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MORTE E RINASCITA : IL VIAGGIO DELLO SCORPIONE

a cura di Lidia Fassio
 

Ogni segno zodiacale, oltre ai simboli che conosciamo, rappresenta anche uno step particolare nell’arco dell’intero viaggio rappresentato dall’insieme dello Zodiaco.
L’ottava tappa è riferita al segno dello Scorpione governato da Plutone; insieme ci ricordano che le “forme” che noi assumiamo sia sotto il profilo biologico, psicologico, istintuale ed emotivo, non possono essere considerate “uguali nel tempo” ma devono cambiare e rinnovarsi.

In pratica, questo segno ha il compito di accompagnare l’Io nei ciclici percorsi di trasformazione evitando così che resti aggrappato ai pensieri, alle emozioni e agli schemi che via via assume e struttura.

L’Io come sappiamo tende a riconoscersi nel quinto segno (Leone) che tende a pensare che tutto ciò che mette insieme e in cui si riconosce, sia per sempre.
Spesso sentiamo dire che lo Scorpione è un segno precario; simbolicamente non è esattamente così giacchè la precarietà non è una sua prerogativa mentre lo è sicuramente il senso di “impermanenza”.
Questo concetto è molto importante in quanto ci fa pensare che tutto ciò che si struttura dentro e fuori di noi, non può tuttavia essere considerato “per sempre”, ma deve assoggettarsi alla legge dell’entropia che ci ricorda che tutto è soggetto a contaminazione e, pertanto, sarà proprio il rinnovamento a impedirne la nemesi.

Lo scopo di questo passaggio – che risulta molto impegnativo per l’Io – è quello di permetterci di non aggrapparci a ciò che siamo e a ciò che abbiamo messo in piedi ricordandoci che solo dalla continua eliminazione di ciò che è diventato inutile e superfluo potrà esserci una crescita.
Senza dubbio, quando si arriva a questo punto del viaggio zodiacale, siamo chiamati a “lasciar andare” quelle situazioni che sono giunte al termine poiché hanno esaurito la loro funzione e questo in previsione che possa rinascere qualcosa di nuovo dall’esperienza del passato una volta ripulita dalle scorie.

Le grandi difficoltà e il senso di perdita che l’Io prova in questo passaggio sono in realtà poco insite nel segno ma appartengono invece alla paura che ogni rinnovamento porta con sé giacchè, per potersi esprimere a pieno titolo, deve prima fare pulizia lasciando tuttavia quei semi da cui potrà nascere qualcosa di diverso che, tuttavia, conterrà l’esperienza acquisita.

La vita ci ricorda giorno dopo giorno che niente in natura rimane uguale nel tempo e, anche se in apparenza un albero sembra essere identico anno dopo anno, noi sappiamo che compie un intero ciclo che comporta un mettere le gemme, coprirsi di foglie, di fiori e poi di frutti, dopo di che, esaurito il suo compito, vedrà le sue foglie cadere per affrontare un lungo periodo di apparente riposo in cui tuttavia, tutto riprende vita.
In pratica, la natura ci dice che tutto si muove proprio per restare fondamentalmente creativo e per essere pronto in qualsiasi momento a dare il massimo del proprio potenziale.

La stessa cosa dovrebbe accadere nella nostra psiche che, essendo anch’essa fatta di forme (forme pensiero – schemi emozionali – relazionali e quant’altro), ha ciclicamente bisogno di mutare, di perdere la forma per integrare quel tipo di esperienza che le permetterà di crescere portando al suo interno quella consapevolezza che origina dall’incontro con l’inconscio e con le sue immense ricchezze.

Spesso questa trasformazione viene però vissuta come una “morte”, come un qualcosa che si “perde” mentre in realtà proprio lo Scorpione ci insegna che, ciò che è stato vissuto intensamente e con piena consapevolezza, non potrà mai essere perduto ed anzi, alimenterà ciò che nascerà dopo giacchè da questa essenza purificata verrà alimentato. Certo, ci saranno anche cose che terminano e che muoiono in quanto non sono più utili e come tali possono addirittura diventare dannose e contaminare le nuove creazioni; quando una cosa ha fatto il suo tempo ed ha esaurito il senso che aveva nella nostra vita, non possiamo pensare di portarcela appresso poiché sarebbe un bagaglio che finirebbe per appesantire ciò che vuole emergere.

