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CINEMA TRA FANTASIA E IMPEGNO

a cura di Francesco Astore
 

Sarà la configurazione astrologica decisamente rara, oppure causa dei tempi di crisi che inducono a creare immagini di stupefacente evasione a occhi aperti o, ancora, più specificatamente, sarà merito della lunga sosta di Giove nel segno dove è esaltato (il Toro, segno del Cinema), ma mai come in questa primavera 2012, assistiamo a un’intensa quanto variegata proliferazione di opere cinematografiche entusiasmanti, degne di essere analizzate alla luce dei nostri astri.  

Il primo film che merita di essere visto (e letto a lume di Zodiaco) è senz’altro The Marigold Hotel, diretto dall’inglese John Madden. Lo interpretano, regalandoci una magistrale, godibilissima prova di recitazione, alcuni mostri sacri del cinema e del teatro britannici. Sono i tre camaleontici Sagittari, Judi Dench (9 dicembre 1934), Tom Wilkinson (12 dicembre 1948), Billy Nighly (12 dicembre 1949), accompagnati egregiamente dal Toro Dev Patel (23 aprile 1990, protagonista dell’acclamato Slumdog Millionaire) e, infine, dal comprovato, vero animale da palcoscenico, la Capricorno Maggie Smith (28 dicembre 1934).

Il film racconta le vicende di un gruppo di anziani che si lasciano tentare da un viaggio in India, alla volta di un resort non ancora ultimato, dove poter trascorrere l’ultima parte delle loro vite. Per tutti si tratta di vite fallite, disilluse, e questo viaggio pare configurarsi come una sorta di ultima spiaggia dove poter aspettare la fine. Questo sembra l’esito, all’arrivo del semi-diroccato Hotel, del viaggio in quei territori lontani, nonostante le strampalate promesse di Sonny Kapoor (lo spassoso Dev Pavel). Da un fantastico hotel di lusso gli attempati viaggiatori dovranno rassegnarsi a soggiornare in un albergo di pretese molto più modeste.
L’India (mare immenso da cui lasciarsi avvolgere per poter riemergere rinati o per soccombere facendosene avviluppare), riserverà a molti di loro la sorpresa di una splendida rinascita, l’occasione di poter rifondare le loro esistenze ripartendo da basi spirituali di più convinta umanità.

Succede così che Evelyn, (una strepitosa Judi Dench) lasciata senza una lira dal marito defunto, debba inventarsi un nuovo lavoro scoprendo in vecchiaia un amore delicato e romantico; che Muriel (Maggie Smith) si liberi dai pregiudizi importati dal vecchio continente e riassuma il controllo della sua vita (e del nuovo Hotel), con fiera determinazione; che il giudice Graham (Thomas Wilkinson), unito segretamente da un legame di gioventù con un indiano del posto, ritrovi l’uomo amato al termine della sua vita.
Coloro che accolgono in sé il respiro del cambiamento che l’anima della terra indiana muove, si lasceranno il passato alle spalle per re illuminarsi di nuova vita in un mondo nuovo. 

Il film, uscito nelle sale italiane il 30 marzo, attinge a piene mani dalle acque di Nettuno in Pesci, facendo affiorare l’esaltante fascino della fuga, fuga come tuffo nell’incognito e viaggio verso la metamorfosi, fuga intesa come coraggio di rischiare, di ritornare a sentirsi vivi per amare anche a settanta e a ottanta anni. E il legame di trigono che Saturno, pianeta della vecchiaia, intreccia con Nettuno costituisce il supporto indispensabile affinché la durata si affianchi qui al cambiamento, quando non proprio, espressamente, alla rivoluzione. 
Il simultaneo transito di Urano nei primi gradi dell’Ariete, accompagnato, al momento dell’uscita del film, anche dal Sole in congiunzione, stimola per virtuale, infuocato trigono i gradi iniziali del Sagittario che lì, geograficamente, collocano l’India, dove la vicenda è ambientata, inneggiando ai suoi colori, ai suoi profumi, alla sua mistica.

