Segno Zodiacale Ariete

Il Mistero





a cura di Augusta Neumann


Il mistero dell'anello dei Nibelunghi

Questa è una leggenda.
E come tutti i racconti antichi parte da una verità che risiede nel cuore degli uomini.

L’ORO DEL RENO
Molti e molti secoli orsono nacque nelle terre di Niederland, un principe di nome Sigfrido.
Egli era già orfano perché il re padre era morto in battaglia prima che nascesse lasciandogli in eredità i frammenti della sua spada, distrutta dalla furia del dio Odino-Wotan, venerato dai re e dai condottieri e protettore degli eroi morti che radunava nel mitico Walhalla.
Così racconta la leggenda….
La chiamata dell’eroe avviene quando Sigfrido venne mandato dalla madre alla corte di Regin affinché lo accogliesse come figlio adottivo ma ciò che interessava veramente l’uomo era solo il tesoro e il potere del re.
Convinse il ragazzo, al quale piaceva fingersi un semplice stalliere, a procurarsi subito un cavallo
( un principe ereditario non poteva non averne uno), e il dio Odino travestito da povero vecchio convinse Sigfrido a scegliere Grani, un cavallo discendente del mitico Sleipnir, il purosangue a otto zampe del dio stesso.

SIGFRIDO
Famoso per il suo coraggio e la sua intraprendenza, Sigfrido non si tirò indietro quando Regin gli suggerì di uccidere il nano Fafner diventato un pericoloso drago fuori controllo.
Egli possedeva il famoso tesoro dei Nibelunghi sul quale gravava una terribile maledizione data da un anello regale: chiunque lo possedeva veniva divorato dall’ambizione e dall’ingordigia e periva di morte violenta.
( Vi ricorda qualcosa ? J. R. R. Tolkien si è sicuramente ispirato a questo mito per il suo “Signore degli anelli” )
Il dio Odino, ancora travestito da mendicante, consigliò all’eroe di scavare molte buche nelle quali far defluire il sangue del drago per poi farci il bagno, ciò gli avrebbe consentito il dono dell’invulnerabilità.
Sigfrido si fece costruire una spada dai frammenti di quella del padre, l’unica che poteva resistere nell’impresa, affrontò il drago, lo uccise e si immerse completamente nel suo sangue ma ahimè una parte delle scapole rimase coperta da un’imprevedibile foglia caduta da un albero, richiamando così il Mito del tallone di Achille.
Il nostro eroe, dopo aver assaggiato il sangue del drago, acquistò il potere di comprendere il linguaggio degli uccelli che gli suggerirono di uccidere anche Regin che stava tramando contro di lui. Sigfrido allora decapitò l’uomo malvagio, mangiò una parte del cuore arrostito del drago e divenne così anche abile nella profezia.
Dell’oro dei Nibelunghi, Sigfrido scelse di tenere solo un anello d’oro rosso che poteva procurare tutto l’oro del mondo e un elmo che rendeva invisibili.

LA VALCHIRIA
L’incontro con Brunilde, una valchiria più forte di un uomo grazie a una cintura di fuoco donatale dal dio Odino, segna l’ inizio di una storia d’amore che avrà conseguenze tragiche per tutti.
Brunilde possedeva una stanza circondata dalle fiamme e dichiarò che si sarebbe unita solo all’uomo così coraggioso da passarci in mezzo.
Il cavallo di Sigfrido era l’unico che avrebbe potuto tentare l’impresa così come il suo cavaliere che attraversò le fiamme e conquistò il cuore della valchiria regalandole l’anello.
Brunilde, grazie a una profezia, sapeva anche che nonostante tutto avrebbe sposato un altro.
Nella versione dell’opera di Wagner, Sigfrido sposa Crimilde, bellissima sorella del re Gunther di Worms e le dona l’anello e la cintura rubata a Brunilde.
La gelosia delle due donne scatena quello che non avrebbe mai dovuto succedere: il perfido Hagen riesce a farsi rivelare da Crimilde l’unico punto debole del corpo dell’eroe e lo uccide a tradimento durante una battuta di caccia.

IL CREPUSCOLO DEGLI DEI
In tutte le leggende che si rispettino, un cattivo trama sempre nell’ombra scatenando la furia passionale e incontrollabile dei protagonisti ai quali manca il giusto distacco per valutare realmente gli eventi.
Nell’opera wagneriana il perfido Hagen compie la tragedia di Sigfrido; nella leggenda sono i tre figli del re Heimar a commettere il misfatto, colpendolo nell’unica parte del suo corpo che era mortale e Brunilde pazza di gelosia, forse infondata, uccide il figlioletto di tre anni di Sigfrido.
Qui il richiamo a Medea e a Giasone ( Mito dell’Ariete ) è d’obbligo.
Alla fine, un grande rogo funebre avrà giustizia di Sigfrido, Brunilde e il figlio innocente.

