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LA TRAPPOLA DELLA CRESCITA INFINITA

a cura di Fabrizio Cecchetti
 

Come volevasi dimostrare, la forza destabilizzante della Croce planetaria tra Marte-Giove-Urano-Plutone, che si perfezionerà al massimo il 23-24 aprile del 2014, ha già cominciato da qualche mese a dare segni inquietanti di sé.
Tra gli ultimi giorni di febbraio e i primi giorni di marzo, infatti, sono risuonati all’improvviso preoccupanti tamburi di guerra dall’Europa dell’Est, dall’Ucraina per l’esattezza, che stanno tuttora raggelando il mondo intero. Da una parte c’è il popolo della piazza più importante di Kiev che insorge e scaccia il presidente “fantoccio” Janukovic, dall’altra invece il “burattinaio” Putin, presidente di una Russia in precario equilibrio tra democrazia capitalistica e vecchio autoritarismo zarista, che reagisce con minacciosa decisione politica e militare per ribadire l’influenza russa sull’ex repubblica sovietica (favorendo, ad esempio, il 16 marzo scorso la secessione della Crimea dall’Ucraina, repubblica autonoma che si è proclamata unilateralmente parte integrante della Federazione russa tramite un referendum democratico).

Da una parte della barricata, cioè, abbiamo il piccolo “Davide” che rivendica il proprio sacro diritto alla libertà, il proprio legittimo desiderio di unirsi alla libera e democratica Unione Europea, dall’altra il possente e prepotente “Golia” che vuole impedirglielo.
Tutto sembra così semplice e chiaro, da una parte il “buono”, e dall’altra il “cattivo” di turno. Ma si tratta di una trama davvero credibile, oppure di un racconto confezionato ad arte per indurci a credere alla favola di Cappuccetto Rosso alle prese con il Lupo Cattivo? Sarò forse uno dei tanti adepti della cosiddetta “dietrologia complottista”, però, come diceva Andreotti, dall’alto del suo ironico cinismo capricornico, “A pensar male, di solito ci si azzecca”.

Temo, insomma, che la gente comune in Italia, come nel resto dell’Occidente, sia stata sostanzialmente “condizionata” dai mass media a leggere i fatti che si stanno svolgendo in Ucraina secondo uno schema stereotipato e assolutamente fazioso, cioè anti-russo.
Con questo non voglio insinuare che l’attuale leadership di Mosca sia un modello di mitezza e bontà, o di giustizia e libertà, tutt’altro. Semmai desidero solo mettere in luce quanto sia facile, da parte dei maghi della comunicazione di massa, orientare i nostri giudizi di persone ordinarie soprattutto riguardo a situazioni politiche e sociali lontane da noi, di cui non abbiamo diretta esperienza.
Molta gente dalle nostre parti, ad esempio, non sa o non ha ben presente che circa la metà degli ucraini è fondamentalmente russa e/o russofona e ha molti legami con la madre patria di origine. Sicché pensare ai fatti di piazza Maidan come il prodromo di una rivolta compatta di tutto il popolo ucraino contro un governo filo-russo autoritario, è un errore grossolano. Lo stesso e tanto vituperato presidente Janukovic, anziché essere imposto dall’esterno come parecchi immaginano, è stato legittimamente eletto dalla maggioranza degli ucraini. Un fatto questo che trasforma la sua cacciata in un vero e proprio colpo di Stato anti-democratico, poiché è stato realizzato da una minoranza, seppur cospicua, del paese. Una minoranza, oltretutto, aizzata da attivisti in odore di simpatie naziste, probabilmente armati e foraggiati dall’esterno.

Ci si potrebbe domandare a questo punto perché il cosiddetto mainstream ci voglia convincere che la ragione anche in questo caso stia tutta dalla parte dell’Occidente? Ossia dalla parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti che stigmatizzano all’unisono la reazione della Russia, intenzionata ovviamente a difendere sia i propri fratelli di origine russa che i propri interessi locali? Come mai crediamo così facilmente a narrazioni simili?