Diverso, ma sempre convogliato nell’alveo di questo passaggio celeste, è l’ultimo film, girato a Roma, dell’Aquario, Ferzan Ozpetek, Magnifica Presenza. 
Protagonista versatile, allucinato, convincente, il bilancino Elio Germano, interpreta Pietro, un giovane gay, pasticcere in cerca di una sua dimensione affettiva, assetato d’amore. Pietro è innamorato pazzo di  un certo regista famoso, lo sogna, lo insegue, lo perseguita. Tanto che il regista è costretto, con una durezza un po’ crudele,  a rompere il castello di illusioni sentimentali che il povero pasticcere si è costruito.
Scopriamo (detto tra parentesi) in questo frammento del film, quasi un’allusione autobiografica, una nota di vissuto personale su quanto a Ferzan Ozpetek stesso accada (o possa essere accaduto).
Il ragazzo trova una deliziosa casetta antica con piccolo giardino nel quartiere romano di Monteverde, dimora che lo cattura all’istante, ma ben presto scopre (e il suo turbamento è massimo!) che l’appartamento è abitato da un gruppetto di fantasmi (una compagnia teatrale di attori).
Il clan condurrà poi mano a mano il protagonista verso una vero e proprio giallo all’epoca delle famigerate deportazioni nazifasciste degli ebrei romani.
Il giallo verrà in ultimo svelato e la vicenda coinvolgerà lo stesso protagonista, il quale ha velleità di attore e che accetterà, infine, di entrare in contatto con questi fantasmi, diventati i suoi nuovi conviventi e amici.

I Pesci/Casa 12^ corrispondono all’aldilà, al mistero della morte e alla possibile vita oltre la morte, all’apparizione e all’evocazione degli spiriti.
Il richiamo che Nettuno Pesci rivolge a tutte queste simbologie ci appare lampante, chiarissimo.
Mistero che la 12^ ci pone e che non è detto non si presti ad essere svelato, dissolto, rivelato.
Come in effetti avviene nel film.
Il mistero della clamorosa scomparsa della compagnia teatrale (Pesci come fuga, sparizione) sarà compreso. E avverrà grazie alla magica decompressione del Tempo (sempre il Tempo lento, lineare, Y, quell’Y razionale, lo scorrere definitivo degli anni e dei secoli, dell’opposta Vergine), che Nettuno in Pesci manifesterà.
Circolare, invece, sarà la dimensione temporale nettuniana e coinvolgerà il protagonista del film, in un appassionante concerto con gli attori, in cui il passato si intreccia al presente, immergendolo in una densa partecipazione emotiva-affettiva. 

E del resto il film si conclude sospeso, coerentemente, sulla scena dell’atemporalità di una rappresentazione teatrale, estremo spettacolo del dramma della vita, del suo mistero fatto di amore e morte.

Completamente diverso l’argomento che viene toccato da un altro bel film italiano attualmente in circolazione, si tratta dell’incisivo Romanzo di una strage, del Bilancia Marco Tullio Giordana.
È un tentativo di ricostruzione (romanzata, come ammesso dallo stesso regista, tratto dal libro di Paolo Cucchiarelli), della tristemente celebre strage, avvenuta a Milano, in Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969.
Collegate a quella strage furono l’assurda fine dell’anarchico Giuseppe Pinelli e l’attentato del commissario Luigi Calabresi e, naturalmente delle loro due morti rimaste a tutt’oggi irrisolte, cui il film tenta di dare una spiegazione o meglio proporre piste e possibilità ancora aperte di uno svelamento.
Seguendo il filo delle ipotesi intessute nel libro, si prova a dare una concatenazione agli eventi nel primo atto di quella tragica stagione definita poi gli “anni di piombo” che proseguirà per tutti gli anni ’70 (e ancora oltre).
In questo senso va riconosciuto al film il merito di aprire i canali di un’informazione sul tragico avvenimento di più di quarant’anni fa, di un’analisi che, per il momento, prende la forma del racconto e della rappresentazione filmica.
Vanno apprezzati i due principali attori del film: il bravissimo Aquario Valerio Mastrandrea che interpreta il commissario Calabresi mentre, lo straordinario, Vergine, Pierfrancesco Favino si cala nel difficile ruolo di Pinelli.

Astrologicamente, nel giorno dell’attentato, colpisce l’aspetto di quadratura tra Marte a 27° dell’Aquario e Nettuno a 29° Scorpione: la violenza fanatica è tanto più intensa quanto più coinvolgente due segni rivoluzionari ad opera di due forze planetarie dirompenti, per ribellione allo status quo, per intenzione di mutare la realtà con mezzi di inaudita ferocia e crudeltà.
Una simile configurazione celeste non basta a spiegare certo gli intricati processi che hanno determinato l’efferata strage, quel che risulta interessante, per lo studioso morpurghiano, è il centrare, con un doppio aspetto negativo marziano – nettuniano, il luogo dove l’avvenimento si verificò, la città di Milano che potrebbe collocarsi, geograficamente, sui gradi centro finali del Toro.

