leggere il suo destino negli astri.
Ed è in questa fase che lo sviluppo della coscienza fece un gran balzo in avanti: l’Uomo si pose come Centro dell’Universo, abbandonando l’adorazione della Madre-Luna per accostarsi all’astro che astronomicamente stava al centro del nostro sistema: il Sole, che assume anche il simbolismo di Dio Padre.
Da questo momento in poi, l’individualità cominciò ad assumere un ruolo sempre più importante per noi occidentali e pian piano declinò il culto della Dea Madre che invece sovrintendeva simbolicamente alla specie, ancorando l’uomo al collettivo e al ciclo di eterno ritorno.
Il passo successivo fu relativamente semplice: questi due astri assunsero pian piano connotazioni e qualità umane, pur mantenendo un ruolo di divinità; cominciarono a ricevere le proiezioni dell’uomo che liberava su di loro una serie di qualità positive e negative. Ed è così che i simboli-astri si animarono, presero vita, diventando vere e proprie funzioni che però l’uomo vedeva totalmente all’esterno di sé, come se non gli appartenessero; ed è proprio per questo motivo che, per un lunghissimo arco di tempo, gli astri vennero visti come "Padroni del destino dell’uomo".

Con il passare del tempo la venerazione degli Astri, sui quali si proiettavano sempre più simboli e a cui soprattutto si dava sempre più "potere", divenne la Astrologia, la cui storia riflette le trasformazioni dell’atteggiamento dell’uomo nei confronti della natura, e il tentativo di leggere negli astri stessi qualcosa che gli garantisse di sentire il parallelismo tra Macrocosmo e Microcosmo.
Le potenzialità che venivano date agli astri permisero due cose: la nascita di un vero e proprio MITO (di cui parleremo nella 2a parte); l’idea di poter leggere gli spostamenti degli astri per poter comprendere in anticipo i cambiamenti e gli accadimenti umani. L’Astrologia divenne così l’unico strumento che studiava ed interpretava le trasformazioni periodiche che avvenivano in natura cercandone parallelismi all’interno della vita e dell’anima dell’uomo.
È ovvio che i pianeti nell’antichità venivano visti come forze in grado di determinare l’uomo sulla Terra; tuttavia l’Astrologia non è altro che la rappresentazione simbolica degli "elementi primi che si trovano in natura", elementi di cui è composta la realtà. Questi principi primi si chiamano Sole, Luna, Mercurio, Venere, ecc. e rappresentano i piani attraverso cui la realtà universale può manifestarsi sul più piccolo piano umano: più noi siamo in contatto con questa realtà e più avremo modo di comprenderla ed interpretarla.
Anche se, purtroppo, l’astrologia è ancora oggi vista troppo spesso come un modo per conoscere il Destino e poi, magari, ingannarlo; in realtà essa merita molto di più in quanto è molto più sofisticata ed interessante e può far comprendere questo legame tra uomo ed universo.
Infatti, è attraverso il suo carattere simbolico che ci permette di diventare attori che interpretano al meglio il loro destino e, ancora di più, ci consente di poter essere in armonia con i principi primi a noi più consoni e vicini affinché ognuno di noi possa realizzare il proprio destino; tutto questo è possibile solo se riusciamo ad interpretare ed onorare tutti i principi che sono simbolicamente rappresentanti nel nostro tema natale dai pianeti-divinità. L’importante, per giungere ad un risultato ottimale, è riuscire a portare i simboli planetari all’interno, facendoli propri e vivendoli come funzioni psichiche che altro non sono che reali istruttori celesti che portano al nostro interno il nostro personale divenire.
Vi sono sette simboli-pianeti che sono più semplici da conoscere e sono quelli che stanno rinchiusi tra il Sole e Saturno; tuttavia, compito delle generazioni attuali consiste nel personalizzare gli ultimi tre pianeti che appartengono ancora in buona parte al regno dell’inconscio. È come se le generazioni attuali avessero il compito di portare questi simboli dal Cielo-universo alla Terra-uomo, affinché anch’essi possano diventarci familiari come lo sono diventati gli altri.
Tutto questo continua ad essere legato al fatto che – a livello astrologico – il simbolo attinge ad un’immagine mitica del mondo: quella in cui l’individuo, l’ambiente e l’universo intero appartengono ad un "sistema totale" in cui tutto è collegato e sincronico.

