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L'APE REGINA

a cura di Lidia Fassio
 

Questa è una fiaba particolare perché riguarda proprio il processo di integrazione dell’Io che giunge dopo aver lottato e integrato le forze del Drago che, se negate, conducono invece alla dissoluzione caotica.

La fiaba è dei fratelli Grimm, non è conosciutissima, però è molto interessante per i suoi contenuti di integrazione di tutte le parti della nostra natura (istinto – emozione – ragione)

 

Tra le altre simbologie, l’ape è anche molto famosa per la sua duplicità: da un lato produce un nettare dolcissimo e super nutriente e, dall’altra, ha una capacità di pungere e di procurare molto dolore. E però anche un insetto che ha una sua natura “sociale” e che lavora durissimo per produrre ciò che serve per mantenere in vita sé stessa e il suo modello di società.

 

La fiaba narra dei due figli maggiori del Re che lasciano la casa paterna per andare alla ricerca di fortuna; arrivati in città però, cominciano a condurre una vita talmente dissoluta da perdere completamente il contatto con sé stessi e con le loro radici, fino al punto da non trovare più la strada di casa.

 

Questa prima parte ci parla della lotta profonda che il maschile (IO) ingaggia con le forze istintive regressive (Pulsioni e desideri inconsci) per potersi differenziare e individuare; nella psicologia Junghiana è ben rappresentata dalla “ lotta con il drago” che è la lotta tra l’Io aiutato dal Super Io contro le forze regressive che vorrebbero una condizione di passività e di non individuazione.  Certo, nel caso specifico, i due fratelli non riescono a vincere la loro battaglia, proprio perché mancano strutture solide e non è presente un Super Io ben strutturato (forze morali e leggi interne intrioiettate) che possa affiancare l’IO nella  lotta con le pulsioni distruttive interne.

 

A questo punto, il terzo figlio vedendo il padre distrutto per la sorte dei due fratelli maggiori, decide di andare lui stesso a cercarli. Il terzo figlio è chiamato Sempliciotto per la sua natura semplice ed ingenua. I due fratelli maggiori lo hanno sempre preso in giro ed anche nel paese non gode certo di grande considerazione. Così, quando decide di partire tutti gli abitanti del regno sorridono ed ironizzano sulla sua sorte.

 

Questa parte della favola ci mostra come, di solito, si dia una grande importanza alle capacità esterne, alla furbizia e alla parte razionale che aiuta sicuramente a far fronte alle difficoltà e ai problemi che si presentano nella realtà. I due fratelli maggiori sono considerati da tutti molto intelligenti e, infatti, spesso hanno fatto gare di capacità e di astuzia, vincendole. Sempliciotto non ha queste capacità e, di fronte ai problemi pratici è risultato spesso inefficace; lui è un sognatore, un ragazzo che si affida molto di più alle sue risorse interne e che, ascolta ciò che giunge dai suoi sentimenti.

 

Non appena  arriva in città si mette alla ricerca e trova i due fratelli; dopodichè li invita a tornare a casa  con lui, anche se loro dicono che lui non saprà dirigerli da nessuna parte. Lui non li ascolta e si mette a camminare davanti agli altri due; nel viaggio, accadono alcuni fatti molto interessanti che mostrano le capacità di Sempliciotto di far leva sul suo istinto e sulle sue intuizioni.

I due fratelli infatti, vedono un formicaio e si fermano a tormentare le formiche con un rametto divertendosi un mondo a vederle  prese dal panico mentre cercano di salvare le loro larve; a quel punto arriva Sempliciotto e si mette a gridare “lasciate in pace le formiche,  non vi permetterò di continuare a molestarle”. 

Il giorno dopo arrivano in un luogo dove ci sono delle anatre e i due fratelli vogliono ucciderne alcune per poterle mangiare e soddisfare le loro esigenze orali; Sempliciotto anche in questo caso mostra la sua determinazione e blocca i due fratelli invitandoli a raccogliere dei frutti e delle bacche, lasciando stare gli animali.