Con l’aiuto degli strumenti interpretativi dell’astrologia mondiale e delle analisi degli osservatori politici più liberi e smaliziati possiamo intuire che la delicata vicenda ucraina sia, in realtà, il prodotto di un rinnovato e sotterraneo “braccio di ferro”  tra l’Est e l’Ovest.
Più che sviscerare le particolari dinamiche celesti che stanno riconducendo il mondo a una sorta di nuova “guerra fredda”, a me interessa però mettere qui in evidenza una delle molle inconsce che spinge gli uomini a confliggere fra di loro e, in modo apparentemente più indiretto, con Madre Natura.
Una molla in apparenza così innocua e rassicurante, se non addirittura piacevole ed entusiasmante, che quando pronunciamo il suo nome assai difficilmente le associamo azioni poco gentili, come quelle di competizione, conquista e sopraffazione. A cosa mi voglio riferire? Alla crescita, naturalmente, o meglio al desiderio quasi maniacale di perseguirla soprattutto in senso economico e finanziario.

Non occorre essere dei luminari di psicologia o di psicanalisi per capire che davanti al concetto più generale di crescita tendiamo tutti ad evocare nella nostra mente immagini e sensazioni di forza vitale, di benessere, di slancio gioioso verso il mondo, o quantomeno di serenità e speranza. E' un po’ come se l'esperienza euforizzante del vorticoso sviluppo fisico e psicologico avuto durante l’infanzia e l'adolescenza si fosse fissata dentro di noi, lasciandoci ancora bramosi di riviverla attraverso operazioni di altro tipo, nonostante l’età adulta.

In realtà, a rimanere fin dai suoi primordi estasiata di fronte ai vari fenomeni di spontaneo accrescimento e moltiplicazione è stata l’umanità nel suo profondo. Dopotutto, la cosa è facilmente comprensibile perché la sopravvivenza stessa della nostra specie (ma anche di tutte le altre) è stata sempre legata allo sviluppo e all’abbondanza di cibo, ossia all’aumento delle dimensioni e alla proliferazione annuale di esseri viventi strettamente dipendenti dalla variazione della luminosità del sole, come lo sono le piante.

Pensiamo un attimo al senso di meraviglia, alla fiducia nell’avvenire che doveva aver ispirato la crescita del grano o del riso seminati nei campi dai primi agricoltori della preistoria, ma anche dai loro successori, quando subentrava la bella stagione.
Grazie a questa ciclica “magia” della Natura, seppure in parte agevolata dal proprio lavoro, il contadino poteva sfamare sé stesso e la sua famiglia, ma anche la sua tribù, persino nei periodi meno favorevoli. E millenni più tardi, grazie ad essa, riuscì a saziare il suo villaggio, la sua città, il regno e l’impero a cui apparteneva ma che lo avevano relegato, ormai, in un ruolo sempre più umile e servile.
La ricchezza e la grandezza geografica (ma anche culturale) di una civiltà del passato non poteva che essere in stretta relazione alla quantità di cibo che la medesima civiltà poteva produrre sul suo territorio. Oltre a soddisfare il suo popolo, infatti, questa poteva sfruttare il surplus del raccolto per cederlo ad altre comunità, ottenendo in cambio altre merci o servigi.

Dal semplice baratto di merci alimentari, rammentiamoci, è nato l’uso delle monete e quindi del denaro, uno strumento per facilitare gli scambi che si può considerare come una sorta di “cibo” simbolico a nostra disposizione che rimane fisicamente inalterabile e accumulabile.
Tale stupefacente e ammirevole crescita delle antiche civiltà (da quella sumera a quella egiziana, da quella greco-romana a quella cinese, ecc.) aveva, però, un lato oscuro. Quando, per una ragione o per l’altra, la rigogliosità dei campi e la sovrabbondanza di cibo cominciava a scarseggiare una città-stato, un regno, o addirittura un impero aveva soltanto due possibilità: accettare il suo declino e il suo rimpicciolimento (o la sua sparizione), oppure espandere i propri domini conquistando altri territori fertili, magari con le armi e l’inganno.
Pur di conservare la propria ricchezza, i propri agi e il proprio benessere, la maggior parte delle comunità umane di grande successo hanno messo, in sostanza, da parte ogni naturale inclinazione alla pace e si sono dati alla guerra, o alla colonizzazione aggressiva di territori appartenenti ad altri popoli.