Così, proprio i transiti di Plutone – signore del segno – ci accompagnano lungo percorsi che, anche se in apparenza sono difficili da sostenere, non hanno affatto lo scopo di distruggerci ma bensì di distruggere le forme che sono diventate obsolete e senza vita.
Plutone ci chiama a lasciar andare ciò che appartiene al passato e ci conduce per mano in quelle sfere della vita che sono già contaminate e che pian piano finirebbero per portarci alla depressione, che per l’appunto, entra in gioco quando non troviamo più motivazioni sufficienti ad andare avanti.

I periodi della vita più ricchi sotto tutti i profili, sono sempre  preceduti da fasi di distruzione in cui ci congediamo da qualcosa che non risponde più ai bisogni e ai progetti che il Se’ comunque ha in mente per noi.

Noi occidentali siamo, per nostra natura, quelli che abbiamo meno dimestichezza con questo archetipo giacchè incentriamo buona parte della nostra vita sul possesso e sul trattenimento di ciò che abbiamo conquistato. Proprio a seguito di questo modo di vivere, i transiti di Plutone, sono anche quelli che temiamo di più in quanto mettono in subbuglio la vita procurando di farci distaccare da ciò che è superato e obbligandoci ad entrare nel lungo tunnel della trasformazione che richiede però una fase in cui si sa cosa dovrà essere lasciato andare ma non si conosce ancora cosa nascerà al suo posto.

Spesso si parla a proposito e a sproposito della parola “trasformazione” così come tanto si parla di “evoluzione”, tuttavia, si tratta in entrambi i casi di processi che richiedono tempo, passaggi particolari e abbandono di sicurezze il che risulta altamente destabilizzante e disorganizzante anche se, senza ombra di dubbio, salutari per gli individui.

Quando Plutone si avvicina agli archetipi del nostro tema natale lo fa con modalità precise che risultano particolarmente complesse: in genere si inizia a percepire la sensazione di un fallimento interiore che agisce però anche su quello esteriore; il tutto è accompagnato da senso di inutilità, perdita di significato e di centralità che fanno avvertire in modo inequivocabile il limite, il senso di piccolezza e di impotenza della condizione umana: un vero e proprio senso di depressione.

Il transito prende vita attraverso una situazione oggettiva che il “viaggiatore solitario” sta vivendo nella realtà; si tratta di una situazione critica in cui, inevitabilmente, si perdono delle certezze e, insieme, si avvertono ambivalenza, annientamento e scarsa chiarezza; il transito si presenta con  immagini ossessive che generano sofferenza e che accompagnano l’inevitabile senso di perdita/morte di qualcosa che, per il soggetto in quel momento, è importante, anzi, vitale.
E’ una sorta di annunciazione che tuttavia non suona affatto bene; qualcosa che preannuncia difficoltà, dolore e lutto; qualcosa a cui l’Io cercherà di opporsi con tutte le sue forze giacchè non lo comprende e lo avverte come pericoloso per la sua sopravvivenza anche se, un lato dell’Io stesso, sa che non potrà sfuggire e che non ci saranno facili scorciatoie da prendere. Si tratta della così detta “passione” che, nel caso di Plutone, porta con sé sentimenti di amore e morte.

