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HAMMAMET - L'ULTIMA SPIAGGIA DI CRAXI

a cura di Elena Cartotto
 
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Chi conosce la dialettica insita nello Zodiaco, meraviglioso strumento di analisi della vita, anche di quella artistica in tutte le sue espressioni, sa che non si può considerare una casa o un segno senza pensare, con immediatezza, al loro opposto. E’ quindi curioso, ma astrologicamente lineare, che sia stato proprio un uomo della Vergine con tanto di stellium nel segno, ossia l’attore Pierfrancesco Favino, a calarsi in modo magistrale in un uomo dei Pesci, Bettino Craxi, ugualmente portatore di uno stellium nel segno. I due Soli sono in opposizione quasi perfetta, eppure Craxi non è mai stato così vero nemmeno quando era vivo e nel fiore degli anni. A ciò si aggiunga il tocco poetico di uno Zodiaco che per sottolineare meglio il perfetto binomio attore-personaggio fa cadere lo stellium in Pesci di Craxi proprio nella 12^ casa di Favino: la 12^ è, ancora un volta, co-significante del segno dei Pesci. Un’interpretazione che indubbiamente ha portato “oltre” Favino, come vuole la 12^ casa che notoriamente abbatte i limiti delle abitudini e del common sense. Oltre da intendersi come presenza scenica con un trucco provato e riprovato per mesi nella piena onda del trasformismo nettuniano che domina la casa. Oltre come interpretazione di gestualità, modi, toni, sguardi: Favino non c’è, letteralmente scompare dietro o dentro Craxi.

Raramente si riesce a contemplare arte pura nella nostra epoca in costante decadenza di valori, ma anche di talenti, dove ad emergere non sono le opere, ma i loro autori spesso parassiti della propria immagine costruita a tavolino. Come la 12^ casa insegna la vera Arte trascende chi la guarda, ma anche chi la produce: è sacrificio, passione, sofferenza, dimenticanza dell’Io che si lascia assorbire totalmente dalla propria vocazione. E così se un attore svanisce nel proprio personaggio, di lui non si può dire altro che è un artista.

Per altro i transiti attuali di Favino sono coerenti col successo, comprensivo di polemiche, del film Hammamet  e con l’unanime entusiasmo per la sua interpretazione. Il suo Sole riceve il trigono di Urano e Giove, il possente Nettuno nei Pesci naviga proprio nella casa a lui più congeniale, la 12^, mentre Saturno e Plutone transitano sulla Luna di Favino in trigono alla congiunzione Mercurio-Plutone e sestili a Nettuno. Ad una tale scenografia celeste manca solo l’Oscar.

A proposito della Luna di Favino: è a 24° del Capricorno ed è congiunta al Sole del regista del film, Gianni Amelio e all’ascendente di Craxi. Questa triplice assonanza di simboli fa impressione se si pensa alla sensibilità interpretativa di Favino, di matrice lunare, che si modella sul corpo e sulla gestualità di Craxi, ossia sul suo ascendente, sotto la direzione di Amelio che ne illumina consapevolmente le zone d’ombra come vuole il Sole. Spesso nei film ricorrono questi aspetti chiave tra i temi del regista, dei personaggi e degli attori principali. È accaduto recentemente a Polanski col suo film sul caso Dreyfus, è si è visto emergere questo incastro simbolico anche tra l’ascendente Scorpione di Andrea Camilleri, il Sole di Zingaretti e il Marte di Montalbano, tutti sugli stessi gradi.

Non è quindi un caso che lo stellium in Pesci di Craxi si distribuisca tra la 3^ e 4^ casa di Gianni Amelio andando ad incardinare il suo Fondo Cielo. Amelio sceglie per questo film uno sguardo intimista, cancerino, da casa 4^, che parta da Hammamet, la dimora di Craxi nonché titolo del film, per ricostruire l’intero personaggio nelle sue connotazioni più private, fragili e umane, niente affatto assolutorie come alcune polemiche tendenziose hanno tentato di far credere. 

Un film eccellente per un Paese, il nostro, che vive ormai di logiche binarie, perennemente diviso tra buoni e cattivi, guelfi e ghibellini, in cui tutto è calcio o politica e spesso le due cose insieme tra sfottò da spalti e sui social. Amelio con la lucidità del suo Sole in Capricorno e della sua Luna in Scorpione sembra capire e voler far capire a chi lo guarda che le persone sono sempre molto più complesse perfino della Storia a cui appartengono.

Non vi è revisionismo storico come attesta questo scambio di battute: “Noi si rubava solo per la politica”, “eh sì” risponde a Craxi l’amico politico “ma qualcosa ci restava attaccato alle mani”.

Però Amelio vuole essere intellettualmente onesto e non manca di ricordare che Craxi ha dato molti soldi per far scappare tante persone dalle dittature. Non c’è nessun attacco alla giustizia, ma semmai un monito verso il giustizialismo becero che nel tentativo di prendere i presunti colpevoli, calpesta  anche diversi innocenti. “Pensano che sono un codardo, che m’inventi la malattia. Codardo? Perché, chi sono i coraggiosi? Quelli che vanno a cantare davanti ai giudici, a fare elenchi di nomi e cognomi denunciando e mettendo nei guai gli amici di una vita perché conviene?”.

Nessuna verità politica alternativa a quella nota, ma un possibile punto di vista sull’uomo Craxi alla fine dei suoi giorni; eccolo lì pieno di malanni, preda di sensi di colpa, ossessionato dal cibo che non può mangiare, carico di domande sospese, di libri che vorrebbe scrivere, ancora capace di sporadici slanci. Un uomo che si racconta dal mare, dall’ultima spiaggia della sua ultima dimora tra rapporti familiari forti ed altri in disfacimento. Perseguitato da fantasmi di amici e da amanti in carne d’ossa che tornano quasi fossero sirene, con l’utopia, naufragata, di poter rientrare, un giorno, nel Belpaese “perché sai da questa spiaggia, quando è bello, si vede anche l’Italia, per questo mi piace stare qui”.

Per un film su un uomo dei Pesci il finale non poteva che essere un’onda sognante in perfetto stile felliniano, ed è arrivata: sarà un caso, forse, ma Fellini e Amelio sono nati lo stesso giorno.




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