William Holden, nel film L’amore è una cosa meravigliosa (regista Henry King, 1955), rivolgendosi alla protagonista e parlando della moglie da cui si è separato, pronuncia una frase che per saggezza e contenuto stona con il contesto abbastanza banale del film: “Quante grosse sciocchezze vengono commesse in nome della solitudine”.
Ecco, mi piace introdurre questo pezzo su Marilyn Monroe con tali parole che riassumono una delle più grosse tragedie esistenziali individuali dell’umanità e che spiegano parecchio del dramma della diva indimenticabile.
E infatti se è vero che il male di questo secolo è il cancro e che le ferite più profonde ci vengono dalle stenosi vascolari, che a loro volta possono portare all’infarto cardiaco, certamente non è meno vero che un altro male, molto meno eclatante ma non per questo meno insidioso, oggi colpisce l’uomo, ma soprattutto la donna: la solitudine. Tutti cerchiamo di mascherarla dietro gli dei del nostro tempo: il benessere fisico, il denaro, il lavoro, le distrazioni a mezzo spettacolo, la droga, il sesso, l’amore, gli hobby. Il tutto vissuto nell’ottica del superlativo: strafare col rimedio per mascherare il male. Siamo agitati perché ci sentiamo soli e abbiamo bisogno di dimenticarlo. Ma la solitudine è dentro e non si può riscattarla ubriacandosi di tv oppure obliterandosi con il Nembutal, il sonnifero con cui morì la povera Marilyn.
Lei, Marilyn, cercò dapprima di risolvere il problema di tutti con il sesso/amore, ma quando capì che neanche un così grande veicolo era sufficiente, scelse la via della regressione e si annullò nell’alcool, nei farmaci e, forse, anche nella droga.
La prima via era quella obbligata per una creatura che, con Venere dominante al Medio cielo e la Luna altrettanto importante al Discendente, vedeva nell’amore il neutralizzatore più potente della propria tristezza. Jim Dougherty, André De Dienes, Johnny Hyde, Joe Di Maggio, Arthur Miller, Yves Montand e una schiera interminabile di amanti occasionali e di portatori di piccoli flirt sono davvero troppi uomini per 20 anni di amore (dai sedici ai trentasei).
La Luna al Discendente e una Venere forte nel tema natale sono specifiche anche di un’altra protagonista dei nostri tempi, Brigitte Bardot, simbolo del sesso al di qua dell’Atlantico. Anch’ella come Norma Jean, il vero nome di Marilyn, ha avuto numerosi mariti e tanti amanti, in un destino a tratti parallelo, il cui maggiore comune denominatore è nuovamente la solitudine. Ma nell’attrice americana la depressione assunse toni più drammatici, dovuti senz’altro al fatto che di fronte alla Luna radicale campeggiava, anch’esso dominante e congiunto all’Ascendente, Nettuno.
E Nettuno, come abbiamo più volte avuto occasione di dire, è, negli aspetti disarmonici con i luminari, il massimo significatore di psicopatologia in un oroscopo. Quando non c’è psicosi, c’è certamente grossa nevrosi e la profonda nevrosi fu certamente la compagna più triste della giovane Norma Jean impegnata nella conquista di un posto al sole e di un posto nel cuore di tanti uomini.
Una lettura freudiana del tema di nascita di Marilyn (Los Angeles, 1/6/1926, alle ore 9.30) ci impone un’analisi a ritroso delle possibili cause che hanno potuto determinare il tristissimo vissuto di questa donna poi amata da milioni di uomini. Saturno in quarta Casa, tristemente aspettato da Luna e Nettuno, è un faro al riguardo: infanzia disgraziatissima e mancanza totale dell’affetto dei genitori. Non conobbe mai suo padre, e sua madre, come i nonni materni, morì in manicomio.
Marilyn trascorse i primi anni di vita sballottata da una casa all’altra di genitori adottivi e visse anche la gelida esperienza dell’orfanotrofio. A questo riguardo, nel suo Protagoniste (editore Rusconi), Serena Foglia scrive: “Da ragazza Norma Jean teneva sulla parete della sua stanza una foto di Clark Gable, vantandosi con le amiche d’esserne la figlia illegittima. Attribuendosi un genitore bello, famoso, importante, Norma Jean tentava di riscattare il frustrante complesso da cui non si sarebbe mai liberata, d’essere nata fuori da una famiglia regolare”.
Fin qui una lettura freudiana, ma l’esperienza c’insegna che anche altri grandi psicologi hanno detto il giusto in molte cose, soprattutto Jung e Adler. E allora vediamo cosa ci “dicono” entrambi di questo tema. Jung sosteneva, tra l’altro, che molte nevrosi dell’uomo contemporaneo derivano dalla mancanza che egli ha di dei, di credi “religiosi”. Ed effettivamente bisogna ammettere, pur da un punto di vista laico, che un Di Maggio o un Miller o il successo cinematografico che Marilyn Monroe ottenne giustamente, pur se enfatizzati, non potevano sostituire la potenza di ciò che rappresentava Zeus per un antico greco, tanto per fare un esempio. Alfred Adler ci ha insegnato, in più, che gli uomini - partendo da basi complessuali - tendono ad alimentare fantasie di potenza che tradotte nel comune linguaggio stanno per ambizione.
