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AVERE O ESSERE?

a cura di Lidia Fassio
 

Sono passati più di 30 anni da quando Erich Fromm ha scritto il libro “Avere o Essere” in cui affrontava, più da filosofo che da psicologo, la differenza profonda tra un modo di vivere incentrato sull’avere e sul  possesso in cui vi sono fortissime accentuazioni egoiche che spingono all’avidità e allo spreco fino a tollerare la violenza pur di procurarsi ciò di cui illusoriamente si crede di aver bisogno, e quello invece, molto più evoluto, legato all’essere che premia lo sviluppo dell’uomo e la relazione con il mondo circostante, l’amore, la gioia di condividere e di cooperare il che conduce con molta più facilità alla solidarietà e al rispetto della diversità e dell’individualità.

Avere” ed “Essere” per Fromm sono due strutture caratteriali o meglio, due diverse modalità di atteggiarsi di fronte al mondo che generano comportamenti molti dissimili nella vita di ogni giorno.

 

La filosofia si è da sempre interessata all’“essere”, alla felicità e al senso della vita; è il filo conduttore del pensiero umano che possiamo rintracciare in grandi uomini di tutte le epoche a partire da Buddha, Cristo, per arrivare a Tommaso d’Aquino e ai più vicini Spinoza, Schweitzer e all’odierno Dalai Lama, tutti grandi uomini che hanno visto e vedono nell’uomo la  capacità di solidarizzare e di condividere le grandi potenzialità di ognuno in una crescita sia individuale che collettiva che possa dar vita ad un rapporto sempre più creativo tra l’uomo e l’intero universo. Ciò nonostante l’avanzata senza sosta del progresso tecnologico sembra – almeno nella fase attuale - invertire la tendenza naturale portando l’uomo a credere che la felicità sia invece un fatto legato al “possedere” e al credere che, soddisfacendo tutti i desideri e le pulsioni, non si avvertirà più il senso di vuoto o di fallimento interno, grande spina nel fianco dell’uomo. I problemi originano nel momento in cui ci si rende conto che il “consumismo” (massima espressione dell’avere), non solo non porta alla felicità ma svuota l’uomo della sua anima, lo rende depresso, alienato e rabbioso sia verso sé stesso che verso il prossimo. 

 

La possibilità di vivere armoniosamente e di coltivare rapporti umani soddisfacenti è, da sempre, la via per  raggiungere il senso di completezza e di serenità; perché questo possa avvenire occorre però che l’uomo impari a mediare, a relazionarsi e a vedere nel mettere in comune e nello scambiare autenticamente ciò che si sente e si pensa una vera possibilità di riscatto.

Il consumismo e il bisogno di “avere”  degli ultimi quattro decenni hanno portato il mondo ad una clamorosa frattura con la natura che, essendo la principale fonte di “nutrimento”, non può non condurre a  conseguenze indefinibili sulle civiltà dell’ultimo secolo e di quello che è appena iniziato.

 

Sappiamo bene che l’uomo ha bisogno di sopravvivere e di affermarsi (Marte casa prima); sappiamo però altrettanto bene che senza qualcuno con cui relazionarsi la vita non esiterebbe perché essa è scambio, interazione e … amore (Venere casa settima).

 

L’uomo moderno sembrava, dopo i primi anni sessanta, destinato a scoprire tutto sulle relazioni: i miti e la filosofia on the road - che hanno poi condotto alla rivoluzione sociale del ’68 - partivano infatti da una difficoltà che le generazioni più giovani avvertivano sul piano “relazionale”; le famiglie erano istituzioni in cui regnava autorità e impedimento di espressione per via di un Saturno eccessivamente sbilanciato che  fungeva ancora da Crono, incapace di amare i suoi figli o almeno, incapace di premiare la loro individualità per cui – come nel mito – incarnava il ruolo del  padre tiranno che li ingoiava impedendo loro di “vedere la luce” ovvia corrispondenza con la mancanza di possibilità di poter dar vita a sé stessi, alla propria identità ed individualità.

Il mito di Crono ci parla infatti di un qualcosa di anomalo che andava cambiato giacchè l’autorità espressa in questo modo impediva realmente l’emergere della forza nuova, di quella potenzialità uraniana che ogni generazione – figlia dello spirito dei tempi – deve portare per rivitalizzare e rigenerare l’intera struttura sociale.

Così, spinti da Urano e dal desiderio di libertà, nel ’68 - alcuni anni dopo la lunga opposizione tra Urano e Plutone in Vergine e Saturno in Pesci - il vecchio modo di pensare e di strutturare la società veniva spazzato via da una ventata rivoluzionaria che aveva come filosofia l’amore e la libertà in tutte le dimensioni, famigliare, sociale ed individuale.

 

Nascevano così le generazioni dei “beat” e dei “figli dei fiori” che predicavano “fate l’amore e non la guerra” e il “libero amore”.