La lotta in genere avviene tra i sentimenti che si provano che sono: ingiustizia, tradimento, umiliazione, impotenza e senso di abbandono da un lato nonché   desiderio di opporsi e di lottare con tutte le energie possibili dall’altro in modo da padroneggiare il momento ed aver potere sulla situazione; in pratica l’Io si batterà per non arrendersi e non soccombere. E’ una sfida all’ultimo sangue, un’esperienza di vera e propria ossessione in cui il senso di sé si smarrisce nell’altalena continua tra desiderio di vincere e terrore di perdere; questa  battaglia simboleggia l’eterna lotta tra il vivere e il morire e tra la luce a l’ombra; vincere in quel momento significa vivere, mantenere contatto con ciò che si è e con ciò che è stato fondamentale nel percorso fino a quel momento; perdere significa arrendersi, ammettere l’impotenza, consegnarsi ad Ade e alla sua tragedia che sa di chiusura e di annientamento, condizioni con cui l’eroe di turno è chiamato a fare i conti suo malgrado.

A lungo si brancola, ci si sente in trappola e senza via di fuga; in effetti non si vede alcuna luce e questo dà la sensazione di soffocamento perché urta contro il desiderio di illuminare, di far emergere, di ritrovare terra e centro, per farcela e non morire.

Certo, l’umanità intera, fin dalla sua origine, ha fatto questo viaggio: i miti ci raccontano di eroi che attraversano il mondo di Ade e che effettuano la discesa agli inferi con coraggio, armati solo della voglia di conoscere e di tanta forza interiore; tuttavia, quando nostro malgrado siamo noi ad essere chiamati al viaggio eroico, fatichiamo a scorgere il lato positivo e a percepire i talismani che ci offrono gli Dei che, al di là del nostro sentire momentaneo, sono invece  al nostro fianco per soprassedere al nostro personale viaggio eroico; così, per un lungo tempo, il viaggio sembra avvenire in perfetta solitudine perché, non ci sono accompagnatori umani e, anche chi sarebbe deputato ad accompagnarci,  in genere si guarda bene dal farlo e, almeno inizialmente, si sottrae; così l’eroe sperimenta il destino ineluttabile di ogni creatura che, in ogni tempo ed in ogni luogo, si è  trovata a confrontarsi con la solitudine e la nudità, attraversando il  regno dell’inconoscibile e dell’indesiderabile.

Per chi conosce l’Astrologia psicologica possono esserci degli spiragli: la conoscenza del simbolo aiuta perché permette quella creazione di ponti che possono unire le varie parti di sé che, in quella fase si scindono facendo naufragio: la sensazione è quella di andare in frantumi alla ricerca di una via che riconduca all’unità e al senso. In genere ci si sente a pezzi, ed in effetti, la psiche va letteralmente “a pezzi” e per questo ci si sente “morire”.

Forse, l’angoscia, l’ossessione e la paranoia presenti in questi stadi servono come protezione; sono senza dubbio le difese che mette in atto la nostra psiche, sempre intelligente,  per limitare il senso di disgregazione che è in atto e che si percepisce come irreversibile.
Indicano bene la chiusura, il blocco e la difficoltà di portare la mente altrove in modo da trovare sollievo.

In questo frangente ci si rende conto che qualcosa del vecchio modo di essere è già morto - per questo si vivono la perdita e il lutto – e che le sensazioni che si avvertono sono la logica risposta all’atmosfera interna; simbolicamente si sa che avverrà lo scontro tra il vecchio – che deve lasciare ma che ancora non ce la fa – e il nuovo che vuole affiorare ma è timido, titubante e non può ancora essere incisivo con la sua presenza per dare speranza.

C’è però una parte di sé che sa che arriverà  una nuova tessitura ed infatti un giorno, quasi improvvisamente, ci si accorge che si ricomincia a pensare che abili e compassionevoli mani rimetteranno insieme i fili incrociando trama ed ordito fino a permettere la visione di qualcosa di nuovo, ma soprattutto di vitale; in pratica si confida nel fatto che siano in grado di ridisegnare un “tessuto” dal  disegno visibile o per lo meno intuibile che ridia colore e dissolva quel grigiore che testimonia l’assenza della luce nella vita interiore.

Plutone in quel momento annuncia che il tempo della rinascita è arrivato e che possiamo riappropriarci di qualcosa di importante che è parte della nostra ricchezza interiore e del nostro potere personale, unico che ci ridarà la forza di ricominciare a sperare e ad amare.




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