Plutone e il destino |
a cura di Lidia Fassio |
ARTICOLO DI ASTROLOGIA IN LINEA |
Plutone è un pianeta poco o nulla conosciuto, un pianeta dalle infinite potenzialità, la maggior parte delle quali, a mio avviso, ancora totalmente da scoprire. Del resto, io ritengo che siamo ancora lontani dall’aver conosciuto tutte le qualità di Saturno, figuriamoci quindi quelle di Plutone, scoperto troppo di recente. Quando l’uomo avvista, quindi scopre, un pianeta con i suoi occhi è potenzialmente anche in grado di percepirne l’energia, i toni e i colori all’interno di sé stesso; tuttavia l’esplorazione richiede tempo, costanza e volontà di approfondimento, oltre che sensibilità ai propri movimenti interiori. Per chi non conosce l’astrologia e, in particolare, il mio approccio all’astrologia, vorrei fare una premessa rispetto al significato che io attribuisco alle energie planetarie e a come esse lavorano all’interno di noi come vere e proprie funzioni psichiche. I pianeti si inseriscono nella nostra vita attraverso il loro simbolismo, rispondendo alle legge junghiana della sincronicità (termine molto sofisticato per spiegare ciò che gli antichi avevano espresso con poche parole dal sapore un po’ magico: “come sopra, così sotto”). In virtù di questa legge, quanto accade nel macrocosmo è riflesso per analogia anche nelle particelle più infinitesimali dell’universo, ragion per cui ogni movimento planetario vibra in maniera estremamente potente anche all’interno di noi, obbligandoci a rispondere vibrando a quanto l’universo propone. E’ così che il nostro respiro si unisce al respiro cosmico. Non possiamo quindi parlare di pianeti che “ci fanno qualcosa”, bensì di funzioni psichiche simili che si muovono in perfetta sintonia con le energie universali mostrate dai pianeti. Partendo da questo presupposto, ogni parte di noi, quindi ogni nostra funzione, ha una sua corrispondente nell’universo ed ha con questa un legame indissolubile, al punto che desidera che noi, nel nostro piccolo, seguiamo quella che è la legge di tutte le cose: l’evoluzione. In questa logica, lo stesso principio deve esistere anche all’interno di noi, poiché nell’universo esiste un principio creativo che ha dato origine a tutte le cose e che imprime la propria forza affinché nulla possa fermarsi ma tutto possa crescere, trasformarsi ed evolvere. Se non esistesse questa forza propulsiva e compulsiva noi non avremmo la possibilità di vedere sbocciare un fiore, perché questo ha la sua origine nel seme che in sé contiene tutte le potenzialità di diventare un fiore, ma che, al momento in cui viene piantato, non si svela e non lascia minimamente intravedere né cosa diventerà, né se diventerà. Tuttavia, noi siamo fiduciosi nelle sue capacità di trasformazione e di crescita, piantiamo il seme ed attendiamo con quell’intuito tutto femminile, sicuri che il miracolo si compirà. La stessa cosa facciamo quando aspettiamo un figlio; pur non avendo alcuna possibilità di sapere come sarà questo bambino, attendiamo con fiducia e con amore, certi che lui nascerà e diventerà grande. In questo processo noi confidiamo esclusivamente sulle sue capacità di trasformazione, nonché in una forza superiore che è essa stessa impulso a divenire. Sappiamo che farà tutti i passaggi biologici e psicologici affinché si manifesti a noi come un essere perfetto, dotato di potenzialità, e che pian piano si svilupperà fino a diventare un essere compiuto. Confidiamo che subirà migliaia di metamorfosi e trasformazioni, fino a diventare quel particolare bambino in cui noi ritroveremo somiglianze e corrispondenze. Questa è una legge semplice, al punto che la chiamiamo “naturale”. Nessuno di noi infatti si sognerebbe mai di vedere nascere un bellissimo tigrotto da una coppia di impiegati milanesi; pur non avendo niente di personale contro i tigrotti, lo considereremmo un fatto mostruoso, un vero e proprio scherzo della natura. Nonostante queste premesse iniziali, quando poi il nostro bambino è nato cominciamo a perdere di vista tutto ciò, ne prendiamo le distanze e cominciamo a fantasticare sul come e cosa dovrà diventare questo figlio, anziché accompagnarlo nella crescita dei suoi potenziali fino a scoprire ciò che deve diventare. Su quel bambino si abbatteranno tutte le nostre ambizioni, aspettative