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CANI SIMILI A NOI GENETICAMENTE

a cura di Lidia Fassio
 

E’ di questi giorni la scoperta che i nostri amici cani non solo da millenni ci supportano, ci amano e ci sopportano anche quando non mostriamo la parte migliore di noi, ma sono anche gli animali più vicini a noi dal punto di vista genetico: è apparsa infatti la notizia su Nature e su Menome Research sulla "mappatura genetica ad alta risoluzione del cane", ovvero su come il suo DNA sia simile al nostro.

Senza dubbio, il fatto che ci siamo accompagnati con questo animale fin dall’antichità, ha spesso fatto pensare che in qualche modo tra l’uomo e il cane dovesse esserci una "somiglianza" molto profonda e che, per questo, siamo stati in grado di creare quel connubio e quel feeling che ha incentivato il bisogno di relazionarci sempre più spesso con loro, tuttavia, non avremmo mai pensato che fosse l’animale a presentare anche le maggiori somiglianze genetiche con l’essere umano.

Chiunque abbia sviluppato un rapporto con il cane sa che deve esserci qualcosa di profondo e di telepatico che rende un cane capace di leggere cosa accade nella mente del suo amico uomo ancor prima che lui stesso lo abbia definito rendendolo operativo: quante volte, il mio Zeus – maremmano doc - mi sorprende poiché scende tutto eccitato di fronte al cancello di uscita quando "sa" che lo porterò con me e questo senza che io abbia ancora fatto o detto nulla, mentre non si muove minimamente se non sollevando la palpebra, quando esco e non me lo posso portare?

Spesso mi sono domandata come faccia a leggere con esattezza nelle mie intenzioni ed ero arrivata alla conclusione che gli animali posseggono sensibilità ed empatia che si trasformano in una sorta di "anticipazione" di ciò che l’uomo sta per fare.

Oggi, gli scienziati hanno capito che il loro DNA codifica essenzialmente la stessa quantità di informazioni ed ha una marcata somiglianza con quello umano, molto più di quella del topo che, fino ad oggi, era considerato l’animale geneticamente più vicino alla nostra razza.

Questa notizia non fa altro che confermare che i 100.000 e più anni di collaborazione e di vicinanza tra uomo e cane non sono sicuramente frutto del caso, ma di una perfetta sintonia, oltre che di simpatia.

Se da un lato la notizia è estremamente entusiasmante per gli amici dei cani, non possiamo però non provare al tempo stesso un brivido alla schiena che nasce dal fatto che questa somiglianza sottoporrà i nostri amici a tutti i tipi di indagini di laboratorio e si trasformerà in un reale pericolo per la loro vita.

Questo è il risvolto "noir" della notizia che speriamo vivamente che venga affrontato con le dovute misure preventive prima e legislative poi, in modo da evitare il pericolo che, ancora una volta, l’uomo non usi poi le somiglianze genetiche per trarne un vantaggio personale a totale discapito di chi si è dimostrato nei secoli sempre fedele e vicino a noi.

Non mi è infatti piaciuta l’euforia con cui hanno risposto le case farmaceutiche alla notizia; esse si sono infatti mobilitate attivamente per sottolineare che i cani così potranno essere impiegati per sperimentare i farmaci destinati a curare alcune malattie umane.

Se la risposta sarà questa, possiamo veramente parlare di "progresso"?




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