Anche nel simbolismo astrologico vediamo collegamenti con la psicologia junghiana. Jung, infatti, studiò l’astrologia e vide in questa disciplina una concezione archetipica, in quanto l’astrologia e il simbolismo si ritrovano in tutte le culture ed esprimono una realtà dell’uomo che sta al di là del tempo e dello spazio e parte dal bisogno di sentire che la propria esistenza è ordinata e assicurata in un universo che non è separato da lui. Questo suo modo di vedere rende onore alla frase degli antichi "come sopra – così sotto".
Si sono così uniti attraverso il principio di sincronicità l’Universo e la Psiche. Questo ci autorizza a prendere in considerazione l’oroscopo e l’intero sistema astrologico come uno strumento attraverso cui è possibile rintracciare un modello psicologico molto preciso.
Lo stesso Jung fu affascinato dall’idea che in astrologia vi fossero ben 12 profili psicologici; ed è all’interno di queste tipologie che si costellano i pianeti che rappresentano le funzioni o meglio gli archetipi dell’inconscio collettivo con tutte le loro qualità di luce ed ombra. Il collegamento con la psicologia del profondo consiste nel fatto che questa sostiene che gli Dei immaginati dall’uomo sono creature dell’animo umano e dalle sue passioni, nate per essere poi proiettate nel Cielo, trovando così senso e significato.

IL MITO

Parleremo ora del simbolismo del Mito e successivamente del Sogno e degli Archetipi.
Il Mito presenta sé stesso raccontando una storia che esprime un’esperienza dell’anima; chi non riesce a cogliere questo significato sottile pensa al mito come al parto di una mente infantile e prescientifica che descrive ingenuamente il mondo, oppure, nella migliore delle ipotesi, lo vede come la rappresentazione fantastica di un poeta o di un sognatore.
Invece, i Miti sono la memoria degli elementi archetipici sul piano personale della coscienza collettiva. Le varie storie degli Dei, degli Eroi, delle Arpie, sono esempi del modo in cui le figure archetipiche si sono collocate nell’ambito della coscienza dell’uomo creando vere e proprie strutture che rappresentano precise dinamiche psichiche. Conoscere queste storie, conoscere il mito stimola l’immaginazione e apre fortemente alla capacità di comprensione del mondo spirituale.
Il Mito collega l’interno con l’esterno. La comprensione del Mito sviluppa il 7° chakra che è quello che permette l’accesso alla coscienza universale.

Il primo personaggio che seppe leggere il mito in chiave psicologica fu senza dubbio Freud, che vide in esso una chiave per leggere l’evoluzione e la storia della religione, della morale e delle forme sociali antiche. La mitologia si serve anch’essa di simboli, ma può essere considerata una forma sottile di "letteratura dello spirito", secondo la definizione che ne dà Joseph Campbell, uno dei più grandi studiosi di miti.
Il mito è una prospettiva molto profonda della realtà e dei fatti che accadono. I miti si servono di simboli e rimandano in continuazione al nostro mondo interiore e ai vari passaggi che lo spirito deve affrontare; sono una traccia che si può usare soprattutto nei momenti cruciali e che permette all’uomo di non sentirsi solo, perché conscio che moltissimi individui l’hanno già percorsa, ne hanno tratto conclusioni e sono giunti alla fine del viaggio. I miti non fanno altro che narrare la ricerca continua che l’uomo ha fatto attraverso i secoli, sempre con il fine ultimo di trovare la verità e il significato della vita, il suo senso. Senza mito ognuno di noi dovrebbe cavarsela da solo.