Ancora si era  lontani dal consumismo verace che sarebbe giunto negli anni ’70 e che avrebbe avuto la forza di travolgere i grandi ideali che erano stati appena individuati. L’opposizione tra Saturno e Urano-Plutone   portava con sé la grande scommessa di Nettuno che, facendo punto di talete sull’opposizione, racchiudeva grandi sogni ed illusioni che avrebbero potuto diventare promesse solo se si fossero mantenuti fermi gli ideali che avevano ispirato questa generazione; tuttavia, transitando nel segno dello Scorpione, Nettuno richiedeva una grande e profonda trasformazione non solo all’esterno e nel mondo sociale, ma anche all’interno di ogni singola psiche e siccome i grandi cambiamenti sono processi lenti e difficili che passano per la messa in discussione di valori di base radicati ed ancestrali, ecco che i giovani delle generazioni successive si sono trovati a vivere nel pieno di un boom economico senza precedenti che produceva e forniva ogni genere di cose non più solo per soddisfare le necessità, ma per sedurli ed illuderli che il benessere economico fosse la panacea di tutti i mali; così, chi aveva bisogno di “vendere i prodotti” doveva indurre all’acquisto e al possesso ed ha cominciato ad indurre bisogni fittizi laddove non vi erano quelli reali; bisogni assolutamente nuovi per l’uomo individuati ad hoc per solleticare l’immagine e lo status più che le reali necessità di vivere meglio, riducendo la fatica fisica in modo da lasciare spazio alla mente, alla cultura, all’arte, alla crescita spirituale ed alle relazioni tra e con le persone, prime fra tutti quelle con i figli.

 

La grande illusione terminava infatti in quegli anni; i miti della pace nel mondo si infrangevano drasticamente sostituiti dal terrorismo e dal bisogno di “avere” sempre di più e di ottenere, con ogni mezzo ed  anche con la violenza, ciò che sembrava essere il passaporto per la felicità; la lotta di classe si trasferiva  nelle società occidentali e, in un clima di grande aggressività e terrore, la società andava avanti, dimenticando i propositi che Plutone e Urano avevano fatto emergere nella generazione precedente.

 

L’illusione non fu più quella di cambiare il mondo andando alla ricerca di valori nuovi che promuovessero la crescita dell’uomo, ma divenne la droga, il sogno di poter fuggire una realtà alienante ed inaccettabile in una dimensione dove non vi fossero  più conflitti, doveri e responsabilità personali.

 

In quegli anni si consumò così l’estrema contraffazione tra l’essere e l’avere: da un lato vi erano coloro che diventavano sempre più esigenti in fatto di consumi tesi a soddisfare il bisogno di possedere sempre di più e sempre più cose superflue nel tentativo infruttuoso di raggiungere quel sogno di completezza che, in realtà, si ottiene solamente attraverso affetti e relazioni gratificanti; dall’altro si assisteva al fenomeno di molti giovani disillusi di tutto che annientavano la loro vita alla ricerca di paradisi artificiali che sembravano promettere la grande felicità.. in cambio dell’annientamento del corpo e della psiche.

 

Lo scambio tra l’essere e l’avere è molto visibile nella relazione tra Marte e Venere che rappresentano due modelli alternativi di vivere la realtà: nel primo caso il sogno marziano è quello di possedere facendo della conquista, e spesso della predazione, un modo di vivere che porta a volere e a consumare sempre di più: gli strumenti in questo caso sono la lotta, la competizione sfrenata per l’affermazione personale che può avvenire anche a scapito degli altri e della comunità – come è sotto gli occhi di tutti; dall’altro invece, un modello venusiano il cui sogno è quello di creare autentiche relazioni con gli altri basate sulla condivisione che crea opportunità a cui tutti possono accedere entrando in rapporto con sentimenti quali rispetto, solidarietà, amore per il prossimo e socialità.

 

E’ interessante come nella nostra società i due interagiscano in maniera falsata; infatti, il sogno del consumismo è nato in realtà da un vuoto interno dovuto alla mancanza di una vera identità che è andato a  solleticare il culto eccessivo dell’immagine; come a dire che laddove vi è l’impossibilità di introiettare bene Venere - che simbleggia benessere, autostima e buone relazioni con il mondo - il desiderio si trasforma in  bramosia e avidità e nell’illusione che creando un’immagine di sé perfetta di sé in un’esistenza piena di cose si possa compensare una mancanza di essenza e di valore di sè.  La stessa modalità spinge Marte ad essere sempre più bramoso di soddisfazioni che devono giungere dal potersi permettere sempre di più fino a giustificare anche la violenza nei confronti della terra e degli altri pur di ottenere ciò che si vuole; è chiaro che in questi atti emerge una rabbia sedimentata a lungo in persone che sentono di essere state defraudate di qualcosa di vero e di profondo difficile da individuare e risanare.

 

Oggi, la scienza ha dimostrato che, nel nostro cervello, sono in pieno sviluppo le aree dedicate alla solidarietà, mentre sono in regressione quelle legate alla competizione e alla sopraffazione: questo ci fa ben sperare per il futuro: infatti, il nostro cervello sembrerebbe andare verso la valorizzazione dei principi affettivi e relazionali che consentiranno di traghettare l’uomo verso un tipo di società “acquariana” che consenta di privilegiare l’essere abbandonando pian piano il delirio dell’ “avere”.

Tutto questo significherebbe ridare dignità a Venere, grande signora della Bilancia che è il segno legato al “venire a patti con gli altri” e al riconoscersi in valori etici più rispettosi della diversità umana e della natura.

 

In questo modo l’Essere riprenderebbe il suo posto nella vita dell’uomo in quanto, come dicevano gli antichi filosofi greci, l’essere è sostanza indelebile, permanente, atemporale ed in continuo “divenire” ed è solo dall’essere che può prendere vita un Avere sano, e mai il contrario.




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