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L'UOMO DELLE STELLE

a cura di Luna
 
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Confesso Vostro Onore! Sono una cinefila. Sì, amo perdutamente la cinematografia. Questo non fa certo di me la massima esperta mondiale ma una vera appassionata della settima arte. Nella mia personale “top ten” dei film  più belli degli ultimi 30 anni ci sono quattro film italiani: “Nuovo Cinema Paradiso”, “La Leggenda del Pianista sull’Oceano”, “Una Pura Formalità”  e “Mediterraneo”. 

Tre di questi film sono di Giuseppe Tornatore. Un regista siciliano nato a Bagheria il 27 Maggio 1956 alle ore 13. Figlio di Peppino Tornatore, un sindacalista della CGIL, sente subito dentro di sé, un’autentica vocazione per le immagini, le fotografie, e, soprattutto, le immagini in movimento: documentari, reportage e film. Tornatore comincia a lavorare fin da bambino. Dichiara, durante un’ intervista effettuata in una pausa tra le riprese di “Baaria”, che già a 6-7 anni dopo la scuola, andava ad imparare un mestiere presso un falegname di Bagheria. A 10 anni faceva il proiezionista nel Cinema del paese. Ha dichiarato recentemente che il suo giorno più bello non fu, come era facilmente prevedibile, quello della consegna dell’Oscar per “Nuovo Cinema Paradiso”, ma la prima volta che fece il proiezionista in quel cinematografo. Appare parecchio evidente che quel film sia più autobiografico di quanto non ammetta il regista. Esattamente come Totò, il protagonista del film, adora il cinema. Come lui, ancora bambino, inizia a lavorare facendo il proiezionista. Compera una macchina fotografica e scatta foto a ripetizione. Qualche anno dopo, acquista una piccola cinepresa e inizia a fare documentari, proprio come Totò. La differenza era che lui fece reportage sulla macellazione delle mucche, mentre Tornatore lo fa sulla realtà quotidiana di Bagheria, un posto non facile dove vivere un’infanzia. Una quotidianità strettamente intessuta con povertà, delinquenza, semplicità, ignoranza ed…una straordinaria bellezza. Colori, odori, suoni, sapori così vivi da risultare indimenticabili per chi è cresciuto in mezzo agli stessi. Siamo nel 1956, la guerra è finita da poco e le macerie materiali e morali non sono state ancora sgomberate del tutto. 

Qualche anno fa raccontò i suoi esordi e la sua passione: "Avevo dieci anni quando ho cominciato a usare la macchina fotografica. Da allora, per circa un decennio, è stata per me una specie di indumento, qualcosa che si indossa necessariamente la mattina prima di uscire per strada, qualcosa senza la quale non puoi muoverti, qualcosa di molto simile alle scarpe".  Dichiara ancora: “Anni di pedinamenti e appostamenti mi hanno insegnato ad osservare la gente, a studiarne le espressioni e i movimenti, sino a prevenirne quasi le azioni, sino all'illusione di condizionarne il comportamento. Anni in cui ho scoperto che se fotografi uno sconosciuto, nell'istante stesso in cui fai scattare l'otturatore, quella persona smette di esserti estranea, perché la porterai sempre con te”. Un desiderio dunque di fermare, immortalare un gesto, un viso, un’emozione, un oggetto, un panorama, perché possa essere eterno, perché non lo si possa perdere mai. Come non vedere in questo la sua Venere Cancerina? Certo, il Cancro, il segno dell’infanzia, della mamma, delle radici emotive, del suol natio come origine e la naturale estensione alla Madre Patria. Il segno del ricordo, del passato, della nostalgia per ciò che è stato e non tornerà più.

Molti anni fa, leggendo “Il Gattopardo”, ho imparato che nella lingua siciliana non esiste la coniugazione al futuro. L’incredibile connessione con il fato, con la morte che è inciso nella struttura del DNA di quella meravigliosa terra, è splendidamente inserito nei film di Tornatore. Nelle sue opere, pur molto diverse fra di loro per soggetto e personaggi, questa tematica è sempre presente. Il ricordo, la malinconia, l’infelicità, le psicosi, l’amore tormentato, a volte tradito, a volte impossibile a viversi, sono sempre compresi nella trama. Fa dire a Peppino (uno dei  protagonisti di Baaria) al figlio che gli chiede perché lui, il padre, ha un cattivo carattere: “Noi volevamo abbracciare il mondo, ma avevamo le braccia troppo corte”. Come sempre, nei suoi film, il sogno si spezza contro una realtà troppo dura. Come sempre, un futuro migliore non può esserci, esiste solo la ripetizione di dolori del passato, forse ristrutturati, a volte colorati di nuove tonalità, ma, alla resa dei conti, sempre gli stessi. Anche nel bellissimo “La Migliore Offerta”  interpretato fra l’altro da un eccezionale Geoffrey Rush, il protagonista guarisce sì da una psicosi relativa al contatto con gli altri in generale e con le donne in particolare, ma anche se imparerà ad amare, il prezzo pagato sarà troppo alto, tanto da essere davvero la Migliore Offerta per poter guarire. Un piccolo aneddoto: nel film la scena dove il protagonista, mentre sta camminando in mezzo ad una strada, viene picchiato e derubato  (come spesso capita nei suoi film ) è tratta da un episodio avvenuto realmente al regista nell’estate del 2007. Stava tornando a casa sua a Roma, nell’Aventino, dopo ore e ore di lavoro. Era sera, a pochi metri dal cancello viene aggredito brutalmente da due giovinastri e picchiato fino allo svenimento solo per rubargli il portafogli e poche altre cose. E’ stato soccorso da un passante, ma non ricordava nulla di quanto accaduto. Gli ci è voluto un po’ di tempo perché si potesse riprendere e poter così ricostruire la vicenda. Esattamente come è capitato a me, quando ho cercato informazioni sulla sua vita privata. Praticamente impossibile scovare non dico gossip, ma pure e semplici informazioni sulla stessa. Con una serie di incroci di notizie, mai date direttamente da lui, ho ricostruito il fatto che è sposato e che ha una figlia. Il tutto fino a pochi anni fa, quello che, eventualmente, è successo dopo, non mi è dato sapere.

