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COSA FESTEGGIAMO IN REALTÀ IL 25 DICEMBRE?

a cura di Lidia Fassio
 

Il mito del bambino "divino"

Il 25 di dicembre, tra alberi sfavillanti di luci, corse ai regali e grandi abbuffate festeggiamo il Natale e la nascita di Gesù che, per tutti i cristiani è un giorno di grande festa che sta a simboleggiare la reale possibilità di rinascita che si rinnova ogni anno per tutta l’umanità festeggiando la venuta sulla Terra del Salvatore … di colui che ha "ridato la luce".

Il tema della "natività", tuttavia, non è attribuibile alla cristianità perché la sua origine è molto più antica ed affonda le radici nelle mitologie pagane precedenti.

Non possiamo infatti dimenticare che i luoghi in cui è nata la filosofia giudaico cristiana sono gli stessi in cui erano nate le più antiche filosofie matriarcali legate ai culti delle Grandi Madri, a cui avevano fatto seguito quelle "eroiche – solari" che si sono espresse al meglio nelle culture greca e poi romana.

Lo stesso tema del "redentore del mondo" era già rappresentato in miti pagani per cui, il tema della natività di Cristo, si è inserito su un motivo sottostante; al redentore si attribuisce il "potere della rigenerazione" ed in effetti, proprio per queste potenzialità il Cristo venne chiamato il "Salvatore". Con questo appellativo si intendeva l’incarnazione di una divinità in forma umana che recava in sé nuove possibilità per l’umanità tra le quali quella di poter superare la paura della morte attraverso l’ipotesi di un’anima immortale che sopravvive al corpo fisico.

Il bambino Divino è un simbolo anche molto caro a Jung che lo interpreta come un essere energizzante, in grado di trasformare, risanare e rinnovare; possiamo vederlo come un archetipo, un simbolo interiore che agisce dentro ad ognuno di noi e che tende a sollecitare quel bisogno di trovare nuove forze in grado di produrre nuove vie e nuove leggi che ci spingano a crescere e a rinnovarci; da un punto di vista transpersonale il bambino divino rinnova lo spirito e l’anima collettive portando luce e speranza in un nuovo ciclo.

Il parto virginale

Anche il tema della Vergine Maria, centrale nella mitologia cristiana, è stato in realtà ereditato dai rituali pagani da cui i padri fondatori della Chiesa hanno attinto a piene mani: nel mito greco già Kore, considerata "la Dea vergine", partoriva un figlio adulto l’Aion il giorno 6 di gennaio, giorno dell’Epifania originariamente considerato anche il giorno della nascita e del battesimo di Cristo.

La Madonna è invece l’immagine di una Madre che partorisce un bambino "Salvifico" che era già ben presente nei miti matriarcali; il più antico prototipo di Madonna risale addirittura al 6000 avanti Cristo ed è stato trovato raffigurato nei primi insediamenti urbani del neolitico.

Il 25 dicembre – La nascita

Il Giorno della ricorrenza del Natale è stato scelto a tavolino; non ci è dato di conoscere in maniera certa la data di nascita di Cristo, ma ciò che è importante ricordare è il simbolismo profondo espresso in questa data; non a caso infatti, tutti i "figli divini" a partire da Dioniso, Buddha, Odino, fino ad arrivare a Cristo - considerati divinità legate al simbolismo solare in quanto capaci di "scaccciare le ombre" - sono ipoteticamente fatti nascere nel giorno del "solstizio d’inverno" che rappresenta il momento in cui il massimo dell’oscurità (il giorno più corto dell’anno) consente anche la nascita del nuovo ciclo di luce che porterà la primavera mantenendo così vivida la promessa della vita e di possibilità di rigenerazione per la Terra, l’umanità e la coscienza. E’ il simbolo dell’alba che vince sull’oscurità ed annuncia trionfante il nuovo giorno che si manifesta con il "bambino divino" in grado di scacciare non più i nemici esterni, ma le ombre interne.

La scelta di questa data è attribuita alle figure di Costantino il Grande e di papa Liberio intorno al 353 – 354 d. C. che, temendo un allargarsi a macchia d’olio dell’adorazione del Sole, pensarono di unificare la data della nascita di Cristo con quella che era precedentemente considerata la nascita del salvatore persiano Mitra "il Dies Natalis Solis Invicti"; così, il bambinello divino incarnatore della luce eterna, nasce nella notte del solstizio d’inverno - che allora cadeva proprio alla mezzanotte del 25 dicembre - esattamente quando il ciclo dell’anno volge dall’oscurità alla luce crescente.

I solstizi nell’antichità erano legati simbolicamente alle "porte della caverna cosmica" che erano anch’esse due: "la porta dell’uomo" legata al solstizio d’estate e al segno del Cancro e "la porta degli Dei", legata a quello d’inverno e al segno del Capricorno; questo apparteneva ad un concetto iniziatico secondo il quale la caverna cosmica era il luogo della manifestazione dell’essere che prima si presenta con la forma umana per affrontare la sua crescita spirituale; a seconda poi della sua evoluzione finale poteva uscire definitivamente dal mondo manifesto passando dalla "porta degli Dei", oppure rientrare nuovamente dalla "porta degli uomini" per una nuova incarnazione.

