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FRANKENSTEIN

a cura di Lidia Fassio
 

Un altro tema psicologico inquietante portato a più riprese sulla scena è quello dello scienziato a metà tra lo sperimentalista e il pazzo che, nella sua bramosia di condividere il grande mistero della creazione e di scoprire i segreti della vita umana, fabbrica in laboratorio un mostro, a cui dà ovviamente il suo nome: Frankenstein.

Il tema è tutt’altro che nuovo ed anche se abbiamo scoperto questo personaggio attraverso il grande schermo a partire dalla versione storica dai toni horror con Boris Karloff fino ad arrivare a quella sofisticatissima e molto più psicologica di Francis Ford Coppola con Robert de Niro, passando attraverso la comicissima parodia di Mel Brooks con il suo “Frankenstein Junior” brillante e canzonatorio, il tema è stato rivisitato più volte, prendendo spunto  dal romanzo di Mary Shilley - dal titolo omonimo - la cui prima pubblicazione risale al lontano 1817.

Non c’è che dire, anche se il libro ha i suoi anni, è sempre un’opera attualissima, anzi, oggi più che mai, dai sogni di clonazione fino  all’esasperazione dei trapianti, non è fantascientifico ipotizzare che in certi laboratori - non proprio ufficiali – vi sia lo scienziato pazzo paragonabile al dr. Frankenstein che,  pur di arrivare a soddisfare la sua ambizione e vanità, non si fa scrupoli ad utilizzare organi, corpi umani.. e chissà quant’altro, pur di  ottenere risposta alla tanto inflazionata domanda.. “da dove origina la vita.. e perché la può dispensare solo Dio e non l’uomo?”.

 

Certo, finchè l’uomo non sarà in grado di “dar vita”.. non può ritenersi “uguale a Dio” questo sembra essere il messaggio su cui, molto elegantemente  ironizza il genio di Mel Brooks quando il suo docktor Frankenstein si appresta a dare corrente alla “creatura” gridando in un tripudio di fulmini, generatori, cavi e fili : “dagli vita”…

 

Indubbio che l’uomo ha sempre avuto difficoltà ad accettare di non essere lui a “creare” direttamente; l’idea del concepimento e della creazione fisica è molto più femminile ed è per questo che, a torto o a ragione, questi esperimenti sembrano interessare molto più gli uomini che, se da un lato possono vantare una sessualità “visibile”, dall’altra, soffrono per la naturale creatività delle donne che, inequivocabilmente, si manifesta ogni volta che nasce un bambino.

 

L’uomo ha cercato di compensare questa lacuna creando “oggetti”; sicuramente la tecnologia, le macchine, il sogno di fabbricare l’androide e l’uomo artificiale sono tutte compensazioni evidenti di questa ferita narcisistica che il maschio vive nei confronti del femminile; da qui anche il sogno di poter condividere veramente qualcosa con Dio sul piano vero della realizzazione che si è sempre visto, dall’origine delle prime forme rudimentali di “scienza” in avanti.

 

Se da un punto di vista fisico l’idea macabra e contro natura di prendere parti di cadaveri a cui impiantare un cervello straordinario, e poi procedere cercando di “dare corrente” sembra pazzoide, in realtà ricalca un dilemma umano forte : “da dove origina l’energia che dà vita?”; la risposta è difficile a meno che non si accetti l’idea che esista un’energia superiore, o cosmica, un ente.. un centro.. o un Dio - comunque lo si voglia chiamare - da cui questa energia viene emessa e.. pertanto, giunge a noi.. che altro non siamo che punti riceventi.

 

L’uomo infatti può creare e si diletta spesso in questo; ma crea macchine, cose inanimate… e da qui ha origine il senso di inadeguatezza che compensa cercando di essere o di sostituirsi a Dio… il solo che può esprimere questo potere..

 

Forse, l’immagine dello scienziato pazzo è in linea con il concetto della “hybris” degli antichi che, sul piano psicologico, corrisponde pienamente al non accettare che la condizione umana sia solo in parte divina.. ma per il resto terrena, e quindi… mortale e con una serie di preclusioni.

