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LA RIVALITÀ FEMMINILE

a cura di Lidia Fassio
 

Non sempre la mamma si comporta in modo amorevole e supportivo come ci si aspetterebbe; le favole ci ricordano che esiste anche una rivalità femminile che comporta una serie di difficoltà per la figlia, rivalità che tende a consumarsi soprattutto nel momento in cui la ragazza diventa adolescente e, di conseguenza, inizia ad approcciare l’archetipo di Venere che da’ inizio all’apertura di quelle porte di conoscenza di sé che passano attraverso la conquista e l’utilizzo della seduttività e della sessualità finalizzati al rapporto con l’altra metà del cielo.
Le favole sono molto interessanti e precise e, allorchè troviamo questo genere di sindrome, la madre viene presentata come “matrigna” riferendosi ovviamente a quel lato dell’archetipo femminile che è ambivalente e che può diventare distruttivo nei confronti di una femminilità nascente che, apparentemente, sembra mettere in discussione quella della genitrice.
In effetti, la rivalità nasce sempre perché si ha paura di ciò che si ha di fronte che, in qualche modo, sfida qualcosa di interno che non è completamente sviluppato.
Celebri i motivi delle favole di Cenerentola in cui la matrigna relega la figliastra ad un ruolo da cameriera, e quello di Biancaneve in cui la Regina si traveste da strega per avvelenare la ragazza che, ormai cresciuta, è più bella di lei. Senza dubbio, anche se in maniera semplice, la “bellezza” di cui si parla è sempre qualcosa di interiore piuttosto che di esteriore.

Ovviamente sappiamo che non tutte le donne hanno lo stesso tipo di istinto materno; l’astrologia ci fornisce 12 modelli di Lune che hanno caratteristiche molto dissimili tra loro a cui si aggiungono ulteriori “modelli” di intendere la maternità visibili nelle relazioni che ognuna di esse fa con gli altri archetipi che possono colorare e/o stravolgere le caratteristiche indicate dal segno.
Chiaramente una donna può essere particolarmente “naturale ed istintiva” ed essere molto ricettiva ai bisogni del suo bambino mentre, altre, possono apparire meno adatte allo scopo in quanto più distaccate e libere e, pertanto, meno empatiche pur restando nell’ambito di quel prototipo di madre “sufficientemente buona” di cui parla Winnicott.
Vi sono invece donne che non riescono a vivere la maternità come un dono e che, per motivi, legati alla loro storia e  alle loro relazioni infantili ed adulte, si sentono frustrate in questo ruolo scaricando sulla loro prole le insoddisfazioni che derivano da altri piani della loro vita.
Parliamo quindi di quelle madri che vengono considerate “cattive”; il mito ci parla di questa particolarità come di un lato appartenente comunque alla Grande Madre che, ovviamente, include sia un lato luce che un lato ombra.
Si tratta di madri che non amano i loro figli e che pertanto risultano essere  “matrigne” che mostrano un lato “terribile” che influisce tantissimo sull’educazione e sulla crescita dei figli.
La letteratura dell’ottocento ha prodotto molti romanzi in cui troviamo queste figure di donne che rifiutano il loro ruolo; in esse la maternità non genera automaticamente l’amore e la dedizione per il bambino finendo così per vedere in esso qualcosa che limita la libertà e la realizzazione in altri settori.

C’è quindi da chiedersi se questo mancato ruolo sia anch’esso naturale oppure se non ci troviamo piuttosto di fronte a donne che, non essendo soddisfatte e portandosi dietro ferite profonde, sono arrabbiate e depresse e non riescono più a controllare la situazione.
Nel caso delle donne che mostrano un’accentuata rivalità con le loro figlie spesso ci troviamo di fronte a donne non realizzate sul piano della relazione, donne che hanno profonde carenze di valore personale e che, pertanto, vedono nella figlia una sorta di nemica che può avere ciò che loro non hanno avuto e che, magari, conquista anche l’attenzione del padre, ovvero di quell’uomo con cui loro non riescono a relazionarsi in modo corretto e gratificante.