I moderni simboli del Natale

E’ indubbio che molte cose delle cose che ancora oggi facciamo hanno un preciso riferimento alla "nascita divina"; la novena di Natale, la messa di mezzanotte in cui si completa il presepe mettendo il "bambinello"; lo zampone che è il piatto tipico della vigilia di Natale che rappresenta la vera possibilità di rinnovamento in cui la parte grezza (zampone di maiale) viene consumata per fare spazio alla parte spirituale; nella notte magica avviene una sorta di "processo alchemico"; oggi ancora mangiamo lo zampone senza però conoscere il perché di questa tradizione.

Altri simboli importanti sono il vischio, l’albero di Natale, la figura di Gesù Bambino o Babbo Natale e quella della Befana che interviene la notte in cui i tre Re Magi raggiunsero la stalla della natività.

Il vischio è un simbolo sacro introdotto dai popoli nordici, dai Celti in particolare; è una pianta parassita che cresce preferibilmente sulle querce; gli antichi Celti credevano che il vischio nascesse laddove un fulmine aveva colpito la quercia e che per questa sua origine rappresentasse una promessa di immortalità.

Ancora oggi si usa fare e regalare ghirlande natalizie con i bellissimi rametti di vischio che brillano per il loro colore e per le frizzanti bacche rosse che fanno da ornamento alle case, alle porte e alle tavole imbandite.

L’Albero di Natale invece è un simbolo che prende spunto nientemeno che dal mito di Adamo ed Eva e all’Eden dov’era posto l’albero più famoso al mondo che rappresentava la forza che sostiene l’Universo; anche l’albero è ovviamente un simbolo di vita che, per la sua stessa forma, sembra unire Terra e Cielo, poiché pianta le sue radici e poi si eleva verso l’alto con la sua chioma . Per arrivare però ad un collegamento tra l’albero e il Natale dobbiamo arrivare intorno all’anno mille quando la chiesa adottò la tradizione antica che prevedeva un rituale in cui si bruciava un pino resinoso per commemorare l’apparizione sulla terra di una luce straordinaria. Dietro a questa memoria c’è probabilmente un richiamo ad una "festa del Sole" ma anche al simbolismo dell’albero del Mondo da cui pendono i frutti che Dio offre all’adepto, ovvero a colui che "riceve il verbo e lo comprende"; oggi noi lo addobbiamo con le luci e in questo ricordiamo la "luce straordinaria" di cui parla la tradizione; mettiamo però anche i doni ai piedi dell’albero quasi a rappresentare quei frutti divini di cui parlano gli ermetici.

Gesù Bambino e Babbo Natale sono entrambi preposti a portare i doni e a metterli sotto l’albero; in altre tradizioni i doni vengono invece consegnati personalmente da Nonno Gelo o Nonno Inverno e anche qui troviamo una sovrapposizione ad un rituale antico in cui era il vecchio Saturno a distribuire i doni a dicembre. In alcune tradizioni è invece la Befana al 6 di gennaio che porta i doni, simbolo della venuta dei Magi che seguirono la stella per onorare la nascita del bambinello. Anche questa immagine si lega ad un simbolismo precristiano probabilmente molto vicino ad Ecate, la vecchia saggia che portava con sé i suoi doni e la sua benevolenza; Ecate però subì una gravissima trasformazione nel passaggio dal matriarcato al patriarcato diventando nell’immaginario collettivo una "vecchia strega" sdentata protettrice dei maghi e della stregoneria. La Befana odierna sembra essere un miscuglio tra queste due immagini.

Il più antico progenitore di Babbo Natale sembra essere il lappone Santa Claus che parte ogni anno dalla sua casa a bordo di una slitta trainata da renne carico di doni da distribuire. Santa Claus è verosimilmente una storpiatura del nome latino Sanctus Nicolaus, il nostro San Nicola di Bari, patrono della Russia. Siccome c’era un’antica usanza in cui la notte di San Nicola si facevano dei doni segreti, si decise di spostare questa usanza nel giorno di Natale, così che anche i popoli nordici potessero festeggiare Santa Claus il 25 di dicembre.

Il mantello rosso però arrivò solamente quando il vecchio babbo Natale traghettò in America all’inizio dell’ottocento: fu li’ che assunse definitivamente l’immagine moderna con la barba bianca, il mantello rosso, la slitta e le renne.

E’ molto importante sapere che dietro a tutto ciò che festeggiamo oggi, ci sono simboli profondi che acquisiscono significato solo se vengono compresi interamente; è interessante vedere come la nuova storia abbia inglobato quella più antica e come nelle tradizioni cristiane siano rintracciabili i vecchi simboli dei miti solari che si sono fusi con quelli del Cristo portatore di Luce e di Vita, ma soprattutto di "nuova coscienza".

Un’altra cosa importante è ricordarci che il Natale è una festa che riflette una profonda spiritualità che dovrebbe richiamarci a momenti di riflessione e di unione con il mondo e tutto ciò è veramente molto lontano da quell’affanno consumistico che abbiamo visto negli ultimi anni trasformandolo più che altro in una "fiera commerciale".

Dobbiamo dunque cercare di riavvicinarci cercando di comprendere il simbolismo che può farci rivivere il reale significato di cui oggi c’è più che mai bisogno.

Buon Natale a tutti




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