Ebbene, noi siamo ora approdati al 2000 eppure siamo ancora alla ricerca della verità, del senso e del significato da dare alla vita.
Campbell dice che noi nasciamo bisognosi e che abbiamo la necessità di comprendere la morte e di tenerle testa; dice che dobbiamo trovare un significato nella vita, toccare l’eterno e capire il mistero scoprendo chi siamo. In questo il mito è potente perché ci guida verso le potenzialità spirituali della vita.
Il mito è il veicolo principale per iniziare a recepire il messaggio dei simboli perché i miti uniscono alla grande esperienza della vita e ci aiutano a capire che le polarità possono ricongiungersi: infatti, spiegano semplicemente una realtà ad un livello più profondo; quello spirituale. Se noi volessimo interpretare il mito sul piano della realtà concreta, non faremmo altro che vedere una "forma"; ma il mito non è forma, è essenza.
I miti ci parlano di un uno che diventa due e che deve ridiventare uno attraverso un matrimonio; tuttavia questo discorso è simbolico, parla di una Unità che per manifestarsi ha bisogno di una polarità e che, in ultimo, superato l’aspetto di divisione dovrà giungere al riconoscimento di una identità spirituale. Il matrimonio non è quindi un simbolo di unione amorosa, ma il ricongiungimento del sé con il sé, con il fondamento maschile e femminile di ognuno di noi.

Per rappresentare questo matrimonio si usa il simbolo del TAO, che è archetipico e rappresenta anche le tre modalità possibili di relazione:
- nella prima un elemento domina sull’altro;
- nella seconda accade l’inverso;
- nella terza c’è un equilibrio perfetto.

Il TAO può essere preso a simbolo di qualsiasi Centro, Energia, Big Bang: l’origine è sempre l’UNO, un’energia trascendente che quando entra nel regno del Tempo e della Forma si scinde in coppie di opposti e diventa DUE per essere visibile. I due opposti danno vita al TRE, da cui derivano tutte le cose e tutte le relazioni.
Ecco quindi come il mito accompagna tutte le cose della vita rappresentando una sorta di iniziazione: per questo è anche fortemente comprensibile.
In astrologia il Mito può allargare la nostra consapevolezza rispetto ad alcuni passaggi cruciali che ogni segno deve affrontare – il segno rappresenta un modello psicologico – passando attraverso i bisogni e le bizzarrie del suo signore (il pianeta che lo governa) che ha anch’esso un valore mitico in quanto strettamente legato a qualcosa che noi abbiamo dentro.
E siccome il tema natale rappresenta il viaggio interiore, quello che faceva l’Uomo di Crô-Magnon trentamila anni fa è esattamente quello che dobbiamo fare anche noi dal momento in cui siamo venuti al mondo. Non importa quanta tecnologia abbiamo: dovremo comunque affrontare l’infanzia (Luna), l’adolescenza (Mercurio), la maturità sessuale e la voglia di relazionare (Marte e Venere), la transizione alla maturità (Sole), l’accettazione di un ruolo sociale (Giove), per giungere, infine, alla conoscenza delle proprie responsabilità e dei propri limiti fino alla decadenza del corpo e alla morte della materia (Saturno).
I miti, attraverso il loro linguaggio simbolico ci aiutano a leggere messaggi che chiunque può comprendere, da chi vive in Patagonia all’uomo di New York. Ci ricordano che è dalla profondità degli abissi che giungono le emozioni e gli sconvolgimenti del nostro equilibrio, ma è dalla stessa fonte che ci arrivano le intuizioni circa la nostra salvezza poiché ci preannunciano che proprio nel momento in cui arriva l’oscurità o la crisi, ci giunge, contemporaneamente, una grande possibilità di trasformazione.
Essi ci indicano che proprio dal momento di massima oscurità ha origine la luce; ci dicono che il paradiso e l’inferno sono parte di noi, non occorre che le vediamo rappresentate all’esterno: tutte le rappresentazioni e gli DEI sono interni a noi. Come scritto nell’Upanishad, "tutti gli Dei, tutti i paradisi, tutti i mondi sono già dentro di noi".
Il mito ci dà anche istruzioni su come affrontare i vari conflitti che le varie parti di noi sperimentano; la loro manifestazione ci rappresenta cosa accade quando una parte di noi vuole una cosa – tipo la ragione – e il cuore invece ne vuole un’altra: questo può essere significativamente rappresentato da una quadratura Luna-Mercurio nel tema natale, in cui due parti della stessa personalità entrano in rotta di collisione e bisognerà giungere ad un compromesso che consenta di trascendere la polarità, il conflitto e la dualità.
Il fatto che tutti comprendano certi valori simbolici e miti come quello della DISOBBEDIENZA, è dato dal fatto che la psiche in tutto il mondo è simile: per cui tutti più o meno abbiamo gli stessi impulsi, gli stessi istinti, gli stessi conflitti, le stesse paure e bisogni. In un certo senso la psiche è fatta di pensieri base che possiamo definire "schemi elementari" o, per dirla con Jung, "archetipici".
I pianeti sono quindi gli archetipi psichici presenti sia a livello psicologico del profondo che a livello astrologico, e sono incredibilmente comprensibili attraverso il mito.

