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CACCIATORE O PREDA?

a cura di Lidia Fassio
 

Avere una vita soddisfacente in cui individuare obiettivi che possano poi essere raggiunti è qualcosa che dipende in gran parte dalla combinazione Marte, Plutone e Sole. Non è un caso che questi tre archetipi si trovino schierati in Ariete, il primo segno dello Zodiaco, quello in cui simbolicamente si inizia la vita con tutto il potenziale necessario a disposizione.
Senza dubbio, una buona amalgama di questi tre pianeti può donare al soggetto una grande motivazione interiore che si esprime in un sano potere personale (Plutone), una capacità di agire in maniera efficace per potersi affermare nel mondo, unita ad una sana difesa di sé e di ciò che si è (Marte), il tutto guidato da una “luce interiore” che individua gli obiettivi e che spinge, per tutta la vita a conquistare via via sempre una maggior coscienza di sé (Sole).

Tutto ciò significa che, una volta individuato il potenziale e il progetto, sarà proprio Marte a mettere in campo quell’energia vitale e quella forza che saranno necessarie per arrivare laddove vogliamo. Non si può prescindere dal comprendere bene ciò che questo pianeta desidera da noi e la vita può darci la possibilità di combattere e di agire in modo da migliorare e rendere sempre più efficaci  le nostre azioni, oppure, in alternativa dividerci in cacciatori o prede, due categorie che stanno ad indicare un utilizzo sbagliato di questo archetipo in quanto, nel primo caso, ci si sente di dover sempre combattere contro gli altri per avere ciò che si vuole e, nel secondo caso invece, si diventa vittime della vita e degli altri.

L’uomo è dotato di un istinto aggressivo che dovrebbe però assoggettarsi alla ragione e al sentimento: due cose che impediscono di lasciarlo degenerare; è stata proprio l’evoluzione a fornirci questi strumenti facendoci passare dalla semplice difesa di ciò che è nostro alla capacità di esistere rispettando però anche gli altri e ciò che essi posseggono; in effetti, lo sviluppo del senso morale e della legge ci ha resi capaci di considerare sbagliato aggredire gli altri per appropriarci di ciò che non ci appartiene; nel tempo il Super Io ci ha fornito anche la capacità di mettere dei limiti al nostro “volere” imparando a rispettare  i diritti altrui; questo training lo impariamo attraverso l’esercizio dell’autorità che interviene con sanzioni o pene laddove l’uomo non riesce a stare dentro ai suoi limiti e a rispettare le regole comuni.

Tuttavia, sappiamo che non per tutti le cose funzionano nello stesso modo e, proprio dalla degenerazione dell’istinto di difesa e di aggressione molti si sentono autorizzati ad attaccare e a colpire fino a dominare altri soggetti che, per loro natura hanno invece un’incapacità di utilizzare lo stesso istinto, diventando così prede di cacciatori avidi e violenti. In effetti, solo nell’uomo l’aggressività può diventare distruttiva.

Eric Fromm ha distinto tre tipi diversi di società proprio sulla base dell’aggressività:

società che esaltano la vita: si tratta di sistemi  in cui gli ideali, le usanze e le istituzioni servono a preservare e a incoraggiare la vita in tutte le sue forme; in queste società la violenza e la distruttività sono ridotte al minimo; i bambini sono trattati con dolcezza, non vengono mai inflitte punizioni corporali e i due sessi sono considerati in forma paritaria. Fromm ha trovato questo tipo di società tra gli Arapesh di montagna, gli Aranda, gli Esquimesi e gli Indiani Zuni Pueblo. In queste società sono scarse la competitività e l’individualismo mentre risulta diffusa la collaborazione. Il buonumore prevale sugli stati d’animo depressivi;
società aggressive non distruttive che si differenziano dalle prime nel senso che ammettono la guerra solamente per difesa. In queste società sono  presenti l’individualismo e la competizione unitamente alla solidarietà e alla cooperazione. Esempi di questo tipo di società sono i Dakota, i Maori, gli Inca e gli Ottentotti;
società distruttive in cui sono presenti aggressione, violenza e crudeltà sia all’interno della società stessa che verso il mondo. La competitività è altissima, la proprietà privata è esaltata e la gerarchia è molto rigida. Le guerre sono frequentissime. Esempi di queste società sono gli Atzechi, o Ganda, i Witoto e gli Haida.

Possiamo vedere da questa distinzione i diversi modi di esprimere l’aggressività: da una cultura in cui viene esaltata la cooperazione, ad una in cui comincia ad emergere l’individualità fino all’ultima in cui l’individualità è esasperata e porta a combattere per ottenere ciò che si vuole anche a scapito della libertà e del diritto altrui.
Fromm sostiene che alla base di queste tre civiltà ci sono ovviamente modalità educative diverse; nelle prime società vengono esaltate la tenerezza, la solidarietà e il rispetto altrui e, di conseguenza, i bambini vengono allevati in un clima di grande serenità.
Nella terza invece, la spinta alla competitività viene esaltata fin piccoli e questo comporta che sia  il più forte e il più aggressivo a trovare dei vantaggi rispetto ai più deboli.

