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PRINCIPI, CREDENZE E LEALTÀ FAMILIARI

a cura di Lidia Fassio
 

Le terapie relazionali hanno individuato nelle famiglie alcune modalità particolari che si rivelano fondamentali in quanto vengono passate sotto forma di eredità psicologica familiare dal momento che sono codificati in comportamenti e modalità di essere e di pensare.

Ci sono teorici della terapia familiare che sostengono che alla base del buon funzionamento familiare vi sia un sistema chiamato di “lealtà”; queste lealtà sono dette “invisibili” in quanto non sono espresse ma passano sotto forma di condizionamenti psichici e restano fortemente imprintati in tutti i membri.

 

Sappiamo tutti quanto siano “forti” i sistemi familiari: lo sono soprattutto laddove sembrano più fragili e disfunzionali in quanto, proprio per le problematiche che possono manifestare, tendono a condizionare molto di più di quelli “funzionali” che, ovviamente sono più elastici e lasciano maggior libertà ai loro membri.

Le famiglie disfunzionali hanno maggiormente bisogno che i figli siano “leali” e che soprattutto restino vincolati affinchè il loro sistema non crolli anche perché essendoci una scarsissima identità individuale nei singoli membri, tutto andrebbe a rotoli.

 

Ad esempio non è facile all’interno delle famiglie poco individuate, cambiare i ruoli: essi non sono affatto liberi ed anzi, è come se fossero “designati”: così abbiamo il figlio studioso che ha il compito di riscattare la condizione sociale familiare; c’è la pecora nera che si accolla  tutto il negativo della famiglia (l’ombra che quindi gli altri non sentiranno); c’è il figlio genitorializzato che è pronto a farsi carico delle disfunzioni familiari e a mettervi riparo, ecc. ognuno ha un compito preciso da cui è difficile affrancarsi anzi, le più gravi difficoltà e sintomi avvengono proprio quando i ragazzi adolescenti cominciano a lottare per uscire dal sistema mettendo in discussione certe “lealtà” assodate.

 

La lealtà verso il sistema familiare è molto forte e viene cementata negli anni: c’è sempre, sia quando viene riconosciuta che quando viene negata. I sistemi occidentali inoltre incoraggiano la fuga piuttosto che il confronto con il proprio sistema relazionale ma, così facendo, non ci si affranca mai totalmente dalla famiglia.

 

Sotto la voce “lealtà” vanno moltissime cose tra cui credenze religiose, morali o politiche nonchè i valori filosofici di fondo che costituiscono il mito familiare; a queste si aggiungono comportamenti, obblighi e aspettative che, qualora disattesi, comportano sensi di colpa che hanno funzioni regolative del sistema.

C’è poi una sorta di rete “gerarchica” di obblighi ed aspettative interiorizzate che si basano su un dare-avere preciso.

Ciò che è fondamentale comprendere è che, qualsiasi sistema – e la famiglia non fa eccezione – si basa su principi di base che o vengono imposti dall’esterno o vengono riconosciuti dai membri stessi che, a questo punto, diventano “leali” nei confronti del sistema stesso verso il quale c’è prima di tutto un obbligo di “appartenenza”.

I gruppi sono dei clan e, astrologicamente sono rappresentati dalla casa IIa in cui troviamo lettura anche del nostro sistema familiare, fatto di consanguinei  con determinate  regole, valori e mentalità; noi apparteniamo a quel sistema e lo dimostriamo con il nostro senso di lealtà a ciò che abbiamo ricevuto.

 

Alcuni padri fondatori della terapia familiare sostengono che qualsiasi crescita ed individuazione all’interno di un sistema di appartenenza viene considerata una “slealtà” verso il sistema stesso.

Non possiamo non tenere in conto che noi arriviamo da  sistemi pressochè tribali dentro ai quali siamo vissuti migliaia e migliaia di anni: sono stati questi sistemi a proteggere, a nutrire e a garantire la sopravvivenza: fuori dal sistema non si poteva vivere; come non vedere questo nella casa IIa e nei suoi pianeti X, Giove e Venere che tendono a far si che i membri tramandino le proprie tradizioni, e che soprattutto siano legati tra loro da un profondo senso di “appartenenza” verso cui si deve essere “leali”.

Affrancarsi dal sistema, ovvero entrare in casa VIIIa costituisce generalmente un atto di grande “tradimento” in quanto si esce dal sistema a cui si “appartiene”.

Non occorre ritornare all’antichità per vedere  famiglie “rinnegare” i figli perché non portano avanti i loro valori e le loro tradizioni e preferire quelli che, invece, si assoggettano ad esse. A loro saranno riservati trattamenti diversi.

Oggi alcune cose sono cambiate, ma un tempo, i figli che non seguivano i dettami familiari o che non continuavano il lavoro paterno, o che, semplicemente sposavano qualcuno di non ben accetto, venivano diseredati e, tutto questo in virtù del fatto che “tradivano” i valori ricevuti o meglio, la “lealtà verso la famiglia”.

 

Indubbiamente noi introiettiamo dei valori – per l’appunto in casa IIa – che poi, però dovrebbero essere messi in discussione proprio perché, l’età adulta si dovrebbe caratterizzare per la capacità di fare una  revisione dei modelli e dei valori ricevuti, al fine di portare avanti ciò che in realtà si sente proprio; in pratica ciò che “appartiene” e non ciò che si è “ereditato” supinamente.