Un altro capitolo della cronaca italiana, questa volta più recente, tocca il film-documentario Diaz, girato dal Pesci Daniele Vicari. È un film coraggioso e riuscito (bisogna riconoscerlo “tutto” questo merito al regista!), muove sentimenti contrastanti nell’animo dello spettatore, film che, indubbiamente, ha il potere di scuotere le coscienze, di far risaltare il concetto di giustizia, di legalità, di ritornare a discutere sul “concetto di democrazia” in Italia.

Nel film compaiono molti attori senza che alcuno assuma il ruolo di interprete principale.
Il Cancro Claudio Santamaria, formidabile nel ruolo del poliziotto costretto a intervenire (malgrado l’intima tentazione di non farlo), ci dimostra la lacerazione morale presente (in alcune), di quelle ottuse forze dell’ordine, quella notte. Ancora una volta molto bella la caratterizzazione di Elio Germano, un giornalista del bolognese Gazzetta rimasto coinvolto nella notte del vile agguato e portato poi in ospedale. Infine, ricordo la stupenda interpretazione del partecipante al corteo di Genova, nostalgico delle dimostrazioni del passato (anch’egli torturato e ferito), del Vergine Renato Scarpa.

Diaz riassume un’altra storia di assurda (purtroppo ordinaria), violenza che si verifico, la notte del 21 luglio del 2001, in una Genova presidiata dalle forze dell’ordine a nel vertice mondiale dei capi di stato e di governo del G8. I pacifici occupanti (ragazzi venuti da tutta Europa, giornalisti), di una scuola (la Diaz, appunto), furono assaliti e torturati (secondo la ricostruzione che ne fa il film) da una polizia idiota e brutale, come ritorsione e autentica vendetta agli attacchi degli altrettanto furiosi black bloc (i famigerati individui in nero, ciechi  provocatori di distruzione) avvenuti nei giorni precedenti.
Il sottotitolo del film (da vedere assolutamente per il mirabile tentativo di ricostruzione storica della vicenda) è “Don’t clean up this blood”, ovvero “Non ripulite questo sangue”, in altre parole, lasciate che la prova di un delitto che ricade come un’onta infame, come un marchio vergognoso sulle forze dell’ordine italiane, “si veda”, costituisca “la prova” di un simile atto inutile e malvagio.

Secondo Amnesty International la violenza compiuta alla Diaz fu “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra mondiale”.
Chi vedrà il film, durissimo per quanto concerne la cruda dimostrazione di come normali poliziotti possano trasformarsi rapidamente in branco di belve feroci, dall’atteggiamento carognesco, avrà ampiamente modo di rendersene conto. 

Nella notte tra il 21 e il 22 luglio i transiti dei pianeti erano piuttosto esemplari.
Plutone e Marte erano congiunti nel Sagittario, facendo presagire una carica di violenza spropositata e irrazionale, quella violenza che, di fatto, bersagliò, con una opposizione netta, Saturno e Venere (azione pacifica) a loro volta congiunti in Gemelli.  Nel mirino di questa opposizione ci furono, infatti, i ragazzi, i giornalisti, l’opinione pubblica (tutte simbologie inerenti al segno dei Gemelli). Il clamore internazionale suscitato è, invece da ricercarsi nella dialettica col Sagittario (segno del “lontano” dove stavano transitando Marte e Plutone).

La città di Genova, teatro della vicenda, apparterrebbe, secondo l’astrologia geografica, al segno della Vergine ferito dalla lesione di Saturno (in quadratura dai Gemelli) e di Plutone e Marte (in quadratura dal Sagittario).

La simultanea presenza di Urano e Nettuno (rispettivamente in domicilio e in esaltazione nel segno dell’Aquario) propose il desiderio di cambiamento della società, e fu all’origine del movimento di Seattle del 1999, dove si parlò, per la prima volta di un futuro diverso, al di fuori della disinvolta speculazione economica finanziaria, del processo di globalizzazione e delle politiche neoliberiste, in nuovo pensiero politico idealistico dove “un altro mondo era possibile”.

Attualmente, con Saturno in Bilancia al trigono di Venere in Gemelli (e tra un mese anche con Giove che passa nel terzo segno), la sensibilità della società si indirizza nella richiesta di chiarezza (che sarà soddisfatta o no), su alcuni avvenimenti del passato rimasti ancora insoluti, si concentra nella voglia di fare informazione seria, si dispone a invocare giustizia.

E alcuni autori cinematografici, come Giordana e Vicari, riescono a interpretare efficacemente, con i loro film, i segnali di questa richiesta collettiva. 




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