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LA FINALITÀ DELLA GELOSIA

a cura di Lidia Fassio
 

E’ stato affrontato in diverse occasioni il tema della gelosia con le sue grandi ambivalenze in cui sentimenti opposti e contraddittori si affollano con eccessi che spaziano tra “passione ed ira” e “amore e odio” che, il più delle volte, conducono a rapporti molto disfunzionali caratterizzati da controllo, dominio e tirannia.

Laddove esplode incontrastata la gelosia, il confine tra i sentimenti positivi e quelli negativi è molto labile e i soggetti non riescono a vederli in modo differenziato per cui diventa estremamente sottile anche la comprensione tra ciò che accade nella realtà e ciò che, invece, appartiene all’immaginazione.
In questi casi assistiamo alla stretta combinazione tra le pulsioni erotiche e quelle aggressive (entrambe appartenenti al simbolismo di Marte) e alla loro indissolubilità al punto da non poterle vivere separatamente dirigendole entrambe verso la stessa persona.
Sappiamo che Venere e Marte sono i due opposti e dunque, dove troviamo amore troviamo spesso anche l’aggressività che nasce dalla paura che il partner possa ferire o abbandonare.
Quando in una coppia irrompe una potente gelosia, le due persone si trovano in un rapporto altamente frustrante ed è per limitare questo stato d’animo che, per difesa, la psiche mette in moto una forza straordinaria che ha lo scopo di spingere verso una maggior individuazione. La rabbia a questo punto la fa da padrona perché spinge a separare e a far allontanare anche se, per contro, produce un tasso elevatissimo di dolore e di paura.
Ed è in questo caso che si scatena l’aggressività allorchè il bisogno che si ha dell’altro pare ostacolato da dinamiche affettive che generano stress a cui i soggetti risultano incapaci di opporsi.

Se l’attaccamento è stato di tipo ansioso/ambivalente sono sicuramente rimaste fantasie irrisolte di possesso e di simbiosi miste a paure di separazione e di abbandono (asse seconda ottava – opposizioni Marte Venere – opposizioni Venere Plutone) per cui i rapporti amorosi adulti manterranno traccia di questa duplicità in quanto, al bisogno di unione intensa con il partner si affiancherà anche il suo opposto, ovvero quello di cautelarsi di fronte ad un’eventuale separazione o abbandono che risulta insopportabile.

La gelosia si inserisce in questo contesto favorendo così stati d’animo ambivalenti e distruttivi che servono a mettere in scena rapporti fortemente caratterizzati dal controllo che è sempre l’alter ego della paura; in questo modo, da un lato si vivrà il desiderio di fusione legato però a doppio filo al terrore dell’abbandono.

In questi soggetti il vissuto affettivo infantile non ha consentito di raggiungere un vero stato di indipendenza emotiva per cui la sensazione di pienezza e la struttura interiore sono interamente delegate alla costante presenza dell’altro. Per questo la gelosia a livello psicologico non è quasi mai da imputarsi ai comportamenti del partner ma ad un vissuto esperienziale arcaico in cui regnavano fantasie di controllo onnipotente sull’oggetto d’amore tese a diminuire il dolore della separazione. In questo vissuto non è stato possibile formare un vero senso di autostima e di valore di sé poiché era costantemente inficiato dalla precarietà dell’attaccamento.

La persona gelosa ha da un lato un bisogno prepotente di instaurare dei legami intimi e duraturi ma, al tempo stesso, non è in grado di accogliere la diversità del partner poiché, nella sua psiche, non è concepibile che l’altro possa avere una esistenza e un’identità separate giacchè queste mettono in discussione il senso stesso della sopravvivenza.

L’altro diventa così indispensabile al mantenimento del già scarso equilibrio psichico per cui, esattamente come accade nella fase evolutiva di casa seconda, ci saranno fantasie “in corporative” che, illusoriamente sembrano assicurare la simbiosi con il partner. Ogni separazione e ogni differenza verranno percepite come “possibili abbandoni” e, per reazione, nasce il bisogno di controllare e di dominare l’altro e, in particolare, “i pensieri e la mente dell’altro”.

In effetti chi è geloso teme ogni momento di perdere il contatto (anche una  Luna lesa farà la sua parte evidenziando una forte dipendenza emotiva), cosa che si manifesta concretamente con il terrore di non essere presente nei pensieri dell’altro. Da qui nascono sospetti per ogni minimo ritardo o per ogni piccola mancanza perché tutto viene vissuto in senso persecutorio.

In questo caso il sentimento d’amore si sposta subito nel territorio dell’aggressività che origina dalla percezione di essere tagliati fuori, esclusi e abbandonati che nasce dalla mancanza di integrità e di equilibrio interiore.
Le fantasie persecutorie invadono e si sovrappongono alla realtà che, man mano, perde di aderenza, fino a mettere in moto reazioni del tutto spropositate ed ignote alla coscienza stessa del soggetto.
L’unica reazione corretta sarebbe quella di ricorrere ad un aiuto che consenta di sviluppare una tolleranza verso i sentimenti negativi che, non potendo  essere accettati vengono ricacciati nell’inconscio ma, in genere, si fa fronte con la negazione degli stessi poiché il Super Io teme che l’Io immaturo non sia in grado reggere l’intensità e la distruttività degli stessi per cui non resta che negare e proiettare sul partner tutti i fantasmi personali.
La persona gelosa in realtà ama e al tempo stesso combatte un rapporto che appartiene al suo passato a quel  primo amore simbiotico che è stato distrutto dall’incapacità di accettare la separazione; qualcosa che ancora costringe a non lasciar emergere i contenuti contro cui si difende anche se in modo del tutto inadeguato e, soprattutto, distruttivo.

Questi rapporti non hanno altra strada se non di diventare  tirannici nel senso che uno domina e controlla l’altro che, ovviamente si troverà a doversi difendere da comportamenti e accuse che nascono dall’impossibilità del partner di far coincidere bisogni interni con realtà esterna. Ed è allora che diventa quasi sempre necessario inserire la fantasia del “terzo e dell’intruso” quello che è rimasto intatto e mai superato nella fase edipica che è il vero responsabile della mancata crescita psicologica che ha impedito di superare il rapporto diadico approdando all’effettiva capacità di condivisione. In pratica non è mai avvenuto il passaggio dalla fase di casa quinta a quella della casa settima per cui l’oggetto d’amore deve essere ancora posseduto in modo esclusivo, anzi, praticamente “incorporato” in modo da evitare di mettere in crisi la sicurezza interna.

L’esplodere di queste dinamiche in tutta la loro drammaticità lascia però intravedere l’enorme potenziale risolutorio della psiche che, come diceva Jung, tende a scompensarsi laddove permangono degli irrisolti aprendo così la porta ad una eventuale, possibile risanazione.
Jung si differenzia dai suoi predecessori proprio nel costante interrogarsi sulle finalità delle dinamiche psichiche vedendo in esse un continuo tentativo di portare ad un vero equilibrio.

La gelosia ha come finalità quella di mettere l’individuo a contatto con la sua Ombra riportando sulla scena quei vissuti che in essa albergano e che sono riferiti alle prime esperienze infantili per avviarlo ad un confronto autentico con la propria aggressività e distruttività  che consenta di infrangere una volta per tutte “l’illusione di un amore simbiotico, idilliaco ed eterno” rimettendo tutto in  discussione per dar vita ad un rapporto in cui il confronto con l’altra persona consenta l’accesso a nuove possibilità di crescita.




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