ASTROLOGIA IN LINEA
ASTROMAGAZINE - RUBRICHE - Astri e benessere

SINDROME DA PARCHEGGIO

a cura di Lidia Fassio
 

Siamo abituati a pensare che lo stress sia la causa principale delle malattie; sappiamo che in presenza di stress continuato il sistema immunitario soffre e, come conseguenza, vi è un abbassamento delle difese, per cui in molti soggetti questo genera reazioni forti che, nel tempo, producono gravi problemi.

Ci sono però alcune eccezioni interessanti che appartengono a soggetti che soffrono di quella che viene  definita “sindrome da parcheggio” che è la tendenza ad ammalarsi nel week end oppure durante le vacanze o, peggio ancora quando si va in pensione, come se, il momento clou della pericolosità per loro, coincidesse con la fase di riposo e di rilassamento, anziché con quella da ripresa o da sforzo.

 

Occorre precisare che, di questa sindrome, fino a qualche anno fa, soffrivano quasi esclusivamente gli uomini in quanto, pur nella totale inconscietà, erano quelli che pagavano il prezzo più alto nella grande battaglia della carriera e del successo, oggi stanno cominciando anche le donne ad avere disturbi analoghi.

 

La guerra, almeno in occidente sembra lontana – nonostante gli ultimi anni l’abbiano riportata in auge a tutti gli effetti – in ogni caso, essa non viene combattuta – almeno per il momento - sul nostro territorio e ciò nutre la nostra illusione che sia un fatto che riguarda “altri” e non “noi”; ciò non corrisponde a realtà poiché ci dimentichiamo della guerra continua e quotidiana che moltissime persone combattono sul piano professionale e che, anche se con forme più sofisticate, è del tutto simile a quelle antiche che avvenivano sui campi di battaglia con cannoni e baionette, o prima ancora con daghe e scudi.

 

L’uomo moderno, soprattutto quello che vuole ottenere posizione e potere, è immerso ogni giorno in dure battaglie per conquistare e mantenere la sua posizione e, quelli che gestiscono la pubblicità, sanno benissimo con quali formule andare a sollecitare i bisogni di ognuno in modo da mantenere tutti sulla corda. Da qualche anno, anche le donne sono scese nell’arena professionale ed infatti, i medici registrano “infarti” femminili e “sindromi da parcheggio” anche per il cosidetto sesso debole.

 

Il punto è che tutti noi oggi non lavoriamo più solamente per guadagnarci da vivere, ma stiamo arrivando a “vivere per lavorare”; al lavoro è delegata l’autorealizzazione di un individuo e questo significa che è il lavoro  che “fornisce significato alla vita” ed è qui che forse, ci stiamo giocando il più grande equivoco della storia perché, proprio il lavoro, è diventato contemporaneamente la fonte di più grande frustrazione, mentre solamente una cinquantina di anni fa, molti erano soddisfatti del loro lavoro e tutti lo vedevano esclusivamente come il mezzo per raggiungere il mantenimento e non come il fine a cui si delega la gratificazione di una vita e il senso della propria identità.

 

Per assurdo, proprio la tecnologia avrebbe dovuto finalmente portarci ad essere padroni nel nostro tempo in modo da poterci dedicare alle cose importanti della vita: relazioni, cultura, figli e creatività, mentre invece ci ha imprigionati e ci sta rendendo schiavi e non solo non ha mantenuto alcuna promessa ma anzi, sta rubando a tutti qualcosa di fondamentale.

Abbiamo per anni criticato e deriso il modello giapponese, ma siamo arrivati allo stesso livello: si lavora moltissimo e, tutti quelli che hanno velleità di carriera, si trovano praticamente a diventare maniaci del lavoro e dipendenti da esso.

C’è di più, perché all’azienda si dedica il fior fior di sé stessi; sono molti gli uomini che rientrano a casa completamente sfatti e senza energia e quindi non in grado di occuparsi dei figli o della loro relazione ma solo desiderosi di buttarsi su un divano e di godere, finalmente, di un po’ di privacy.