Senza dubbio vi sono anche segnature che, astrologicamente parlando, fanno pensare a problemi che possono poi materializzarsi in questo modo; in particolare l’aspetto di quadratura e di opposizione di Luna Venere in un tema femminile riflette spesso una modalità corrosiva di relazione con le figlie femmine.
Se però entriamo in modo profondo nei due archetipi troviamo che indicano cose diverse anche se, insieme, formano la completezza dell’universo femminile. Se però si trovano scissi nell’oroscopo dobbiamo allora pensare al dramma della madre “Luna” che si trova insidiata dalla donna “Venere” o viceversa.
Questi due archetipi, pur essendo in qualche modo affini, hanno però caratteristiche molto diverse e, quando si trovano in aspetto dinamico la donna ha la sensazione di non avere scelta e di dover necessariamente rinunciare ad esprimerne uno dei due ruoli.
Se si esprimerà la Luna si entrerà appieno nel ruolo della “madre”  ma questo archetipo condannerà la “donna”  in quanto, la negazione di Venere,  produrrà  un senso di disvalore interno che porterà a sicuri drammi sul piano affettivo e personale. La parte più erotica e seduttiva dell’archetipo venusiano non sarà libera di  esprimersi in quanto si è cementata fin dall’infanzia l’idea che le due parti di sé sono inconciliabili. Tuttavia, la vita senza Venere finisce per essere non vera e, soprattutto, mancherà di tutto il corollario di gratificazione sul piano individuale: una parte di sé non starà bene nella propria pelle e non si sentirà sicura di poter avere al suo fianco un compagno con cui avere un rapporto intenso e paritario, unico che possa permettere di illuminare le proprie parti ombra; la sensazione di essere “destinata” a non “piacere” è in genere fortissima e, anche in presenza di una avvenenza fisica spesso riconosciuta dall’esterno, non vi sarà alcuna fiducia nelle proprie capacità di  conquista e di costruzione di un rapporto valido. Quando Venere è lesa dalla Luna una donna si sente scissa all’interno in continua lotta tra il desiderio di piacere e la sensazione di non riuscire nell’intento e di accontentarsi di quel ruolo che, tuttavia, da solo non può rassicurare e permettere lo sviluppo.

Senza dubbio questa sensazione è strisciante nella psiche della donna in questione anche se, la materializzazione della dinamica avverrà solamente nel momento in cui diventerà madre per poi accentuarsi  ancora di più quando la figlia diventerà grande e mostrerà la sua personale “Venere”, archetipo che si risveglia completamente dai 14 anni in poi. Quello sarà il momento in cui la madre si troverà all’incirca nella fase di mezza età – oggi si va ancora abbastanza in là con l’età in quanto si fanno figli sempre più tardi – e sentirà la sua femminilità sfidata da quella che sta nascendo nella figlia e che si mostra con tutto il suo potenziale di sfrontatezza e di sfida.
Se poi la donna ha un rapporto difficile con il compagno e non si sentirà desiderata ed apprezzata da lui, sentirà ancora di più il problema nel momento in cui l’avvenenza e il fascino della figlia contageranno il padre. Se poi l’uomo (marito – padre) risponderà mostrando una naturale attrazione verso le qualità ben visibili nella figlia, la cosa può diventare molto difficile fino a farla infilare  in un tunnel di rivalità e di gelosia.

Del resto, anche il mito ci parla di Afrodite come di una divinità che non sopporta che vi siano donne più “avvenenti” di lei: il caso di Psiche è molto emblematico e riporta questo dramma.
In questo caso la ragazza avvertirà una lotta più o meno sotterranea da parte della madre la quale non premierà la sua crescita e contrasterà con ogni mezzo la sua Venere fino al punto da farla sentire “sbagliata” o “esagerata” nell’espressione della sua femminilità. In pratica, minerà la fiducia in sé stessa portandola a mettere in discussione il suo valore e la sua bellezza contaminando così le radici dell’autostima che cercano conferme all’esterno.

Se invece la donna rinuncerà alla Luna, allora non si sentirà mai a suo agio nei panni della “madre” e questo porterà automaticamente grandi difficoltà nel rapporto con la figlia. Senza dubbio il rapporto con una figlia femmina sotto questo profilo è più difficile di quello con il figlio maschio in quanto quest’ultimo non metterà in discussione la femminilità cosa che, invece, avviene sempre nel confronto con una persona dello stesso sesso.
In questo caso la madre può mostrarsi come l’unica vera donna di casa, colei che detiene la palma della seduttività e del piacere e cercherà in ogni modo di rubare la scena alla figlia, soprattutto in presenza del padre o di eventuali ragazzi della figlia.
Vi sono madri che, addirittura, giungono a flirtare con i fidanzatini delle figlie, mettendosi al centro dell’attenzione vestendosi con abili da adolescenti, tenendo comportamenti non adatti alla loro età e, soprattutto, intromettendosi in mille modi nella vita affettiva e sessuale della figlia.

Per contro, quando si è preda di questa dinamica significa che c’è un’eredità familiare da superare affrontando la paura di non poter essere entrambe le cose insieme come naturalmente è previsto passando indifferentemente da un archetipo all’altro senza limitarsi a viverne uno soltanto.
Se si vive solo la “madre”, nei rapporti intimi questo archetipo farà disastri perché si svolgerà un ruolo che non è adatto ad una relazione, candidandosi a frustrazioni e tradimenti; se si vivrà solamente “la donna”, mancherà quell’esperienza profondamente arricchente che il ruolo di madre può apportare a qualsiasi soggetto femminile.
Spaziare tra un archetipo e l’altro è possibile rispettando entrambe le parti di sé.




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