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CLOUD ATLAS : TUTTO È CONNESSO

a cura di Luna
 

“Ogni crudeltà, ogni gentilezza che compiamo, formeranno il tracciato delle nostre prossime vite”
E’ questa la frase che nel film “Cloud Atlas” viene ripetuta sistematicamente da una dei protagonisti. Un film oggettivamente difficile da seguire e comprendere nelle sue infinite sfaccettature, ma straordinario nelle sue prepotenti simbologie. La trama è intessuta sulle storie di 6 personaggi che, vita, dopo vita, esperienza dopo esperienza, si reincarnano per risolvere i propri problemi, per poter perfezionare il proprio carattere. Lo spettatore viene sommerso da un’ alternarsi di epoche, personaggi, storie, apparentemente slegate fra loro, ma che conducono, alla fine della proiezione, ad un solo concetto: “non esiste differenza, fra passato, presente e futuro; non c’è inizio e non c’è fine, tutto è connesso”.

Le epoche attraversate dal film dei fratelli Lana e Andy Wachowsky  (i registi di Matrix, tanto per intenderci) e di Tom Tykwer (Profumo – 2009 The International) vanno dal 1839 al 2321. Nei vari episodi vengono trattati argomenti come razzismo (1839), omosessualità (1936), strapotere delle aziende energetiche (1972), l’emarginazione degli anziani (2012), la dittatura esercitata dalle multinazionali (2144), le organizzazioni religiose (in un post-apocalittico 2321). Ma, e sottolineo ma, non è un film che vuole davvero affrontare questi argomenti. Li usa solo per dare un senso all’evoluzione o involuzione dei sei personaggi che reincarnandosi, di volta in volta, affrontano le proprie paure, il proprio fragile o forte carattere a volte con successo; altre, riuscendovi solo in parte, oppure… fallendo miseramente. Il vero messaggio della pellicola è proprio questo: il pieno successo o la parziale riuscita o il totale fallimento stabilirà il percorso della vita successiva.
Il cast è di gran livello: Tom Hanks, Halle Berry, Hugh Grant, Susan Sarandon, Hugo Weaving, Jim Broadbent, Jim Sturgess, Bae Doona.

Non è un film per tutti. I materialisti, le menti strettamente scientifiche, le persone con il paraocchi, si astengano dal guardarlo. Non capirebbero il messaggio del “tutto è connesso”. Devo togliermi il cappello (si fa per dire) di fronte ai registi, i quali, facendo uno straordinario zapping fra un’epoca ed un’altra, rendono ancora di più l’idea che passato, presente e futuro sono fusi tra di loro. Lo spettatore viene catapultato in questo caleidoscopio spazio-temporale, dove si passa dal futuro, al presente, dal presente al passato, dal passato al futuro senza un ordine preciso, senza apparente logica.

Mi viene spontaneo citare la frase d’inizio della grande saga letteraria di Robert Jordan “La ruota del tempo”. “La ruota del tempo gira e le Epoche si susseguono, lasciando ricordi che diventano leggenda; la leggenda sbiadisce nel mito, ma anche il mito è ormai dimenticato quando torna l’Epoca che lo vide nascere. In un’Epoca chiamata da alcuni Epoca Terza, un’Epoca ancora a venire, un’Epoca da gran tempo trascorsa. Non c’è né inizio né fine, al girare della Ruota del Tempo.”

Nella pellicola, i personaggi vivono nelle diverse epoche esprimendo di volta, in volta,  paura, violenza, empatia, avidità, coraggio, egoismo, amore o malvagità. Alcuni si evolvono nel susseguirsi delle reincarnazioni, altri meno, qualcuno regredisce. Ed è davvero affascinante vederli nei loro percorsi, nelle loro scelte, nei loro successi o nelle loro cadute, nel trovare il coraggio o cedere alla vigliaccheria. Ho trovato interessante, anche se non originalissimo, che nell’episodio del futuro 2321, dopo un probabile avvenimento catastrofico che i protagonisti chiamano “la caduta”, i sopravvissuti  vivano in un mondo tornato di fatto all’epoca del ferro. Formano piccole comunità, abitano in case di pietra, usano coltelli e rozze spade, si vestono di pellame poco conciato e di lana grezza. E’ tornato il cannibalismo e le razzie più violente fra una tribù e l’altra. Ma il tocco di genialità consiste nel fatto che questi esseri umani parlino un linguaggio approssimativo, una comunicazione che nei tempi moderni potrebbe appartenere ad un bambino di 3 anni leggermente ritardato. Forse per far notare che davvero è un mondo appena rinato, primario sia nella civiltà, sia nella conoscenza che nella parola. Un tempo nuovo aperto a qualsiasi tipo di  possibilità e sviluppo.

Gli antichi consideravano il tempo come un sentiero che può essere percorso in due direzioni, all’indietro ed in avanti. Essi, inoltre, percepivano le loro visioni come possibilità che si sarebbero attuate se le circostanze presenti non fossero state cambiate.
I loro vaticini, le loro profezie, non erano quindi condanne a breve o a lunga scadenza, ma avvertimenti che avevano lo scopo, quando riguardavano fatti negativi, di avvertire che se non si fosse cambiata la “rotta” non li si sarebbe potuto evitare.
La reincarnazione, questo grande mistero, questa grande incognita sulla quale, le umane genti si dividono in credenti o detrattori. Di certo, la massima parte delle religioni la contempla, la rispetta, la teme. Compresa la nostra, la religione cattolica. Stupiti? Non siatelo affatto: i primi cristiani non rifiutavano certo il concetto della stessa. Fu Costantino, un imperatore romano, che costrinse i cattolici, durante il Concilio di Nicea del 325 d.c., a cancellarne qualsiasi riferimento nei testi sacri. Trasformò così, indirettamente,  la trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro, in un  “Inferno” o “Paradiso” per l’eternità ( Il purgatorio se lo sono inventato più tardi, nel 1274), a seconda del comportamento tenuto nella vita attuale. Un bel mezzo per avere il potere assoluto con la più grave delle minacce: se farete i cattivi, se vi ribellerete alle leggi civili e religiose, sarete arrostiti fino alla fine dei tempi e anche oltre….