Quella di Marilyn fu una grande ambizione, come ricordano i suoi biografi: studiava le sue foto fino alla noia, chiedeva dove aveva sbagliato, in cosa poteva migliorare, come non sbagliare più. Il suo orgoglio leonino (Ascendente a 13°15’) faceva poi in modo di non farle ripetere lo stesso errore.
Si diceva di “potenza”, ebbene Norma Jean capì presto che il suo potere era il suo corpo provocatore, il suo ancheggiare inimitabile, il suo sospirare a palpebre semichiuse, e intorno a ciò edificò il suo impero.
Chi la ritrasse nuda su una pezza di velluto rosso, in una immagine che è divenuta un cult, dichiarò che mai nessuna donna gli aveva trasmesso tanto sex-appeal attraverso le lenti di un obiettivo.
Ma, c’è da chiedersi, tanta femminilità animale rispondeva realmente al personaggio o era invece strumentale alla scalata al successo che esso si era imposto con la disperazione del vinto che vuol risorgere?
Osservando il suo tema natale ci sembra di poter dire che Marilyn Monroe non fu la femmina caldissima che la leggenda ci vuol far credere. Sì, Venere e Luna dominano nel tema insieme a Nettuno, ma questo, semmai, corrisponde al suo desiderio d’amore, non alla sua sensualità. L’appartenenza ai segni dei Gemelli e dell’Aquario (Sole 10°26’36’’ in Gemelli e Luna 19°05’42’’ in Aquario) e la posizione di Venere in Ariete non giustificano l’assunto. Moltissime volte, e questa ci sembra una, Venere esiliata in Ariete è sinonimo di ninfomania, caratteristica di chi è costretto a nutrirsi di moltissimo sesso non provando piacere, o provandone poco, quando lo consuma.
Interessante è notare, aprendo una parentesi, come funzionò il suo Giove in Casa settima: ebbe matrimoni molto felici, anche se poi naufragavano, e dimostrò sempre tanta superficialità e mancanza di senso critico ogni volta che decise di ricominciare una vita a due. Ciò va detto a beneficio di chi identifica il governatore del segno del Sagittario con una fortuna e il benessere e pensa, perciò, che Giove in settima porti matrimoni felici e durevoli.
Tornando all’anima inquieta della dolce Marilyn, registriamo ancora come il suo enorme bisogno di amicizia (Sole e Mercurio sulla cuspide dell’undicesima Casa e dispositore della prima in undicesima) la spinse, oltre agli altri fattori già citati, tra le braccia di tanti uomini.
Tra essi ci fu anche Bob Kennedy, e secondo alcuni ciò sarebbe addirittura in rapporto con la sua morte prematura: sarebbe stata uccisa, dice il detective Milo Speriglio che da anni indaga sul caso, da agenti della CIA, perché sapeva troppe cose e per questo era politicamente pericolosa.
Certamente quello della sua morte resta il mistero più oscuro dell’intera biografia: la trovarono nuda a letto, coperta da un lenzuolo, con a fianco un tubetto vuoto di sonniferi, la notte del 5 agosto 1962.
I transiti di quel giorno sembrano indicare un momento molto importante da un punto di vista sentimentale: Urano trigono a Venere (non corrisponde sempre ad avvenimenti positivi), Nettuno sulla cuspide della quarta Casa (la famiglia, la propria intimità) e Saturno sul Discendente (il compagno). Tuttavia due ipotesi sembrano le più verosimili: suicidio o errore. Quest’ultima supposizione trova la sua giustificazione nel fatto che il soggetto era entrato da tempo in una spirale farmaco-dipendente in cui veniva progressivamente a perdere il controllo del numero dei sonniferi ingeriti, aumentando la sua insonnia e arricchendosi, di pari misura, il bestiario dei mostri che la fantasia le regalava nelle lunghe ore di veglia.
Marte congiunto a Urano, in Pesci e in ottava Casa, spiega eloquentemente la morte innaturale e di natura pescina. Di natura pescina, più precisamente nettuniana, fu la sua bellezza linfatica e d’abbandono, in rapporto, appunto, alla dominante Nettuno all’Ascendente che gestì anche il suo avvelenamento cronico e poi fatalmente acuto a mezzo farmaci. Tutto ciò accadde (non la morte) mentre l’attrice recitava in film del tipo A qualcuno piace caldo, film in cui risaltava una sana gioia di vivere in una cornice di felicità che solo quella enorme fabbrica di bugie che è Hollywood poteva mettere intorno a un’esistenza tanto triste quanto quella di Marilyn, che un giorno disse: “Non sono nata per essere felice”. E forse questa è la chiave di lettura più appropriata del tema.
ASTROLOGIA IN LINEA 