Ora, c’è un simbolo astrologico ben preciso a cui si può ricondurre non solo la spinta a volte ossessiva per la crescita, ma anche la passione per il cibo, per il denaro, per la prosperità economica, per la terra da coltivare, per l’espansione nel circostante e nel lontano geografico: il pianeta Giove, il corpo celeste (non a caso) più grande del sistema solare.
E’ a questo simbolo planetario che associamo, infatti, il bisogno vitale di mangiare e di bere, di soddisfare i nostri appetiti alimentari, sessuali e materiali, di cercare sicurezza e tranquillità nell’aumento delle proprie dimensioni corporee e/o territoriali.
Certo, non è di solo pane che vive l'uomo e a Giove si può connettere, senza alcuna forzatura, anche desideri più astratti e spirituali, come per esempio allargare i confini della conoscenza in senso filosofico e scientifico, o espandere persino la nostra visione delle cose nella dimensione ultraterrena, nel regno impalpabile della fede.
Ma anche in questo caso, dietro alla ricerca gioviana del trascendente (ispirata dalla sua alleanza con Nettuno nei segni del Sagittario e dei Pesci) c’è sempre la necessità di trovare conforto e rassicurazione in qualcosa di più grande di noi.

Solo negli ultimi due secoli e mezzo, in concomitanza con la nascita della civiltà industriale e capitalistica, il desiderio di crescita dell’uomo ha assunto un orientamento così materialista ed economicistico da eclissare gradualmente ogni considerazione di carattere spirituale e religioso. Alla fede in Dio o in qualche altra entità o concezione trascendente, si è sostituita piano piano la fiducia incrollabile nel progresso e nel miglioramento delle condizioni di vita in questa esistenza e non in un’altra (percepita come illusoria), tramite lo sviluppo della tecnica (Urano) e della scienza (Saturno).

Come avevo accennato nel mio precedente articolo apparso su questo sito, dal titolo “Ripresa o non ripresa”, la transizione all’era industriale e capitalistica che ci ha quasi costretto a venerare il denaro (Giove), il profitto (Plutone) e gli strumenti necessari per moltiplicarli, cioè le macchine (Urano), risale alla fine del Settecento.
Tra il 1770 e il 1780 l’inesorabile “orologio” zodiacale, infatti, mostrava uno straordinario e rarissimo posizionamento delle tre “lancette” più lente (a parte X-Proserpina ed Y-Eolo teorizzati da Lisa Morpurgo): Urano in Toro, Nettuno in Vergine e Plutone in Capricorno, tutti perfettamente in trigono tra loro!
E se è proprio a questa prodigiosa configurazione, avvenuta fra i tre segni più concreti, laboriosi e materialisti dello Zodiaco, che si può connettere la rivoluzione produttiva e socio-economica iniziata in Gran Bretagna, bisogna anche ricordare che due di loro sono influenzati manifestamente o sotterraneamente da Giove.
Il Toro, dove stava transitando Urano, ospita la sua esaltazione palese e ben conosciuta, mentre il Capricorno stimolato all’epoca da Plutone, è sede della sua esaltazione in trasparenza che è ancora oscura ai più (su questo concetto della “trasparenza” ritornerò, spero,  in uno dei miei prossimi articoli).

Il Giove esaltato manifestamente nel Toro, tanto per intenderci, è quello del contadino che gode intimamente della crescita del grano e delle patate coltivati nei suoi campi, quello del fornaio che gongola vedendo il suo pane lievitare, ma è pure quello dell’imprenditore che gioisce quando incrementa il suo conto in banca e allarga la sua azienda, dando lavoro a molta gente della sua terra. Il Giove esaltato segretamente nel Capricorno, invece, è quello ben più angosciato del montanaro che deve centellinare le sue scorte di cibo e di foraggio, quello dell’avaro che accumula soldi in qualche cassaforte super sorvegliata o del potente di turno che dilata spietatamente la propria influenza sul mondo, utilizzando anche le parole e le immagini (sempre Giove) come fossero armi.