e progetti, come se all’improvviso non avessimo più quella fiducia che pure ci ha accompagnati nei primi nove mesi e cominceremo subdolamente ad operare sulla sua natura, sicuri che senza di noi non potrebbe crescere o, peggio, si perderebbe. Ma perché mai dovrebbe perdersi se all’interno di ogni essere esiste un centro intelligente che continua a dirigere il suo sviluppo ed è lo stesso centro che ha fatto sì che un organismo monocellulare diventasse il nostro particolare “Marco” o “Francesca”? Perché mai quel computer di bordo dovrebbe impazzire e non funzionare più? Perché, dunque, cerchiamo di sostituirci a lui, spesso con risultati tragici che porteranno il bambino ad amputare pezzi della propria natura per sostituirli con altri che nulla c’entrano con la sua personalità e che uccidono pian piano le sue potenzialità e i suoi collegamenti con la vita? Questa premessa serve per l’introduzione del discorso su Plutone. Plutone è sicuramente il nostro centro operativo interno, il computer di bordo (io direi che è l’accoppiata Plutone e Proserpina, di cui purtroppo al momento non sappiano molto, quindi dobbiamo accontentarci del solo Plutone), quel potere creativo che ha in sé un potenziale femminile ed uno maschile – terra e cielo – corpo e spirito, e che contiene tutte le potenzialità della vita direttamente collegate con il centro operativo universale (energia cosmica = Y). Questo computer di bordo possiede tutte le informazioni necessarie per condurci al fatidico divenire, il che significa che ha un’intelligenza ed una capacità di dirigere – o meglio di orientare – le nostre azioni, proprio in virtù del fatto che conosce esattamente il progetto, lo ha in mente e non lo perde di vista un istante. Questo centro operativo che, personalmente, chiamo il Sé, può però essere chiamato con altri nomi quali: anima, energia, Dio, poiché le parole sono comunque solo convenzioni che servono a descrivere una realtà. Il Sé possiede quindi le chiavi di interpretazione del nostro progetto e spesso si ritroverà a combattere a lungo con l’Io, che, nonostante sia figlio del Sé, spesso ne disconosce poi totalmente la familiarità. Eppure quest’ultimo dovrà prima ricollegarsi a questo centro interno, pena l’alienazione da sé stesso; è infatti il Sé che fornisce gli strumenti per orientarsi sulla strada di ciò che dobbiamo diventare, spingendoci a volte caparbiamente contro quella che è la nostra volontà cosciente ed attirando nella nostra vita quelle persone e quelle esperienze che possono farci capire, anche attraverso la frustrazione e il dolore, che siamo sulla strada sbagliata e che non stiamo andando verso il giusto progetto. Alcuni di noi riescono abbastanza facilmente a percepire questa essenza, altri faticano, ma ciò che è importante è che essa non si arrenderà e continuerà a proporre e a spingere verso direzioni che hanno come unico scopo quello di avvicinarci alla meta fatidica. Noi umani siamo però estremamente buffi, poiché quando riusciamo in qualcosa che riteniamo importante diciamo “ce l’ho fatta, sono stato bravo”, mentre quando cozziamo contro una resistenza interna o attiriamo qualcosa che ci sembra sbagliato pensiamo che sia stato il destino! Possiamo invece pensare che, in entrambi i casi, non ci sia alcun destino, ma vi sia invece il Sé che attraverso un sottile gioco di pulsioni, emozioni e desideri, dirige i nostri comportamenti – troppo spesso inconsci – portandoci ad imparare quelle lezioni che serviranno ad avvicinarci a ciò che siamo. E’ così che possiamo, ad un certo punto della nostra vita, riconnetterci con ciò che potenzialmente eravamo al momento della nostra nascita e che abbiamo pian piano abbandonato per essere accettati e per piacere alle persone che ci hanno allevati ed educati. Il Sé possiede una sorta di vocazione che una volta compresa dalla nostra coscienza fornisce la ragione, lo scopo della vita e l’idea che esista una motivazione ad essere, al di là di tutto ciò che di ordinario e materiale si possa conquistare. Ogni uomo possiede dunque al suo interno una Luce, un’essenza divina, un’energia potente ed intelligente che vuole essere compresa e che lavora per la nostra salvezza e consapevolezza. E’ qualcosa di profondo e di misterioso legato alla nostra vocazione personale