Ovviamente i miti sono inseriti nelle culture in cui si sono formati, quindi possono differenziare tra loro a seconda della natura del popolo che li ha prodotti. I popoli agricoli hanno sviluppato miti che hanno a che fare con la fertilità della Terra e quindi parlano di uccisione, smembramento e sepoltura del Dio-Seme al fine di poter dare il via ad un nuovo ciclo. I popoli cacciatori non potevano avere gli stessi miti, infatti hanno rappresentazioni di patti invisibili tra mondo animale e mondo umano.
I miti si incentrano sull’idea che l’animale offra spontaneamente la sua vita comprendendo che essa trascende la sua entità fisica e quindi ritornerà alla Terra attraverso un rituale di restaurazione; i rituali sono dedicati all’animale più importante: per gli Indiani d’America era il bufalo, tra gli Zulu era un tipo particolare di antilope, ecc. Però, tra l’animale e l’uomo vi è un grande rispetto ed una reciproca riconoscenza: "uccidere" non significa infatti "macellare", ma è un preciso rituale, qualcosa di sacro, simile ad una preghiera e consiste nel riconoscimento della propria dipendenza dalla donazione dell’animale che si è immolato. Esprime, in ultimo, un accordo con la Natura e non un atto di depredazione.
Nel mondo primitivo chi aveva il compito di tenere vivo il mito erano gli sciamani; nelle società moderne, questo si è andato pian piano perdendo, in ultima analisi sono comunque gli artisti che possono comunicare i miti ai contemporanei, recitando un ruolo che un tempo apparteneva ai sacerdoti.

Vi sono miti universali:

- quello della CREAZIONE, presente in tutte le culture e legato all’origine della coscienza;
- quello del LABIRINTO, che descrive il viaggio (vita) per arrivare al centro – simbolo di ricongiungimento degli opposti e di totalità rappresentato dalla conquista del tesoro, del regno della sposa – appartenente come finale anche al mito dell’EROE, in cui la parte femminile è rappresentata dal Mare, dal Mostro che ingoia o dal Pesce (Balena), che l’eroe deve combattere e vincere, dal quale si deve liberare.
- quello della MORTE e RESURREZIONE, che rappresenta la consapevolezza del fatto che, affinché nasca la vita, qualcosa deve morire.

In chiusura di questo discorso bisogna comprendere che ogni mito è vero e reale se la persona vive una situazione archetipica con cui riesce ad entrare in associazione: il Mito infatti unifica il mondo della natura con il mondo dell’uomo, è qualcosa che armonizza, ed è chiaro che per noi è più facile identificarci con la mitologia della dualità che è tipicamente occidentale (bene e male, paradiso e inferno, luce e ombra).
E’ per questo che le nostre religioni occidentali tendono a porre un accento etico sul peccato e sull’espiazione, e sul giusto e lo sbagliato. La mitologia orientale è più centrata su esperienze che via via portino lontano dalle limitazioni e dall’ignoranza. L’ignoranza e il limite dell’attaccamento sono considerati i due peccati più gravi in oriente e proprio da qui ha avuto origine il concetto di reincarnazione: se restiamo aggrappati alle cose e non siamo in grado di ricevere la libertà a livello spirituale, dobbiamo vivere e rivivere al fine di poter fare tutte quelle esperienze che ci portano all’abbandono di ogni attaccamento al regno del tempo e della materia.
In ogni caso, il Mito è un’esperienza emotiva, qualcosa che si è "sentito", qualcosa che viene trasmesso come se fosse un’esperienza sensoriale. Nel linguaggio simbolico le esperienze interiori, i sentimenti e i pensieri si esprimono come se fossero esperienze reali o avvenimenti del mondo esterno.