Decisamente schivo il nostro regista, più un Cancro che non un Gemelli, nel raccontare di sé. Un carapace molto resistente il suo quando si chiude difendendo la sua vita privata. In effetti i suoi Sole e Mercurio in Gemelli si oppongono a Saturno, aspetto questo che non lede certo la grande intelligenza del cineasta, ma limita fortemente l’allegria e la leggerezza del segno. Rimane comunque un Sole in casa 9^ e si può tranquillamente affermare che Tornatore è quasi più famoso all’estero che non in Italia. Ha girato film totalmente in lingua inglese doppiandoli successivamente per il pubblico italiano. Quel Mercurio Gemelli, così curioso, vivace, intelligente, lo ha sicuramente aiutato nella stesura delle sceneggiature, dei copioni. Salvo poche eccezioni, infatti, è lui stesso a scrivere la trama ed i dialoghi e lo fa in modo straordinario. Torno con la mente a quello che io considero un capolavoro: “La leggenda del pianista sull’Oceano” liberamente (molto liberamente) tratto dal romanzo “Novecento” di Baricco.

Il dialogo finale del pianista Novecento con l’amico trombettista Max, prima di farsi esplodere con la nave, è a dir poco straordinario. Uno dei più bei dialoghi sentiti tra migliaia e migliaia di film che ho visto. Max gli chiede perché lui non sia mai sceso dalla nave. Mai, in tutta la sua vita. Novecento risponde: “Tutta quella città... non si riusciva a vederne la fine... La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Non è quello che vidi che mi fermò, Max. È quello che non vidi. Puoi capirlo? Quello che non vidi... In tutta quella sterminata città c'era tutto tranne la fine. C'era tutto. Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo. Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai... Quella tastiera è infinita. Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Ma dimmelo, come fate voialtri laggiù a scegliere. A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità? A viverla... Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo passava, ma non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo. La Terra... è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Non scenderò dalla nave. Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti, è come se non fossi mai nato.”

Certo, la trama principale è di Baricco, ma la stesura finale è di quel Mercurio Gemelli così bello e brillante posto nella casa nona. Una casa che non ama né confini né restrizioni, e Tornatore, ottimo cronista della vita, i limiti li fa vivere solo ai protagonisti delle sue pellicole, ma non li pone certo a se stesso ed alla sua grande sensibilità da artista del cinema.

Sembra che la sua pellicola preferita sia “Una pura formalità”. Non è un film per tutti. Per alcuni versi somiglia a “Il processo” di Kafka, prendendo però spunti da “Sesto senso”. Molto profondo, molto dentro l’intimità emotiva dell’uomo. Un’indagine svolta sull’anima di uno scrittore (Depardieu) che solo alla fine del film si rende conto di essere morto suicida e che l’interrogatorio si svolge nell’aldilà.
Un personaggio davvero notevole il nostro regista. Il suo tema natale esprime un sacco di contrasti. La grande generosità che lui fa confluire nelle immagini e nei dialoghi lo dobbiamo indubbiamente a Giove in Leone. Esattamente come l’imprinting da “Colossal” che conferisce a tutti i suoi film. Per “Baaria” ha ricostruito in uno stabilimento cinematografico vicino a Tunisi, mezza Bagheria e mezza Palermo, adattando il tutto allo scorrere degli anni, visto che il film copre circa 40 anni della vita dei protagonisti. Il suo modo di essere molto pignolo nei più piccoli particolari lo vediamo nell’ascendente Vergine, mentre il suo essere un “piccolo dittatore” quando è dietro la cinepresa è riconoscibile nell’ambiziosa ma pragmatica Luna Capricorno. Purtroppo l’opposizione della stessa Luna a quella tenerissima Venere Cancro, sull’asse IV-X casa, costituisce l’asse portante del carattere del regista. Quella che è definita “l’asse dell’infelicità” si evidenzia quando i pianeti si oppongono proprio fra queste due case. Da una parte il desiderio di volare alto, di andare lontano, di affermarsi, di stare in piedi da soli. Dall’altra il richiamo alla terra natia, alle origini emotive ed affettive. Un tiro alla fune fra due parti di sé totalmente in contrasto. Come non vederlo nelle opere del grande Tornatore. Gira per il mondo, parla altre lingue, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso (Marte Aquario) da proporre al pubblico, per poi tornare sempre lì nella sua splendida e calda terra siciliana. Tornatore, un nome, un destino… lui torna sempre indietro, alla sue radici, ai suoi valori, alla sua Baaria.
Buon Compleanno Giuseppe.




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