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GEOMETRIA DEL “DISIMPEGNO MORALE”

a cura di Lidia Fassio
 

Tra gli infiniti balletti della campagna elettorale a cui tutti gli elettori sono “incautamente” esposti, campeggia il “disimpegno morale” che, tra tutti,  forse è il più drammatico.

Il sistema democratico dovrebbe essere sostenuto da un forte senso di “impegno morale” da parte di chi si promuove come garante di tutti noi negli anni a venire in modo da dare ai cittadini elettori una minima garanzia per il loro futuro e per quello delle istituzioni che, tra l’altro, sono delegate, a dirimere le disparità e le palesi violazione delle regole e delle norme civili e sociali.

 

Se gli italiani e le persone in genere sono d’accordo nel ritenere la democrazia la  migliore forma di governo e di convivenza tra le persone, almeno tra quelle fino ad ora sperimentate, si trovano invece ad avere molte perplessità sull’interpretazione dei suoi principi cardine e su come vengono  messi in atto e fatti funzionare dai personaggi che via via vengono eletti e che dovrebbero essere preposti a tutelare le istituzioni e gli ordinamenti che affermano e garantiscono il diritto – dovere di partecipare alla vita politica, di avere opinioni diverse e di veder garantita la pluralità di visione e di filosofia politica.

 

Non è possibile vivere in un sistema democratico in cui i garanti sono i primi a non agire in conformità alle leggi e ai principi che rappresentano e, altrettanto, non dovrebbe essere possibile assistere quotidianamente a rissosità e colpi bassi che, fino ad ora, sono stati gli unici a ben rappresentare “la par condicio” dei nostri politici, nel senso che si sono equamente divisi tra le parti.

 

E’ indubbio che tutto ciò mette a dura prova la fiducia dei cittadini che si trovano sempre più spiazzati nella scelta e nel dare il loro voto a persone della cui moralità ed integrità dubitano fortemente.

 

I fatti di questi giorni inducono ad una riflessione profonda sulle persone e non solo sui politici; cos’è che sul piano psicologico individuale porta un individuo a disimpegnarsi moralmente fino a giustificare comportamenti che vengono meno ai principi e ai dettami della  coscienza, senza per questo provare vergogna o rimorso?

 

Quante volte ciascuno di noi si è trovato in situazioni “difficili” ed ha fatto ricorso ad armi quali la menzogna, la seduzione o addirittura la falsa testimonianza, pur di non pagare dazio, giustificando così una  condotta morale discutibile, sostenendo però il proprio gesto con alibi faziosi e del tutto  estranei alla vantata o presunta verginità morale?

 

La psicologia si è spesso interessata di quei fenomeni che vengono messi in atto dall’Io per salvaguardare la propria integrità fornendo degli escamotage che consentono di aggirare il senso di colpa e il rimorso che produrrebbero  gravissimi conflitti interiori.

Se non vi fossero particolari meccanismi di salvaguardia psicologica, nessun uomo potrebbe chiudere gli occhi di fronte a palesi violazioni delle leggi e del diritto umano, nessuno potrebbe farsi complice di torturatori e di vessatori e, nessuno contrabbanderebbe i propri valori. Sono stati fatti studi interessanti su questi temi che hanno addirittura messo a punto una “scala di Disimpegno morale e civile” che elenca una serie di meccanismi che, una volta messi in atto, assolvono la coscienza da qualunque misfatto.

 

Una cosa interessante che è emersa da questi studi è che le donne sono più inclini degli uomini a farsi garanti del bene comune, mentre gli uomini sono molto più spregiudicati nel deformare interiormente certi principi e nel trovare appigli giustificativi per salvaguardare il loro potere e la loro posizione sociale.

 

I principali meccanismi sono:

 

la giustificazione morale che consente di mantenere candida la coscienza sostenendo che si sta facendo qualcosa per “gli altri”; tipica dei politici che incassavano tangenti per i partiti… e che si sentivano “moralmente puliti”;

 

la diffusione della responsabilità che permette di sostenere che non ha senso la responsabilità individuale, se tanto tutti se ne fregano;

 

l’attribuzione della colpa che distorce la mente al punto da portarla a giustificare atti indegni attribuendo la colpa  alla vittima; tipo dare la colpa alla donna che viene violentata perché ha la minigonna o perché rientra troppo tardi la sera;

 

la deumanizzazione della vittima che giustifica abusi su persone che, ai nostri occhi, non sono degne di rispetto; tipo giustificare torture perché i detenuti sono a loro volta torturatori;

 

il confronto vantaggioso che permette di giustificare il non pagare le tasse o le multe visto che tanto viviamo in un paese di corrotti.

 

Ovviamente ce ne sono molti altri e tutti palesano le “forti distorsioni” sul piano dei valori e su quello cognitivo che l’ Io mette in atto pur di mantenere l’integrità interna  quando ci si trova in difficoltà o quando si desidera  cogliere un’opportunità che, anche se discutibile moralmente, si presenta particolarmente vantaggiosa sul piano personale.




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