La Hybris era il grande peccato, quello di “orgoglio contro gli Dei” che Ade,  Dio degli Inferi individuava e puniva nel momento in cui l’uomo voleva paragonarsi a Dio.

 

Nella storia di Frankenstein ci sono alcune cose interessanti da indagare:

per prima cosa c’è il tema del “mostro”; con questo nome vengono chiamate nella fantascienza tutte le creature che derivano da un’idea aberrante, partorita dal loro creatore; in effetti la condizione di “mostruosità” è la conseguenza di un esperimento che non funziona perché è figlio della presunzione dell’uomo; 

in seconda battuta, il mostro non ha “anima”, manca di “cuore.. o meglio, di  sentimento”; in questo la storia sembra sottolineare che la vera vita.. è qualcosa di più del semplice muoversi meccanico e materiale; la vita.. ci richiama a qualcosa di intenso, di nobile, che deriva dalla parte spirituale, da quella parte che è “anima” e che non si fa corrompere dai bisogni della materia.

E’ curioso, a questo proposito, come ogni cosa appartenente all’universo venga definita “animata” o “non animata”, a dimostrazione che è l’anima, il soffio vitale a fare la differenza.

 

Aldo Carotenuto sosteneva che uno dei grandi sogni dell’uomo è quello di passare da “creatura a creatore”, diventando a tutti gli effetti un “apprendista stregone”; sostiene però anche che l’uomo in questo atto, a differenza di Dio, cerca di dar vita ad un “perfetto servitore”; non avendo però mai fatto tesoro di tutto ciò che è scritto nei miti, non si rende neppure conto che nel momento in cui compie l’atto contro gli Dei, si scatena una forza nella creatura che la porterà a ribellarsi proprio contro chi lo ha creato.

 

In effetti “la creatura” di Frankenstein, dopo aver generato molta distruzione, finisce per essere sacrificata dopo aver ucciso il suo creatore.

 

Anche la Divinità ha vissuto situazioni analoghe: infatti, l’uomo si mostra come  creatura ribelle al suo creatore; la storia è piena di “ribellioni” a partire da  Lucifero fino ad arrivare ad  Adamo ed Eva.. Questo significa che si tratta di  un tema mitico: ogni creazione intrappola in sé anche un’energia di distruzione..  questo è il dato inevitabile..

 

Nel caso di Frankenstein possiamo fare un’interpretazione sottile per ciò che riguarda la parte distruttiva dello scienziato: possiamo vedere la “creatura” come una Proiezione di Frankenstein stesso; non un demone esterno ma una parte interna demoniaca che esplode nel momento in cui la creatura prende vita giacché essa non nasce dalla parte luminosa del suo creatore, ma da una serie di profanazioni.. e di atti poco eclatanti che non lasciano  presagire nulla di buono.

 

Forse il suo creatore.. il dr. Frankenstein non è mosso da un vero amore per la vita, ma più che altro da questioni di potere e di abuso.. e questo inevitabilmente segnerà sia il suo destino che quello del mostro.

In questo vediamo la Hybris, l’orgoglio, la superbia  e un vero e proprio delirio di onnipotenza che lo porta a sentirsi uguale o forse superiore a Dio, e questi sono i pensieri che motivano le azioni di Frankenstein e che colorano  inevitabilmente il temperamento della creatura..

 

Il mostro nel romanzo viene “montato” con pezzi ed organi che appartengono a cadaveri trafugati dall’obitorio.. e anche questo è un tema molto inquietante dal punto di vista analitico: sembrerebbe infatti che non vi sia un IO a fare da centro, ma solamente una grande frammentazione che non può che simboleggiare una impossibilità di raggiungere una identità che abbia valori, pensieri e sentimenti.

 

Siccome però ogni racconto è frutto della personalità dell’autore, pensiamo che anche Frankenstein non faccia eccezione e, infatti, Mary Shilley, nata nell’agosto del 1797 fu segnata indelebilmente dalla morte della madre durante il suo parto: forse, in lei il dramma della vita e della morte hanno agito in contemporanea così come quello della creazione che genera la distruzione di qualcos’altro; tutto ciò era  particolarmente impresso nella sua psiche al punto da dar vita ad un racconto con tonalità, inquietudini ed interrogativi che sicuramente le appartenevano in toto.




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