 

L’azienda poi, sembra diventata una “grande famiglia”; ci sono corsi per aumentare l’empowement, l’efficienza e il senso di appartenenza; l’azienda chiama e gli uomini rispondono e così, ci troviamo di fronte  ad una nuova forma di dipendenza chiamata “Workaholics Anonymous” veri e propri “dipendenti anonimi da lavoro”  che chiedono aiuto allorchè la loro vita è andata completamente in pezzi poiché tutto è andato fuori controllo a causa dei ritmi del lavoro.

 

In questa situazione è chiaro che anche il nostro corpo si è attestato su grandissimi livelli di adrenalina e di ormoni da stress che derivano dalla battaglia che si consuma ogni giorno sul piano professionale: l’immagine  del futuro, anziché andare verso il telelavoro, sembra invece indirizzarsi verso un’azienda-clan con al suo interno la casa, la palestra e la nursey, un modo questo affinchè l’uomo non debba perdere tempo prezioso nello spostamento, e possa così avere sempre più energie da dedicare all’azienda-famiglia.

 

Senza più tempo libero, si finisce per crearsi  rapporti affettivi e amicali con i colleghi di lavoro, con i quali non si fa altro che “parlare di lavoro”; i colleghi sono le uniche persone che si possono vedere ogni giorno senza dover investire tempo prezioso all’esterno.

 

Il manager è diventato il “modello vincente” da imitare: l’uomo realizzato, colui che sembra possedere la felicità in quanto ostenta tutti i simboli che vengono definiti “vincenti”. Nessuno pensa al fatto che il manager è uno che tutte le mattine “va in trincea”; basta sentire il linguaggio degli uomini di affari: arrembaggi, squali, economia sotterranea, spie industriali, cordate ostili, lupi, conquiste di mercato; niente di diverso di ciò che pensavano Giulio Cesare o Napoleone che hanno dedicato la loro vita alla “guerra”.

 

Purtroppo però, quando l’attività principale diventa la lotta, le problematiche diventano quelle tipiche del guerriero che, se sopravviveva alla battaglia, finiva per morire nel momento in cui tornava a “casa”, perché, in quel preciso istante tutte le motivazioni che avevano sostenuto la sua vita e, soprattutto la sua “identità” venivano meno. Un famoso detto recitava: “un guerriero non muore mai a casa sua, ma sempre in battaglia”.

 

I moderni Giulio Cesare non sono diversi e così, non appena si affaccia all’orizzonte un week end lungo, un periodo di vacanza o peggio ancora, lo spauracchio della pensione: momenti in cui si deve affrontare la “la vita vera”, che per loro è la cosa più difficile al mondo perché occorre diventare abili nella comunicazione affettiva, negoziare con i propri figli e condividere obiettivi di tipo familiare, ecco che i moderni “guerrieri” si ammalano perché non reggono e, a quel punto, puntuale come un orologio svizzero, si affaccia l’infarto, malattia che per eccellenza segnala la difficoltà con il mondo emotivo ed affettivo e sottolinea altresì il grado di ostilità e di frustrazione che regna all’interno causato dal blocco del chakra del cuore.

 

Forse è il caso che cominciamo a pensare a ciò che stiamo mettendo in piedi: l’economia di mercato, da un lato sembra dirci che tutto è a portata di mano, ma, se non siamo in grado di controllare cosa sta accadendo, in realtà ci offre oggetti in cambio della vita autentica e, per poter reggere questa situazione, dobbiamo tutti sviluppare una totale insensibilità al dolore diventando completamente distaccati dalle questioni etiche, morali e dai sentimenti; le amicizie sembrano essere perdite di tempo, i figli investimenti pazzeschi che braccheranno quel poco di libertà e di tempo da dedicare al divertimento e le relazioni qualcosa di impensabile in quanto troppo complicato.

 

Per assurdo, ci stiamo assoggettando e diventando schiavi dello stress, al punto da non poterne fare a meno: sembra un paradosso ma è ciò che sta accadendo: non riusciamo più a staccarci dal lavoro e, per non affrontare le ferite che questa situazione produce all’interno, continuiamo – come veri tossicodipendenti – ad andare avanti trascinati da questo vortice che ci soffoca stringendo sempre più le sue maglie, fino al punto da “morire” di rilassamento nel momento in cui dedichiamo un minimo di tempo a noi stessi.




Copyright (c) 2003 Astromagazine - la rivista di Astrologia in Linea - Tutti i diritti riservati