Gli antichi greci e anche i romani, invece, ne parlano tranquillamente. Dice Ovidio ( poeta romano - 43 a.c.) “E qua e là lo spirito disincarnato vola… da una dimora all’altra gettato e l’anima è ancora la stessa, solo la figura è persa, e come la cera ammorbidita riceve un nuovo sigillo, assume quel volto e lascia quella impressione, ora chiamato con un nome, ora, con un altro, la forma soltanto è cambiata, la cera, è sempre la stessa.”
Secondo Platone la reincarnazione consente di spiegare anche l’innatismo della conoscenza, concezione attraverso la quale l’apprendimento consiste propriamente nel ridestarsi di un sapere già presente in forma latente nella nostra anima, ma che era stato dimenticato al momento della nascita ed era perciò inconscio: conoscere significa dunque ricordare.

Fra le varie teorie, c’è anche quella proposta dalla meccanica quantistica che ammette la possibilità di eventi diversi nello stesso momento. Scienziati come Wolf e Feynman hanno relazionato quest’aspetto della meccanica quantistica con la vita quotidiana, ipotizzando l’esistenza di molteplici risultati possibili per ogni singolo evento. Mi spiego meglio attraverso le possibilità proposte dai giochi interattivi. Li avete presenti? Se nel gioco scegliete l’opzione B anziché la A andrete a finire in una situazione ben diversa da quella che avreste determinato con l’altra opzione.  La situazione sarà migliore o peggiore a seconda della scelta che avrete effettuato. Questi giochi e le loro  varie opzioni sono però stati decisi in precedenza dal loro programmatore e tutte le scelte effettuate dai giocatori sono quindi già state contemplate, compresi tutti i diversi possibili finali.
Questa ipotesi quantistica implica quindi che ogni possibilità sia già stata creata ed è presente nel nostro mondo.
Hugh Everett III, fisico dell’Università di Princeton, studiò l’ipotesi di universi paralleli e chiamò “punto di scelta” il momento in cui si poteva sovrapporre un effetto all’altro nel corso di un evento.
Il punto di scelta è una possibilità d’apertura di un varco, di un ponte che permette di cambiare sentiero per passare al risultato di un universo parallelo: in sintesi è un “qualcosa” che ci permette di effettuare un salto quantico da una sequenza di effetti già sperimentata ad una nuova sequenza dall’esito differente.

Le persone spesso si lamentano della loro condizione, del loro stato affettivo, professionale od economico e non si rendono conto (salvo pochissime eccezioni) che il loro presente è stato determinato dalle scelte che, di volta in volta, hanno effettuato. Forse a causa delle loro paure, o di presunti impedimenti (quasi sempre alibi), o di eccessivo entusiasmo. Sia come sia, noi siamo responsabili di quanto ci accade o ci è accaduto, a causa del percorso che abbiamo deciso di intraprendere o di evitare. Se la persona non cambia, non cambieranno le sue scelte, e, di conseguenza il suo futuro.

L’astrologia umanistico-evolutiva lo insegna molto bene. I transiti possono aiutarci od ostacolarci, ma saremo noi a dover prendere al volo un’opportunità, saremo noi a dover cambiare questo o quell’aspetto del nostro carattere, saremo noi, a seconda dei casi, a dover trovare il coraggio di andare avanti o di fermarci in tempo. Il libero arbitrio esiste eccome! Sono convinta che nella vita di ognuno di noi ci siano solo pochissimi “punti fermi”. Li chiamo “appuntamenti della vita”.  Dovremo andare in quel posto, dovremo incontrare quella persona, dovremo capire e fare nostra questa o quella filosofia, dovremo intraprendere questa o quella professione, perché è stato deciso dal “destino” che attraverso quella persona, filosofia, professione o altro, noi contribuiremo, nel nostro piccolo, al grande disegno della vita di tutti. Tutto il resto dipende dalle nostre scelte.

“La nostra vita non ci appartiene, siamo legati ad altri, nel passato e nel futuro” dice un personaggio del film. Aggiunge anche “La nostra vita e le nostre scelte, ogni singolo incontro suggerisce una nuova potenziale direzione”.
Per quanto detto, il futuro non è deterministicamente stabilito in ogni singolo particolare, ma può essere cambiato. Ciò può avvenire se si attiva una forza sufficiente a far spostare la scelta su eventi paralleli nei momenti in cui ci sono collegamenti nella rete degli avvenimenti stessi.

Penso che questa pellicola, fra l’altro accolta con scarso entusiasmo dai critici cinematografici, (nonostante la magistrale interpretazione degli attori protagonisti), possa costituire un’opportunità per riflettere ulteriormente su chi siamo o cosa facciamo. Anche se non credessimo affatto alla reincarnazione (non è obbligatorio) potremmo fare di questa nostra vita qualcosa di migliore per noi stessi e per chi ci circonda.  E se anche tenessimo a mente che “ogni singola crudeltà o gentilezza determinerà il tracciato delle nostre vite future” magari trasformando (se proprio insistete) l’ultima frase in “determinerà il tracciato di questa singola vita” non faremmo del male né a noi, né agli altri.

Cloud Atlas è un film da non perdere e da non sprecare, esattamente come la nostra vita. Buona visione.




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