Come tutte le antichissime leggende, le versioni del mito di Sigfrido sono molteplici ma i fatti narrati sono i più importanti e la tetralogia di Richard Wagner “Der Ring des Nibelungen”, composta dal 1848 al 1874, ha contribuito a rendere immortale la sua storia.

L’ARIETE, semplicemente, E’ Sigfrido.
E’ un eroe giovane, esattamente come Giasone e come lui deve subito lottare contro due immagini archetipiche di padri: quello vero che scompare quasi subito e quindi non aiuta il figlio e l’usurpatore, colui che vuole rubargli il trono che gli spetta di diritto.
La semplicità dell’Eroe è tipicamente aretina, così come la sua ingenuità e purezza: Sigfrido ama fare lo stalliere e Giasone non nasce eroe, lo deve diventare. Il Padre Terribile invita a combattere i mostri che popolano tutte le leggende sperando che l’eroe soccomba dopo avergli regalato un tesoro ( il Vello d’Oro o l’Oro del Reno ).

La conquista dell’inconquistabile spetta ai giovani eroi e non ai loro padri.
Il primo passo è quello di ottenere un cavallo, animale splendido che ben si addice al segno dell’Ariete, con la sua resistenza, la sua corsa, la sua bellezza indomabile.
Giacomo Casanova, inarrestabile conquistatore, era un Ariete ed è abbastanza curioso che il geniale Federico Fellini che ne fece un film lo abbia descritto e disegnato proprio come un cavallo…
L’Ariete è un segno maschile-primario per eccellenza; come Sigfrido è coraggioso e intraprendente, non riflette troppo, non elabora nulla, corre verso il suo destino vivendolo attimo per attimo nel momento in cui è presente, lo sente a pelle, scorre nel suo sangue come un fiume inarrestabile perché è vivo, perché è. Semplicemente.

La lotta vincente con il drago Fafner nel cui sangue si bagna per diventare invulnerabile, è la visione perfetta di un Ariete infuriato; attraverso una guerra perenne contro i nemici, sempre presenti e pronti a distruggerlo, non resistendo all’impulso di ritrovarsi comunque in situazioni pericolose, compie ciò per cui è chiamato: la lotta per crescere e ritrovare la sua identità spirituale.
C’ è una buona dose di presunzione in tutto questo, esattamente come Achille, l’eroe invincibile.
Il tallone o le scapole rappresentano la debolezza necessaria affinché l’Ariete capisca che la chiave del suo destino non è essere il più forte prescelto dagli dei ma sentirsi coraggioso e autorevole dentro, accettando a volte di riflettere anche su una sconfitta.

La spada magica ricomposta dai frammenti di quella appartenuta al padre, è l’arma virile e fallica che permette all’Ariete Sigfrido di farsi temere anche in lontananza, come il testimone di un passaggio ereditario di lotta, coraggio e ribellione.
Io sono un uomo perchè combatto.
Con la stessa spada, l’eroe decapita il secondo Padre Terribile, simboleggiando la perdita della parte del corpo attribuita a questo segno.
Anche Giasone morirà per un colpo accidentale ricevuto alla testa.

Le donne dell’Ariete sono tutte valchirie, amazzoni coraggiose che lottano come e meglio degli uomini, esattamente come Brunilde.
Il fuoco che caratterizza la sua cintura e la stanza da attraversare come prova d’amore è l’Elemento per eccellenza dell’Ariete, la passione indomabile per qualcosa o per qualcuno, il desiderio irrefrenabile di conquista, ma anche la difesa dei più deboli.
Come non ricordare le celeberrime lettere d’amore delicatamente confessato dello scrittore Kafka a Milena: il nome di una donna, lui scrive, da portare in braccio tra le fiamme…
La lotta contro il Padre Terribile è rappresentata dalla vendetta nei confronti del maschile, sia che si tratti dell’amato Sigfrido o del figlioletto, proprio come Medea.
Entrambe queste figure femminili di semidee simboleggiano ciò che l’Ariete fa fatica a recuperare: il femminile, il materno, la fusione empatica con l’altro diverso da sé.

L’ evento che fa crollare il Mito di Sigfrido e Giasone è il tradimento, l’impulso primario a corteggiare, a esibire nuove conquiste, a non fermarsi a ciò che si è riusciti a ottenere, andare sempre oltre e continuare l’ avventura.
L’Ariete, come tutti i segni di Fuoco, è un simpatico impunito, ed esattamente come il suo opposto Bilancia si trova spesso in contese amorose a tre o a più varianti o meglio ancora, una dopo l’altra….

Il mistero dell’Anello di Fuoco è un regno incantato dove re e regine incarnano la vera passione
per la conquista ma solo attraversandolo, l’Ariete potrà ottenere la vera forza dell’amore e del rinnovamento, cancellando l’avidità dei deboli.


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