ASTROLOGIA IN LINEA
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IL BRUTTO ANATROCCOLO

a cura di Lidia Fassio
 

La favola

L'estate era iniziata; i campi agitavano le loro spighe dorate, mentre il fieno tagliato profumava la campagna. In un luogo appartato, nascosta da fitti cespugli vicini ad un laghetto, mamma anatra aveva iniziato la nuova cova. Siccome riceveva pochissime visite, il tempo le passava molto lentamente ed era impaziente di vedere uscire dal guscio la propria prole… finalmente, uno dopo l'altro, i gusci scricchiolarono e lasciarono uscire alcuni adorabili anatroccoli gialli.
Pip! Pip! Pip! Esclamarono i nuovi nati, il mondo è grande ed è bello vivere!

Il mondo non finisce qui, li ammonì mamma anatra, si estende ben oltre il laghetto, fino al villaggio vicino, ma io non ci sono mai andata. Ci siete tutti? Domandò.

Mentre si avvicinava, notò che l'uovo più grande non si era ancora schiuso e se ne meravigliò.

Si mise allora a covarlo nuovamente con aria contrariata.

Buongiorno! Come va? - Le domandò una vecchia anatra un po' curiosa che era venuta in quel momento a farle visita.

Il guscio di questo grosso uovo non vuole aprirsi, guarda invece gli altri piccoli, non trovi che siano meravigliosi?

Mostrami un po' quest'uovo. - Disse la vecchia anatra per tutta risposta. - Ah! Caspita! Si direbbe un uovo di tacchina! Ho avuto anche io, tempo fa, Questa sorpresa: Quello che avevo scambiato per un anatroccolo era in realtà un tacchino e per questo non voleva mai entrare in acqua. Quest'uovo è certamente un uovo di tacchino. Abbandonalo ed insegna piuttosto a nuotare agli altri anatroccoli!

Oh! Un giorno di più che vuoi che mi importi! Posso ancora covare per un po'. - Rispose l'anatra ben decisa.

Tu sei la più testarda che io conosca! - Borbottò allora la vecchia anatra allontanandosi.
Finalmente il grosso uovo si aprì e lascio uscire un grande anatroccolo brutto e tutto grigio

Sarà un tacchino! - Si preoccupò l'anatra. - Bah! Lo saprò domani!
Il giorno seguente, infatti, l'anatra portò la sua piccola famiglia ad un vicino ruscello e saltò nell'acqua: gli anatroccoli la seguirono tutti, compreso quello brutto e grigio

Mi sento già più sollevata, - sospirò l'anatra, - almeno non è un tacchino! Ora, venite piccini, vi presenterò ai vostri cugini.

La piccola comitiva camminò faticosamente fino al laghetto e gli anatroccoli salutarono le altre anatre.
Oh! Guardate, i nuovi venuti! Come se non fossimo già numerosi!… e questo anatroccolo grigio non lo vogliamo! - Disse una grossa anatra, morsicando il poverino sul collo.

Non fategli male! - Gridò la mamma anatra furiosa

E' così grande e brutto che viene voglia di maltrattarlo! - Aggiunse la grossa anitra con tono beffardo.

E' un vero peccato che sia così sgraziato, gli altri sono tutti adorabili, - rincarò la vecchia anitra che era andata a vedere la covata. Non sarà bello adesso, può darsi però che, crescendo , cambi; e poi ha un buon carattere e nuota meglio dei suoi fratelli, - assicurò mamma anatra, - la bellezza, per un maschio, non ha importanza, - concluse, e lo accarezzò con il becco - andate, piccoli miei, divertitevi e nuotate bene!

Tuttavia, l'anatroccolo, da quel giorno fu schernito da tutti gli animali del cortile: le galline e le anatre lo urtavano, mentre il tacchino, gonfiando le sue piume, lo impauriva. Nei giorni che seguirono, le cose si aggravarono: il fattore lo prese a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per deriderlo e maltrattarlo.

Il piccolo anatroccolo era molto infelice. Un giorno, stanco della situazione, scappò da sotto la siepe. Gli uccelli, vedendolo, si rifugiarono nei cespugli. "sono così brutto che faccio paura!" pensò l'anatroccolo. Continuò il suo cammino e si rifugiò, esausto, in una palude abitata da anatre selvatiche che accettarono di lasciargli un posticino fra le canne. Verso sera, arrivarono due oche selvatiche che maltrattarono il povero anatroccolo già così sfortunato. Improvvisamente, risuonarono alcuni spari… le due oche caddero morte nell'acqua! I cacciatori, posti intorno alla palude, continuarono a sparare. Poi i lori cani solcarono i giunchi e le canne. Al calar della notte, il rumore cessò. Il brutto anatroccolo ne approfittò per scappare il più velocemente possibile. Attraversò campi e prati, mentre infuriava una violenta tempesta. Dopo qualche ora di marcia, arrivò ad una catapecchia la cui porta era socchiusa. L'anatroccolo si infilò dentro: era la dimora di una vecchia donna che viveva con un gatto ed una gallina. Alla vista dell'anatroccolo, il micio cominciò a miagolare e la gallina cominciò a chiocciare, tanto che la vecchietta, che aveva la vista scarsa, esclamò:

Oh, una magnifica anatra! Che bellezza, avrò anche le uova… purché non sia un'anatra maschio! Beh, lo vedremo, aspettiamo un po'!

