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IL CEDRO DEL LIBANO

a cura di Giovanni Pelosini
 

Un tempo, i monti del Libano, della Siria e dell’Anatolia ospitavano un’unica immensa e splendida foresta di cedri, maestose conifere che raggiungevano anche sessanta metri di altezza.

Regni ed imperi hanno sfruttato per secoli questo legno compatto, aromatico e durevole, pregiato almeno dall’epoca biblica, per fabbricare mobili e palazzi: il grande Tempio di Salomone fu edificato grazie alle travi possenti del cedro ed anche a ciò dovette la sua fama di regale immortalità; ma anche le ville patrizie di Roma e i palazzi di Babilonia ne furono impreziositi.

L’imponenza del cedro del Libano era ed è leggendaria, così come la sua longevità, e ciò lo rese uno dei legni adatti ad onorare gli Dei. Il cedro era il simbolo di altezza, grandezza e potenza, e come tale aveva la proprietà di proteggere gli edifici dalle negatività e dai danni del tempo. Era consigliabile costruire le case con travi di cedro “per preservare l’anima dalla corruzione”, come ammoniva Origene.

Dal cedro si ottenevano miracolosi unguenti per curare i dolori delle articolazioni, il decotto della sua corteccia si usava contro le bronchiti, una sua essenza aveva ottime proprietà antisettiche e balsamiche.

Il suo legno profumato e robusto evocava l’eternità della Vita e diverse antiche leggende raccontavano di quando Set pose sotto la lingua del padre Adamo tre mistici semi, di olivo, di cedro e di cipresso, che germinarono insieme soltanto all’epoca di Mosè, il quale piantò i tre ramoscelli nella Valle di Ebron dopo aver operato, grazie ad essi, molti miracoli.

Ne risultò un unico grande tronco rigoglioso, uno straordinario ibrido di piante sacre, metafora antica della Trinità. Più tardi Re David trapiantò il triplice albero sacro in Gerusalemme e lo protesse, circondandolo di anelli d’argento. Salomone vi edificò intorno il Tempio, ma gli ebrei ortodossi non gradivano la venerazione del popolo per quel legno, che vollero piuttosto utilizzare in modo profano, come ponte sopra un ruscello.

Si dice che la Regina di Saba non volle calpestare il legno di quel ponte, riconoscendone la sacralità e profetizzandone la futura mistica funzione: secoli dopo, da quelle assi si ricavò la Croce di Cristo.  

Le leggende arabe consideravano i cedri esseri eterni, saggi e preveggenti, degni di venerazione, veri e propri “esseri divini in forma d’alberi”, come scrisse Alphonse de Lamartine.

Oggi, fra i 1.300 e i 3.000 metri di altitudine, sui versanti settentrionali del Vicino Oriente, l’inverno è ancora fresco e le nevi abbondanti, mentre l’estate è secca; ma i maestosi alberi che amano questo clima sono rari e la grande foresta è ormai scomparsa, trasformata in edifici di straordinaria bellezza dall’orgoglio degli uomini potenti di ogni epoca, mentre un ultimo, regale esemplare campeggia nella bandiera nazionale, simbolo di lunga vita.

Oggi gli ultimi sublimi cedri guardano dai monti del Libano i guasti dovuti alle follie umane ed alla guerra: alti e solenni, con la loro ieratica presenza ricordano ancora che l’incorruttibilità rende “inattaccabili dal tarlo della concupiscenza che dà la morte” e, sempre usando le parole di Antonio di Padova nei Sermoni, “mette in fuga i demoni”.




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