Passa un terzo giorno e arrivano nei pressi di un alveare e i due fratelli vogliono appiccare il fuoco per potersi impossessare del miele e, ancora una volta, accorre Sempliciotto e si batte perché le api non vengano toccate.

 

Continuando il loro viaggio giungono in un paesino con un vecchio castello su cui grava un incantesimo; tutti gli abitanti sono stati tramutati in pietra; l’unico superstite è un vecchietto che abita dentro al castello il quale però li invita ad entrare, offre loro del cibo e un letto per dormire.

La mattina seguente, dopo la sveglia, l’omino dice ai tre fratelli che devono eseguire tre compiti, ognuno di loro ne riceve uno in particolare e tutti e tre devono essere terminati in giornata perché solo così l’incantesimo del castello si spezzerà e tutto il villaggio riprenderà a vivere.

 

Il primo fratello si ritrova con il compito di trovare delle perle che sono state nascoste in un bosco: se non le troverà verrà tramutato in pietra. Lui non ce la fa e, in suo soccorso, va il secondo fratello che fallisce anche lui.

Viene poi la volta di Sempliciotto che sente che l’impresa è al di sopra delle sue possibilità e quindi, si siede su una pietra disperato e si mette a piangere perché pensa che tutto è perduto.

A quel punto, le formiche che aveva salvato due giorni prima arrivarono in suo soccorso e cominciarono a cercare le perle al posto suo, risolvendo il problema in un battibaleno. 

ll secondo compito è quello di recuperare dal lago la chiave della camera da letto della figlia del Re, anche questo complicato e difficile, ma ecco che arrivano le anatre che Sempliciotto aveva difeso che cominciano a setacciare tutto il lago riportando la chiave. 

L’ultimo compito consiste nello scegliere la ragazza più giovane e più dolce tra un gruppo di 100 principesse, tutte giovani e bellissime. Anche in questo caso viene in aiuto di Sempliciotto l’ape regina che, grata per ciò che lui aveva fatto, si ferma proprio sulle labbra della ragazza che lui deve scegliere.

 

Improvvisamente – eseguiti i tre compiti -  il castello ritorna a vivere e tutte le persone che erano state tramutate in pietra riprendono vita. A quel punto Sempliciotto viene ringraziato e, in onore di ciò che aveva fatto, gli viene offerta in sposa la principessa più giovane e più amabile di tutto il circondario e lui, felice, accetta anche di diventare Re.

 

Questa favola non ha una morale come molte altre che abbiamo visto in precedenza ma tende a farci comprendere che Sempliciotto non si affida alle sue qualità razionali e alla sua mente, ma fa ricorso alla sua intuizione, ai suoi sentimenti e al suo istinto (animali). I suoi fratelli mancano completamente di umanità e si affidano unicamente alla testa, senza tenere in conto del mondo interiore legato ai veri valori e quindi, diventano distruttivi e crudeli e, per questo, possono rischiare di perdersi.

La testa, senza il cuore è ben poca cosa, sembra dirci la favola dell’Ape Regina.

La fiaba ci ricorda infatti che solo quando la natura animale (istintiva) viene  totalmente accettata ed integrata diventa una risorsa valida per l’IO che, altrimenti, si ritrova scollegato dal Sé interiore e finisce per essere facilmente preda della parte distruttiva e disorganizzante.

Noi non dobbiamo assoggettarci alla parte istintiva della nostra natura, ma dobbiamo riconoscerla e rispettarla in quanto non possiamo fare a meno di onorare tutte le parti di noi , altrimenti, quelle che vengono rimosse, ci danno battaglia … facendoci perdere la strada… , ovvio riferimento alla possibilità di perdere di vista il nostro progetto evolutivo.

 

La fine della fiaba è ovvia… e termina con il matrimonio con la principessa e lui che diventa Re; solo quando si riconoscono anche le parti femminili, avviene il matrimonio interiore e si apre la strada verso l’individuazione.




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