La vecchia attese tre lunghe settimane… ma le uova non arrivarono e cominciò a domandarsi se fosse davvero un'anatra! Un giorno, il micio e la gallina, che dettavano legge nella stamberga, interrogarono l'anatroccolo:

Sai deporre le uova? - domandò la gallina;

No… - rispose l'anatroccolo un po' stupito.

Sai fare la ruota? - domandò il gatto;

No, non ho mai imparato a farla! - rispose l'anatroccolo sempre più meravigliato.

Allora vai a sederti in un angolo e non muoverti più! - gli intimarono i due animali con cattiveria.

Improvvisamente, un raggio di sole e un alito di brezza entrarono dalla porta. L'anatroccolo ebbe subito una grande voglia di nuotare e scappò lontano da quegli animali stupiti e cattivi. L'autunno era alle porte, le foglie diventarono rosse poi caddero. Una sera, l'anatroccolo vide alcuni bellissimi uccelli bianco dal lungo collo che volavano verso i paesi caldi. Li guardò a lungo girando come una trottola nell'acqua del ruscello per vederli meglio: erano cigni! Come li invidiava! L'inverno arrivò freddo e pungente; l'anatroccolo faceva ogni giorno un po' di esercizi nel ruscello per riscaldarsi. Una sera dovette agitare molto forte le sue piccole zampe perché l'acqua intorno a lui non gelasse: ma il ghiaccio lo accerchiava di minuto in minuto… finché, esausto e ghiacciato, svenne. Il giorno seguente, un contadino lo trovò quasi senza vita; ruppe il ghiaccio che lo circondava e lo portò ai suoi ragazzi che lo circondarono per giocare con lui. Ahimè, il poveretto ebbe una gran paura e si gettò prima dentro un bidone di latte e poi una cassa della farina. Finalmente riuscì ad uscire e prese il volo inseguito dalla moglie del contadino. Ancora una volta il brutto anatroccolo scappò ben lontano per rifugiarsi, esausto, in un buco nella neve.

L'inverno fu lungo e le sue sofferenze molto grandi… ma un giorno le allodole cominciarono a cantare e il sole riscaldò la terra: la primavera era finalmente arrivata! L'anatroccolo si accorse che le sue ali battevano con molto più vigore e che erano anche molto robuste per trasportarlo sempre più lontano. Partì dunque per cercare nuovi luoghi e si posò in un prato fiorito. Un salice maestoso bagnava i suoi rami nell'acqua di uno stagno dove tre cigni facevano evoluzioni graziose. Conosceva bene quei meravigliosi uccelli! L'anatroccolo si lanciò disperato verso di loro gridando: Ammazzatemi, non sono degno di voi! Improvvisamente si accorse del suo riflesso sull'acqua: che sorpresa! Che felicità! Non osava crederci: non era più un anatroccolo grigio… era diventato un cigno: come loro!! I tre cigni si avvicinarono e lo accarezzarono con il becco dandogli così il benvenuto, mentre alcuni ragazzi attorno allo stagno declamavano a gran voce la sua bellezza e la sua eleganza. Mise la testa sotto le ali, quasi vergognoso di tanti complimenti e tana fortuna: lui che era stato per tanto tempo un brutto anatroccolo era finalmente felice e ammirato.

Interpretazione della favola

La favola del brutto anatroccolo mette in luce alcune puntualizzazioni sulla personalità e sul difficile e precario percorso di identità, quando non ci sono immagini positive che giungono dalle figure parentali. E’ una delle favole che puntano direttamente il dito sulle falsazioni che spesso i bambini provano nel raggiungimento di una sana percezione di sé, giacchè vivono una condizione psicologica di identificazione negativa perché tale viene loro riflessa dall’ambiente. Spesso in questo tipo di situazione entrano i bambini che per qualche motivo vivono o sono portatori di una sorta di "diversità" che, nell’ambiente in cui si è inseriti viene vissuta come negativa. Con questo intendo per esempio una forte sensibilità in un ambito invece molto pratico e materialistico; un bambino timido in un gruppo fortemente aggressivo; queste peculiarità vengono quindi vissute come "diverse, estranee" e vengono rimandate al bambino sotto forma di negatività.

Astrologicamente parlando il brutto anatroccolo potrebbe essere un bambino che ha valori di casa 12a e che si sente estraneo all’ambiente circostante in cui vengono riconosciute come positive caratteristiche che lui non ha, mentre le sue, vengono considerate inutili o addirittura sbagliate. Questo tratto dà vita alla "sindrome da brutto anatroccolo" in cui ci si sente estranei, scartati, emarginati e non ci si riesce ad inserire nella mentalità e nei valori che tutti gli altri familiari ritengono "validi". Queste difficoltà, oltre a creare grande paura, pongono le basi per un cattivo sviluppo della percezione di sé e minano alla base la formazione dell’autostima in quanto non avendo valore per gli altri, si finisce per credere di non avere valore in senso assoluto in quanto nessuno sguardo ha assicurato l’importanza della vita.