e all’idea che noi siamo individui unici e speciali, proprio perché abbiamo il nostro preciso destino da compiere e che questo destino, dal concepimento in poi, dovrà allinearsi con l’intenzione cosmica; è in questo senso che noi non dobbiamo né crescere né svilupparci, ma semplicemente “risvegliarci”, poiché all’interno conteniamo già tutto il nostro potenziale, ma troppo spesso non riusciamo a renderlo cosciente e finiamo per pensare che ci sia un destino esterno che decide per noi, indipendentemente da noi. In realtà è il nostro Sé che dirige e ci fa sembrare casuali le cose che viviamo e le esperienze che attiriamo; non avendone coscienza non riusciamo ad essere in sintonia con loro e subiamo passivamente ciò che invece potremmo decidere e scegliere, sviluppando il nostro libero arbitrio. Il Sé, e quindi Plutone, fa parte di quello che Platone aveva chiamato il daimon, e quando uno riconosce il proprio daimon ha la sensazione di essersi collegato con l’anima. Solo allora potrà rivedere e rileggere con una nuova ottica il passato e il presente, comprendendo gli avvenimenti come parte del progetto; solo allora l’invisibile diventerà visibile. Quest’anima non è però da confondersi con ciò che viene chiamata la “voce della coscienza” che è invece, secondo Freud, il Super Io e che è competenza simbolica di Saturno e non di Plutone. Plutone è quella parte di noi che giudica il nostro operato nei confronti del progetto originario ed è quella parte di noi che può anche arrivare a distruggere l’Io, qualora questo sia così rigido e strutturato da non permettere più il cambiamento della forma. Miticamente Plutone giudica i peccati di hybris, ovvero il peccato di orgoglio contro gli Dei, che simbolicamente e psicologicamente può essere interpretato come il peccato che l’Io compie nei confronti del Sé. E’ capace di proteggerci e di salvarci da situazioni rischiose, ma è anche capace di distruggere con il solo intento di avvicinarci al nostro progetto. Per questo Plutone è così difficile da leggere all’interno della nostra vita, quindi del nostro tema natale, proprio perché le sue energie sono sottili e latenti ma possono deflagrare all’improvviso fino a diventare travolgenti. E’ in queste occasioni che noi percepiamo il nostro potere interno, ma esso può anche manifestarsi come un potere collettivo, qualcosa che nostro malgrado ci porta a conoscere i limiti del nostro e dell’altrui potere. Il suo regno è fatto di individualità e di collettività e rappresenta anche cosa deve distruggere e rigenerare una generazione; è qui che spesso l’uomo non riesce più a comprendere, perché le due realtà si legano a doppio filo rendendo i contorni della lettura più complessi e meno definiti. Plutone porta al collasso tutti i nodi che si sono formati sui due piani, lasciandoci perdere di vista il come e il quando si sono formati. Solo la strada verso il proprio personale Sé sarà foriera di miglioramento prima individuale e poi collettivo. Jung considerava un vero e proprio dovere della persona reintegrare l’ombra, ovvero conoscere quelle parti di sé che sfuggono e che determinano desideri, azioni e comportamenti, proprio perché non si vada ad accumulare la nostra ombra a quella collettiva, incidendo anche su chi ci sta intorno. Più ci conosceremo, più ci avvicineremo al nostro Sé, più avremo libero arbitrio e potere personale e meno dovremo subire quello che chiamiamo destino. Plutone è il vero e proprio principio creativo, quell’intenzione personale che è volontà pura e che si può usare sia come forza trasformatrice personale, sia come modello rigeneratore per gli altri. Plutone è l’intento. Per ricongiungerci con esso però occorre che il canale dell’Io si sia svuotato di tutti i bisogni di apparire, di tutte le paranoie di potere sugli altri e di tutte le false strutture e i falsi obiettivi. Senza questa purificazione, Plutone può ammaliare, manipolare, plagiare e finanche distruggere il mondo personale, incidendo negativamente anche sul piano collettivo. Plutone è difficile da comprendere; la sua natura è “invisibile” e quindi non mostra la sua faccia chiaramente. Occorre cercarlo, onorarlo, e solo allora potrà farsi conoscere e farci il suo più grande regalo, cioè lasciarci comprendere chi siamo e cosa possiamo diventare. |