La spinta verso una società sempre più ossessionata dalla crescita materiale fu, del resto, confermata successivamente da altre fasi fondamentali, tutte contraddistinte da poderose congiunzioni in segni di Terra. Nel decennio 1820-’30, durante l’incontro secolare di Urano-Nettuno in Capricorno, la rivoluzione capitalistico-industriale sbarcò sul resto del continente europeo, favorendo la nascita della società liberale, per quanto ancora troppo autoritaria ed elitaria; nel decennio 1850-’60, nel corso altrettanto secolare della tripla congiunzione Saturno-Urano-Plutone ad inizio Toro, l’imprenditoria industriale privata conobbe il suo trionfo intrecciando i propri interessi con il nazionalismo nascente nel cuore stesso dell’Europa e nel Nordamerica; nel decennio 1880-’90, simultaneamente all’eccezionale formazione dello stellium Giove-Saturno-Nettuno-Plutone in Toro (lungamente sostenuto dal trigono di Urano in Vergine), la rivoluzione industriale e capitalistica, sempre più strettamente interconnessa con i tornaconti dello Stato-nazione, compì una doppia trasformazione: da un lato, introducendo nel proprio circuito produttivo l’elettricità, la chimica e il petrolio; dall’altro, concedendo alla classe operaia alcuni diritti fondamentali di protezione sociale e di auto-rappresentanza. Ma il fenomeno più oscuro e spesso dimenticato di questo periodo, connesso ai forti valori gioviano-taurini, è un altro: il poderoso slancio di conquista coloniale attuato dalle vecchie e nuove potenze europee nei confronti dei paesi africani e asiatici, Cina compresa.

Analoga corsa imperialistica venne operata, negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, persino dagli Stati Uniti nei confronti dei paesi caraibici e centro-americani; e fu concomitante questa volta con una tripla congiunzione Giove-Saturno-Urano in Sagittario, segno gioviano per eccellenza.
Se non è abbastanza convincente il collegamento tra Giove e l’oralità espansionistica umana, intesa in senso geo-politico, andiamo a controllare cosa è successo durante la seguente tripla congiunzione Giove-Saturno-Urano verificatasi in Toro nel 1940-’41 (sontuosamente in trigono a Nettuno in Vergine): lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale provocato dalla folle urgenza di “spazio vitale” della Germania nazista…stupefacente coerenza storico-astrale, non è vero?

Ebbene, passiamo all’ultima grande riunione celeste in ordine di tempo: la tripla congiunzione Saturno-Urano-Nettuno in Capricorno del 1989-’90. Essa coincise, com’è noto, soprattutto con la dissoluzione del regime comunista nei paesi dell’Est europeo e in Russia, ovvero con il trionfo del sistema occidentale incentrato sul capitalismo e la democrazia liberale. Lo stesso con cui aveva ingaggiato una lunga e logorante sfida: espandere la propria influenza politico-militare sul resto del mondo ed accrescere la propria potenza economica più dell’avversario! Anziché combattere una guerra (Marte) che poteva diventare fatale per entrambe, a causa delle catastrofiche armi nucleari a loro disposizione, l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti gareggiarono sostanzialmente per raggiungere una “grandezza” politica ed economica tale (Giove) da far collassare nello sforzo la rivale. Il duello fu vinto, appunto, dagli USA per una complicata serie di ragioni, ma se volessimo semplificare al massimo potremmo riassumere in questo modo: incarnavano meglio dell’URSS i valori simbolici espressi dalla triplice congiunzione in Capricorno, ossia rappresentarono la libertà (Nettuno), la capacità realizzativa (Urano) e la spietata programmazione del successo (Saturno) delle persone e delle classi sociali più ambiziose e competitive economicamente (Marte esaltato in Capricorno). Gli USA, in altre parole, erano semplicemente i più adatti in quel momento storico ad accumulare ricchezza e ad attirare il consenso delle masse (Giove esaltato in trasparenza nel segno). Tutto quello che è avvenuto dopo, in termini politici ed economici a livello mondiale, è la logica conseguenza di un’estensione programmatica del sistema neo-liberista americano: la globalizzazione dei mercati e la necessità spasmodica di far crescere il PIL mondiale, pena il collasso generale dell’economia. Se vivessimo su un pianeta dotato di risorse naturali ancora intatte e sfruttabili, come immagina candidamente l’animo sagittariano di molti americani, il pericolo della decrescita non si porrebbe nemmeno.

Il problema è che la nostra vecchia, cara Terra non è più quella di una volta e ormai dà chiari segni di esaurimento e cedimento. Crescere, infatti, significa consumare enormi quantità di risorse, in molti casi non rinnovabili. Qualcuno, nelle stanze segrete del Pentagono, lo sa benissimo e sta già da tempo architettando (Plutone) il modo con cui poter controllare (Capricorno) il flusso delle risorse più preziose del pianeta ancora disponibili: i combustibili fossili (Plutone). Anche a costo di giocare sporco (Plutone) e rischiare di compromettere la pace nel mondo, ovviamente.




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