Ovviamente questi esempi trattano di  società semplici mentre quelle  moderne sono oltremodo complesse e, anche se a livello ideale si schierano spesso contro l’aggressività e la violenza, sul piano operativo tendono poi invece a premiarla fornendo modelli di altissima competitività e, spesso, di prevaricazione. L’aggressività difensiva è insita nel cervello sia umano che animale e prevede il suo innescarsi contro minacce a interessi vitali. Nelle nostre culture vi è molta individualità e molta competitività e, queste due peculiarità sono molto esaltate anche nei bambini.

Tuttavia, a differenza degli animali, l’uomo si presenta molto più distruttivo e, come riferiscono gli studi di antropologia, è molto più crudele di essi nonchè dei suoi stessi progenitori. Negli animali la distruttività interviene solamente allorchè sono turbati profondamente gli equilibri ambientali, soprattutto in presenza di grande affollamento che mette in discussione la sopravvivenza. Questa aggressività è programmata filogeneticamente.
Forse, la distruttività umana potrebbe essere connaturata a condizioni create dall’uomo stesso e da una degenerazione dell’ambiente che non ha più carattere di eccezionalità ma di normalità.
In un certo senso, l’aggressività, potrebbe essere di tipo adattivo, causato quindi dall’ambiente sociale nel quale ci si è trovati a nascere, non ultimo  quello familiare.
Vi è però anche un’aggressività “maligna” e “non adattiva” in quanto non nasce da una minaccia, almeno non da una minaccia presente; questa non è programmata filogeneticamente ed è caratteristica dell’uomo in quanto non  presente negli animali. Le sue manifestazioni principali vanno dalla crudeltà alla violenza e non sono connaturate all’istinto stesso bensì alla sua degenerazione.

In ogni atto di difesa o di aggressione è presente Marte il grande principio universale che è preposto a farci sopravvivere. Marte però è presente anche come “inizio” e, se non ci fosse, forse non ci sarebbe il mondo giacchè ogni inizio richiede una buona dose di istinto aggressivo. La primavera stessa che riesce a sconfiggere l’inverno è una questione marziana e proprio nella sua aggressività ha la meglio sulle forze conservative della stagione precedente. Marte è dunque uno degli archetipi fondamentali e, come sempre, è l’uso che si fa dello stesso a renderlo positivo o negativo: in effetti, il coltello (attrezzo marziano per eccellenza) serve sia a tagliare il pane che a uccidere una persona così come il coraggio può salvare una vita o metterla a repentaglio.

Spesso i problemi con questo archetipo nascono più dal suo non riconoscimento e dalla sua denigrazione. Le società “civili” tendono a non rendergli omaggio e a non lasciargli uno spazio adeguato e, per questo, le forme attraverso cui cercherà di esprimersi possono essere completamente sbagliate. Hillman parla degli archetipi rinnegati e tra questi pone in primo piano proprio il dio della guerra.

Il cattivo uso di Marte può dunque renderci “cacciatori” o “prede”: nel primo caso ci si trova di fronte ad un uso esagerato dell’archetipo dovuto inizialmente ad un eccesso di difesa che, pian piano può degenerare in una vera e propria esaltazione della violenza. Tuttavia, dietro a questi soggetti vi sono sempre grandi difficoltà nella prima parte della vita; in genere sono stati esposti essi stessi alla violenza che ha impedito loro di affermarsi e di far crescere in maniera sana il loro diritto ad esistere e ad essere. I “cacciatori” si sentono in continuazione provocati e minacciati dal mondo: sono estremamente reattivi perché temono sempre di soccombere e, per reagire a questa paura innata, abusano della loro forza e del loro diritto. L’affermazione diventa così prevaricazione e la difesa diventa aggressione perpetrate prevalentemente su soggetti che, invece, tendono a non usare il loro Marte e che, per questo, finiscono per subire e diventare vittime.

Le “prede” sono soggetti che non hanno sviluppato il loro Marte o perché sono ancora troppo piccoli (come i bambini) o perché sono fragili e deboli (come le persone con problemi) o perché hanno rinnegato questo archetipo e si sono scollegati da esso rinunciando alla difesa personale delegandola spesso agli altri. In psicologia si dice che la vittima incontrerà sicuramente un aggressore e questo ci fa comprendere l’importanza di Marte sia nella difesa personale sia nella capacità di raggiungere gli obiettivi che ci si pone nella vita. Marte è presente anche nella decima casa e nel Capricorno dove, insieme a Saturno e Urano può favorire l’autorealizzazione e la decisione nel portare avanti ciò che si è e si desidera ottenere.

Marte è la capacità di dire in maniera chiara “si, oppure no” e, quindi, collabora alla decisionalità, altra componente importante della natura umana che, proprio come vuole la freccia simbolica presente nel glifo di questo pianeta, serve a dare direzione alla vita. Non essere in grado di affermarsi significa necessariamente non raggiungere obiettivi, tendere a ritirarsi anziché a cercare di conquistare ciò che si vuole: significa in una parola non trovare la propria direzione delegando ad altri il compito di difenderci e di affermarsi anche per noi.




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