Vi sono anche tratti riscontrabili in un Sole e o Venere in aspetto a Saturno che creano queste condizioni anche se, in questi casi, la dinamica è più legata al senso di "rifiuto" che si traduce successivamente in una incapacità di piacersi e di amarsi e, di conseguenza, di piacere e di essere amati.

Questi bambini non si sono sentiti accolti e si sono sentiti "sbagliati, quindi brutti e indesiderati".

Questo tratto è molto visibile nella fiaba nel passaggio in cui si apre quel grosso uovo ed esce fuori un anatroccolo sgraziato, grigio, diverso da tutti gli altri e quindi schernito ed emarginato.

Il piccolo, sentendosi rifiutato inizia a "vedersi brutto" e, proprio questo senso di estraneità lo umilia e lo porta ad allontanarsi, a scappare, a cercare altrove un po’ di calore e di accettazione.

La diversità qui viene vista come sinonimo di "bruttezza" e questo gli porta soprusi ed umiliazione da parte degli altri anatroccoli.

Il tema dell’abbandono, della fuga o ancor meglio dell’erranza è fondamentale da un punto di vista psicologico proprio perché conduce il piccolo eroe a cercare al di fuori del proprio ambiente una ragione per essere e per vivere.

E’ qui che lui cambia il suo destino: perché accetta la sfida non resta dove è e non resta dentro a quel cliché che lo devasta, ha il coraggio di esplorare nuove possibilità.

Il nostro anatroccolo infatti, dopo lunghe peripezie arriva sulle rive di un lago abitato da cigni, bellissimi e maestosi. Il piccolo è fortemente attratto da loro, come se vi fosse un richiamo ancestrale e, nonostante la paura accetta la sfida e inizia il suo tentativo di avvicinamento all’acqua, quasi certo di essere per l’ennesima volta rifiutato da tutti. E’ con questa speranza, ma al tempo stesso con un motto di sfida che plana sulla superficie del lago e, con estrema sorpresa, la sua paura e la sua rabbia lasciano immediatamente il posto ad un senso di stupore e di meraviglia quando, riflessa nelle acque, vede la sua immagine che gli rivela di essere un cigno, bellissimo e meraviglioso.

In quel momento, lui si riconosce, si vede per quello che è e si accorge che è accaduto il miracolo: simbolicamente, la trasformazione da anatroccolo a cigno indica un passaggio che avviene, non solo all’esterno, ma anche e soprattutto al suo interno, dentro alla sua psiche e nella sua identità.

Infatti, da un punto di vista psicologico, proprio il rifiuto subito aveva generato quella terribile frattura nella sua identità che lo costringeva a percepirsi come un "mostro", come un essere senza alcuna possibilità e, soprattutto, un essere che non avrebbe mai avuto amore e accoglimento. In realtà, il tutto nasceva anche dal suo personale rifiuto che, da adulto, lo portava a non sentirsi degno di vivere e di essere amato.

Nel momento in cui lui si vede (ovvio riferimento al momento in cui è lui a riconoscersi e a riconoscere e vedere le sue qualità), avviene anche il miracolo esterno – e non viceversa - infatti, nel caso, alla sua accettazione corrisponde l’accettazione da parte degli altri uccelli che si accalcano attorno a lui a fargli festa.

La morale

Il significato di questa favola è molto interessante : ci ricorda infatti che il cammino di accettazione è esclusivamente un fatto personale. Continuare a non riconoscersi in virtù di un "non avvenuto riconoscimento" da parte dei nostri genitori, significa, nel tempo, continuare a "trattarsi male" e, quindi, in un certo senso dare ragione a chi vedeva in noi solo "bruttezza e incapacità".

Il nostro anatroccolo trova sé stesso – e si trasforma in cigno – nel momento in cui accetta la sfida con sé stesso ed è da quella che nasce la possibilità di vedersi e di incontrare gli altri; in quel momento trova il coraggio di vedersi, di riconoscersi; in pratica trova le sue risorse interne e, con esse, il suo valore personale. Accettare la sfida è un passaggio importante che consente di non continuare a vivere passivamente le difficoltà e a non portarsi dietro il proprio passato come una valigia pesante ed inutile; consiste anche nel non accettare più l’immagine negativa che gli altri hanno rimandato ma andare a trovare la propria immagine, lavorando dunque sulle caratteristiche e su quei tratti personali che caratterizzano l’identità unica e speciale di ognuno.

La trasformazione infatti, in questa favola, sta nel potersi finalmente percepire nella propria verità e nel non accontentarsi della riflessione degli altri che, spesso, non è valida ed è una brutta fotocopia della nostra identità vera.

Molte persone purtroppo si trovano nella condizione di credere ancora di essere brutte e goffe e di non avere alcun valore personale; se ci cede alla paura si finisce per restare tutta la vita identificati con questa falsa immagine; se si ha il coraggio di affrontare sé stessi, si può scoprire qualcosa di veramente importante.




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