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THE HAUNTING - GLI INCUBI DI MIKE FLANAGAN SU NETFLIX

a cura di Elena Cartotto
 

In quest’anno di pandemia tra lockdown e recenti chiusure mirate che ancora non si sa se porteranno a maggiori restrizioni, tra i grandi settori penalizzati c’è sicuramente l’industria del cinema. La fabbrica dei sogni lavora a singhiozzo, ma le persone, impossibilitate perfino a viaggiare, se non seguendo rigidi protocolli, non hanno alcuna intenzione di smettere di sognare e di appassionarsi a nuove storie; le narrazioni aiutano da sempre l’essere umano a decifrare se stesso, le proprie relazioni affettive e familiari, il mondo inconscio, ma anche quello invisibile che lo circonda e in cui sembrano muoversi forze intangibili, straordinarie e talvolta spaventose.

Netflix la famosa piattaforma per la fruizione di contenuti multimediali si sta un po’ sostituendo al cinema in questo periodo di chiusure casalinghe forzate, e tra le tante proposte di film e serie tv, ce n’è una che sta ottenendo un notevole successo tra gli amanti del genere sovrannaturale/horror, trattasi di “The Haunting”, serie televisiva creata e diretta da Mike Flanagan. La prima stagione intitolata “The Haunting of Hill House” è uscita nel 2018 ed è ispirata all’omonimo romanzo di Shirley Jackson. Composta da dieci episodi che raccontano la stessa storia, ma vista da personaggi diversi, perché la verità, alla fine, non può che ricomprendere in sè tutti i punti di vista di chi ne ha fatto esperienza, riporta i fantasmi al centro della scena grazie agli incubi della famiglia Crain tormentata da Hill House, classica casa infestata. Capire il sottile intreccio tra ricordi, allucinazioni, visioni e realtà dei protagonisti è compito dello spettatore sbalzato dalla bravura del regista da un livello all’altro quasi fosse in un videogioco: pilotato da un sogno ad un flashback, da una paura vera ad un’ossessione mentale, rimarrà col fiato sospeso fino alla fine.

Flanagan, da buon Toro, è capace di realizzare inquadrature mozzafiato, piani sequenza studiati al millimetro, giochi di immagine carichi di suspense. Lo spettatore non può che divorare il prodotto sull’onda di una curiosità morbosa che può anche togliere il sonno la notte: un po’ per la paura, un po’ per la voglia di mettere finalmente insieme i pezzi e dare un senso a tutta la vicenda.

E forse nessuno meglio di un Toro può, per il gioco dialettico dell’opposizione, fotografare e ricomporre con magistrale senso della scena l’oscurità scorpionica, notoriamente matrice del genere horror e di qualunque film osi avventurarsi nella notte del mondo, tra crimini, trasgressioni e spettri.

Scorpione vuole dire casa 8^, anche negli inevitabili rimandi alle sue sorelle d’Acqua, casa 4^ e casa 12^. Non deve quindi stupire che l’apparentemente tranquilla casa 4^ che molta tradizione astrologica si affanna a relegare al mondo familiare e domestico, possa invece rivelare, proprio grazie alla sponda con l’8^, un’inquietante valenza sovversiva. La casa 4^, anche per opposizione alla vetta della 10^, potrebbe forse metterci di fronte ad un abisso senza fondo che poi è quello lunare dell’inconscio e di tutti i suoi mostri?

Nei contesti horror sia letterari che cinematografici, la casa 4 è spesso al centro delle vicende che si raccontano. Case a più piani, con soffitte, cantine, seminterrati, sgabuzzini dimenticati, mobili antichi che si portano addosso l’odore dei morti. Case con finestre che si aprono o si chiudono, case nei cui letti si sogna, ma cosa? La propria vita o i ricordi di un’altra vita ancora? Case in cui si assiste al nascere e al morire di complicati rapporti familiari, perché la famiglia come la casa è un’altra valenza del 4° settore astrologico, ed entrambe sono protagoniste in Hill House di Flanagan.

Inevitabile che la spinta 4^/8^ quando è fuori controllo porti oltre i confini della 12^ casa dove si cammina sull’orlo della pazzia e la vita reale pare un sogno o viceversa, ei vivi sono morti o viceversa. È tutto un gioco di specchi tra le tre case d’Acqua: acqua che nella seconda stagione di The Haunting, appena uscita in questo ottobre 2020, è protagonista insieme alla casa, alla famiglia e ai morti veri e presunti. Tratta dal famoso romanzo di Henry James, “Giro di vite”, “The Haunting of BlyManor” costituita da nove episodi ha un unico, vero narratore: il lago vicino al maniero che raccoglie grida, lacrime, corpi, nebbie, silenzi, maledizioni e li restituisce giorno dopo giorno agli abitanti del luogo.

Più delicata di Hill House, ha tratti perfino romantici e commoventi, per quanto spettrali. In Inghilterra un’istitutrice in fuga da una visione raccapricciante che da mesi le appare in tutti gli specchi in cui si guarda, tanto che è costretta a coprirli, accetta di lavorare a BlyManor per occuparsi di due bambini, Miles e Flora Wingrave, fratelli e orfani di entrambi i genitori, mantenuti da uno zio perennemente assente che lavora a Londra. Flora ha una bellissima casa di bambole piena di piccoli pupazzi che fungono da talismani e che si spostano nella piccola casa, esattamente come fanno le presenze spettrali nella dimora reale. Miles è stato appena espulso da scuola e ogni tanto parla e si comporta come se fosse molto più grande della sua età. La governante Mrs. Grose non mangia mai insieme agli altri, l’istitutrice precedente si è uccisa, e il factotum è misteriosamente scomparso portandosi via del denaro di famiglia.

A BlyManor niente è come sembra ed episodio dopo episodio ci si accorge del costante intersecarsi di piani diversi: luoghi, tempi, paure, ricordi, sogni. Ecco il sogno è, forse, l’unico vero strumento rivelatore, capace, come insegna la psicoanalisi, di rivelare i desideri e i timori più nascosti al sognatore stesso, ma anche, in questo caso, i morti ai vivi o forse, chissà, il contrario.




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