IL SOGNO

Ora parleremo del Sogno. Anch’esso è simbolico, appartiene al regno in cui non c’è spazio né tempo, e non c’è la logica che è presente durante lo stato di veglia. Siccome però il sogno ci appartiene intimamente e personalmente, dovremmo fare uno sforzo e imparare a leggere questa "lingua straniera", perché esso reca un messaggio che bisogna saper interpretare.
Il sogno non tiene conto della mente razionale e non parla il linguaggio che usiamo normalmente, ma ha lo scopo di portarci a contatto con qualcosa che "sta cercando di manifestarsi alla coscienza". Spesso è attraverso il sogno che ci rendiamo conto che esistono realtà diverse all’interno di ognuno di noi: il sogno è un mito che però non ha valore collettivo, ma solo individuale e come tale è comprensibile solo se inserito nella storia del soggetto.

I sogni possono scaturire da tre livelli diversi:
- dall’inconscio;

- dalla coscienza;

- dalla supercoscienza.
Possono quindi indipendentemente nascere dal mondo degli istinti e dei sentimenti, dal pensiero riflessivo e dal mondo delle idee, ma anche dal pensiero intuitivo e dal regno delle verità superiori.
Questa divisione apparteneva già alla tradizione esoterica che conosceva la divisione verticale su tre livelli di pensiero, ed è stata ripresa da Assagioli nella sua PSICOSINTESI.

In ogni caso, attraverso il simbolismo del sogno ogni individuo può entrare in contatto con le proprie aspirazioni più profonde; quando dormiamo e ci avventuriamo nel "sogno" affrontiamo un’altra forma di esistenza e durante il sogno facciamo un’esperienza unica, irripetibile e vera, spesso provando la sensazione di entrare in contatto con le leggi dell’ordine universale. In ultimo, i sogni aprono una via alle nostre problematiche e alle nostre angosce.
I simboli dei sogni non sono quindi diversi dai miti collettivi, anche perché l’inconscio dell’uomo primitivo non differisce di molto da quello dell’uomo tecnologico, per cui molte cose mantengono lo stesso significato.
I sogni collegano la mente conscia con quella inconscia. Nel mondo orientale si dice che colleghino i chakra inferiori a quelli superiori e quindi rappresentino un aspetto cruciale per il nostro "risveglio": infatti collegano i nostri processi inferiori (istinti, emozioni ed impulsi) al mondo molto più vasto dello spirito.
I sogni liberano il mistero che unisce anima e spirito, individuale con universale. Servono alla nostra realizzazione ed offrono alternative sulla realtà ordinaria; aprono, a mio avviso, la via al vedere le cose in modo diverso, rivelano emozioni e comprensioni segrete, desideri e necessità, parti rifiutate di noi, talenti non sfruttati e ciò che manca alla nostra totalità. Spesso sono immagini totalmente irrazionali che però aprono la strada a qualcosa di più vasto di noi; oppure ci offrono risposte ai nostri problemi, qualcosa che la mente conscia non riesce a risolvere, e in questo modo si trasformano in maestri spirituali.
Molte sono state le scoperte anche scientifiche apparse attraverso un sogno, in cui la soluzione appare in maniera simbolica; celebre è la folgorazione su come realizzare la macchina da cucire che giunse al suo inventore in un sogno in cui dei cannibali lo trafiggevano con delle lance che avevano dei buchi sulle punte cosa che offrì la chiave risolutiva che gli era sfuggita fino ad allora.
I sogni sono spesso rappresentazioni del nostro mondo interiore che lotta con quello esteriore e sono anche il modo attraverso cui la psiche cerca di mantenere l’omeostasi compensando la mancanza di equilibrio mentre adattiamo la nostra vita alla realtà esterna. Comunicano anche informazioni importantissime alla mente cosciente circa la nostra salute, le relazioni, il lavoro e quant’altro appartiene alla nostra vita; spesso possono rappresentare un legame tra l’esperienza somatica e quella trascendente.
Ciò che sembrerebbe importante e su cui concordano molti studiosi di miti, simboli e sogni, è che i "sogni straordinari" appartengono esclusivamente a persone geniali – anche i primitivi e le tribù pellerossa sono d’accordo su questa teoria – operando quindi una divisione tra il sogno ordinario che investe l’uomo comune dalla "grande visione" che accade a uomini eccellenti.
I sogni sono legati strettamente al desiderio, a ciò che è importante per una persona e sono quindi espressione delle aspirazioni e delle possibilità di miglioramento di un individuo. Imparate dunque a scrivere i vostri sogni e a seguirli con interesse: possono essere dei reali GURU.