 

Non è casuale il fatto che la casa IXa sia governata da Giove e che, in essa, ritroviamo nuovamente quella X che già c’era in IIa ma che questa volta, non può più essere vista solamente come tradizione e come “appartenenza”, giacchè in questa casa il pianeta ci obbliga ad affrancarci dai valori ambientali, razziali e familiari, per andare ad abbracciare quelli “personali” agganciandosi via via sempre più ai grandi ideali di Nettuno e ai principi universali intuiti da Giove che si manifestano anche sotto forma di “senso di giustizia”.

 

Anche Giove in questa casa cambia totalmente i suoi simboli: nella seconda lo troviamo soprattutto sotto forma di introiezione della cultura e dei principi familiari che sono anche una base di solidità e di sicurezza; una volta arrivato in casa nona però le sicurezze dovranno arrivare dalla personalizzazione dei valori e dei principi che vengono codificati nella propria filosofia di vita, unica che potrà darci un definitivo “senso di appartenenza” non più esterno ma ad un “credo e ad una filosofia” personale.

 

Le cose però non sono semplici in quanto, tutt’oggi la funzione primaria della famiglia è quella di “allevare dei figli” all’interno di un sistema relazionale: questa operazione richiede parecchi “sacrifici” per cui, ogni genitore in qualche modo tende ad identificarsi con il futuro dei figli ed è proprio questo che consente di controbilanciare le tante frustrazioni che si devono necessariamente vivere nella lunga fase educativa.

Abbiamo tante volte ripetuto che i genitori dovrebbero fare una loro elaborazione interna in modo da svincolarsi da certi obblighi nei confronti della loro famiglia con tutto ciò che il termine comporta; quando questo non accade si porranno ipoteche pesantissime sui figli che, loro malgrado, saranno i contenitori di  aspettative mai realizzate.

 

Le famiglie tra l’altro hanno una consanguineità che non viene mai superata psicologicamente; non a caso, se un padre lascia la famiglia per andare per il mondo, al di là di quello che i figli dicono consciamente, non verrà mai sostituito interiormente il che significa che c’è un codice innato di “lealtà verso i consanguinei” e questo non ha nulla a che vedere con l’affetto che può esserci o può non esserci. Significa che un genitore può anche essere disprezzato ma questo non significa che saremo affrancati e liberi dalla sua interiorizzazione.

 

La civiltà occidentale si basa proprio sulla lotta che ogni singolo (miti greci ed ebraici) deve fare per affrancarsi da chi ha il potere e, per questo, deve affrontare sfide difficilissime per arrivare ad essere “eroe”; sappiamo però che, anche il figlio che ha vinto la battaglia, quando sarà padre a sua volta, tenderà a diventare esattamente come il genitore, il che obbligherà a sua volta il figlio alla lotta (mito di Urano e Crono).

Solo un vero affrancamento da questo mito porterà il padre ad essere colui che passa il testimone anche se, molti psicologi restano convinti del fatto che il figlio debba lottare contro il modello interiorizzato di padre per rendersi libero e diventare il “nuovo re”. Come a dire che l’individuazione è comunque un processo che comporta l’affrontare il tema della lealtà, il che comporta la possibilità di tollerare una grande quantità di frustrazione e di sensi di colpa.

 

Bisogna dire che non basta la lotta fisica o l’allontanamento geografico perché il figlio sia libero: ciò che veramente lo affrancherà sarà il rinunciare definitivamente all’approvazione familiare, quella che in fondo obbliga a  restare vincolati al “sistema”.

Ecco dunque che ritorna ad essere importantissimo il passaggio della casa nona che indica la capacità di affrancarsi dalla famiglia e dall’ambiente circostante per conoscere e allargare gli orizzonti, operando quel distacco dal senso di appartenenza familiare che giunge dal seguire con forza ed entusiasmo la propria “vocazione”, quella che porterà all’autorealizzazione.

 

Questo percorso è difficile quando ci sono opposizioni IIa – VIIIa che ci dicono che la lotta sta proprio nel tagliare con il senso di “appartenenza” qualora diventi troppo vincolante e ricattatorio per il soggetto stesso; se ci sono opposizioni tra queste due case significa che non vi sarà  soluzione alternativa al “tradimento” in quanto rimanere “fedeli e leali” alla casa IIa inficerebbe la possibilità di pervenire ad una autentica revisione dei propri personali valori e di seguire strade e vocazioni (IXa) personali il che minerebbe anche in maniera precisa la possibilità di arrivare all’autorealizzazione.

Certo, tutto questo diventa semplice se i genitori sono persone realizzate a loro volta che, quindi non hanno bisogno di mantenere rigido e fisso il sistema, trattenendo i figli all’interno di esso. La possibilità di seguire la propria vocazione, libera dal bisogno di riconoscimento ma libera anche dal desiderio di trovare “seguaci” a cui chiedere di credere e di portare avanti i propri principi deriva proprio dall’aver un giorno potuto seguire ciò in cui si credeva; qui troviamo alcuni dei valori cardini del Sagittario compiuto: capacità di pensare con la propria testa e di formarsi il proprio sistema di valori, principi e credenze personali; in caso contrario si sarà sempre insicuri, bisognosi di approvazione e si tenderà quindi a seguire i valori altrui da giovani e ad essere troppo bisognosi di fare proseliti e di chiedere agli altri di seguire la propria verità da adulti.




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