ARCHETIPI JUNGHIANI

Affrontiamo ora l’ultima parte di questo escursus affrontando gli archetipi junghiani. Jung scrive: "dal punto di vista psicologico, l’archetipo, come immagine dell’istinto, è un obiettivo spirituale verso cui tende l’intera natura dell’uomo".
Gli archetipi sono difficili da vedere direttamente, sono come degli strani attrattori della teoria del Caos ma si manifestano negli eventi della nostra vita con puntualità ed intensità. Chi, ad esempio, è cronicamente spinto ad autosacrificarsi per il bene degli altri, potrebbe essere eccessivamente influenzato dall’archetipo del Martire; chi ha bisogno di nutrire costantemente qualcosa o qualcuno può incarnare l’archetipo positivo della Grande Madre; chi invece è terrorizzato dalla paura di essere divorato dalle donne, incarna l’archetipo della Madre Terribile o della Strega.
L’archetipo è numinoso, affascinante e seduttivo e lavora attraverso l’immagine. Quando l’immagine non è integrata dall’Io si diventa preda di un’illusione e non si distingue più tra la verità dell’essere e l’incarnazione dell’archetipo.
L’archetipo è una sorta di "prototipo iniziale", il Modello Base di una qualità che ha un suo nucleo energetico molto potente e che attrae a sé altri contenuti psichici – esattamente come il complesso, che in esso ha origine – che via via assumono sempre più potere perché vengono energizzati.
Gli archetipi sono collettivi nel senso che racchiudono tutte le esperienze dell’umanità.
Jung, che possedeva una potente immaginazione (Leone di segno con Luna congiunta a Plutone e Giove in casa 9a), vide il Sé come archetipo centrale di ordinamento della psiche e come principio formativo del processo di individuazione. Ovviamente è importante sapere quali archetipi influenzano la nostra vita poiché questo ci aiuta a chiarire il modo in cui percepiamo la realtà. Conoscerli ci protegge anche dall’essere troppo identificati e quindi vittime del loro dominio: portare gli archetipi alla coscienza significa poter avere degli alleati piuttosto che dei dittatori.
Jung vide la psiche strutturata come un DIAMANTE, che è esso stesso simbolo di interrelazioni totali ed equilibrate. L’archetipo primario è il SÉ che occupa il centro della psiche. Attorno ve ne sono altri sei, disposti a due a due e tra loro opposti, con tutte le loro derivazioni: ad esempio il Femminile racchiude sia la Grande Madre che la Strega, e tutte le sfaccettature intermedie.

Gli archetipi principali sono:
MASCHILE – FEMMINILE
NEMICO – EROE
MORTE E RINASCITA – VIAGGIO

Possiamo osservarli agire abbastanza autonomamente nella vita.
Ad esempio, in periodo di guerra osserviamo principalmente la coppia Nemico-Eroe; il Femminile e il Maschile vivono nel mondo quotidiano; durante il nostro viaggio siamo spesso costretti ad affrontare la Morte-Resurrezione che ci porta a nuovi orientamenti…
Quando ci troviamo in momenti di grande consapevolezza decidiamo di integrare e trasformare la nostra vita e ci orientiamo principalmente verso il Sé. I grandi miti sono pieni di temi archetipici; possiamo vederli però anche in azione nei film, durante i conflitti, nei romanzi, in tutte le esperienze della vita. L’archetipo è una matrice che si presenta attraverso simboli ed immagini, provviste di energia numinosa ed operanti a livello di sentimento e di emozione.
Possono costellarsi in veri e propri "Complessi".
Accennerò quindi brevemente a questi sette, da cui poi hanno origine tutti gli archetipi derivati in uno dimensione che va dalla luce più splendente all’ombra più cupa.


È il centro che trasforma ed integra; è colui che possiede il progetto della vita.
È la sede del divenire, e in base a questo tende ad orientarci attirando nella nostra vita quelle esperienze che serviranno all’Io per individuare il suo "progetto". È dal Sé che ha origine il processo di individuazione, l’OPUS di Jung che consiste nel vivere partendo dal Centro.
Il Sé ha la capacità di integrare gli opposti e quindi è anche il simbolo della CONJUNCTIO – uroboros, pietra filosofale, anello, androgino, simbolo di Totalità.
Si manifesta nelle esperienze di sincronicità, negli attimi di estasi e nelle fasi più significative in cui c’è assoluta consapevolezza.

MASCHILE
È Padre.
La struttura del maschile è discriminante.
È attivo, penetra, agisce e afferma sé stesso, divide. È logico e razionale. È spirito e forza, è conoscenza. Sono le idee e i valori.
Organizza e costruisce.
I suoi simboli sono il Sole, il Re, il Fallo, la Spada, l’Unicorno.
I suoi riti sono la Forza, il Potere e conseguimento degli obiettivi.

FEMMINILE
È Madre.
Rappresenta il principio di Eros, che crea accettazione e rapporto.
È l’utero da cui fluisce la vita, è la Terra a cui si ritorna, è il vaso, il contenitore, il nutrimento, la Luna. Può far vivere e crescere oppure soffocare, divorare e inglobare.
È il mistero della vita. È irrazionale ed intuitivo-percettivo.
È passivo, ed i suoi riti sono fertilità, smembramento.

EROE
È colui che affronta il Nemico. Conquista e agisce per la vittoria e per la guarigione. Porta all’ordine tutto ciò che è caduto nel Caos.
La sua energia è proiettata in una Causa, in uno scopo.
Si erge con nobiltà, lealtà, fierezza e cerca la verità.
Nella vita è il Salvatore, quello che lotta e vince e che poi aiuta gli altri portandoli alla vittoria. I grandi Maestri hanno la sua energia.

NEMICO
È tutto ciò che limita e distrugge.
È l’entropia, quella forza che non permette che nulla resti uguale e colpisce e distrugge ciò che è stato costruito.
Fa regredire le cose, le consuma, entra e mette fine.
Le esperienze sono cariche di sofferenza, con crisi, sterminio, sconfitta.
È l’ombra e il Male. È la morte stessa, ma è inevitabile.

MORTE/RINASCITA
È l’archetipo della trasformazione: una cosa che diventa un’altra.
È il tempo che torna su sé stesso e ricrea cicli di eterno ritorno.
È la fine affinché però possa iniziare qualcosa di altro.
Rappresenta momenti di grande transizione.
I suoi rituali sono il Sacrificio per celebrare una nuova vita: Re dell’Anno-Solstizio-Iniziazione. Il suo simbolo è l’Altare.

IL VIAGGIO
È il continuo e progressivo movimento della vita.
È il tempo lineare, inesorabile che non si può fermare. Può essere descritto sia come processo evolutivo che come invecchiamento.
All’interno del tempo lineare c’è sempre la morte/rinascita. La direzione è il Futuro, tranne nei momenti in cui c’è la spinta regressiva di arresto del Nemico.
Il simbolo è l’Albero della Vita, la strada che si inerpica, il salire sulla montagna, il fiume che scorre.
È la ricerca stessa della via.


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