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I MISTERI DEI MONASTERI LADAKHI

a cura di Paolo Crimaldi
 

Questo paese ha sicuramente un che di magico, conserva ancora una sorta di strana energia che naturalmente è difficile da captare ad un primo impatto ed anzi sembra di trovarsi quasi in un luogo dove tutto procede in modo svogliato, poco “orientale”, ossia poco consono a quella che è la nostra idea di Oriente e di spiritualità. Ed infatti molti monaci appaiono affascinati ed ormai distratti dalla cultura occidentale, poco motivati ed alcuni monasteri sembrano solo esistere ad uso e consumo di un turismo sempre più da last-minute in cerca di esotiche emozioni
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Eppure basta semplicemente inoltrarsi in qualche vialetto, non presente nelle varie guide onnicomprensive per viaggiatori che si illudono ancora di essere esploratori dei primi del Novecento, o chiedere di fermarsi a quel piccolo monastero che lungo la strada non si capisce bene per quale motivo ci ha colpito e immediatamente ci ritroviamo immersi in un mondo fatto di suoni (anche assordanti ed insoliti), litanie recitate coralmente che stringono il cuore e lasciano cadere una lacrima di vera gioia e serenità e naturalmente di odori acri e pungenti dati dalle onnipresenti lampade al burro…

Ciò può ad esempio accadere di ritorno da Alchi, fermandosi al monastero di Likeer. Qui superata la grande statua moderna e kitsch di una Buddha non è improbabile imbattersi in un gruppo di monaci intenti a costruire un Mandala di sabbia, ovvero a disegnare con sabbie colorate quello che il grande orientalista italiano, Giuseppe Tucci, ha definito un cosmopsicogramma, una rappresentazione in termini simbolici del rapporto sussistente tra uomo e natura. Ma la cosa che colpisce di più un occidentale è sapere che dopo che è stato completato con lunghe giornate di laborioso lavoro, verrà distrutto con una semplice passata di scopa, evidentemente a sancire il principio base del buddhismo che è l’impermanenza di tutte le cose e quindi la grande verità che all’origine del dolore c’è l’attaccamento a oggetti, persone e situazioni.

Ciò che colpisce in questo monastero è l’atmosfera serena, incantata, certamente fuori dal tempo occidentale.
Ma probabilmente ciò che in Ladakh gode, e non a torto, di grande popolarità è il complesso monastico di Hemis (a circa 45 km da Leh), famoso anche per le feste che si tengono tra giugno e luglio e a cui partecipano migliaia di pellegrini provenienti dalle diverse vallate del paese. In queste occasioni vengono esposti dei meravigliosi Tang.kha, delle riproduzioni su stoffa, anche in grandissime dimensioni, delle varie manifestazioni del Buddha e di alcuni bodhisattva, o di altre divinità del pantheon buddhista tibetano o ancora di elaborati quanto raffinati Mandala. Ma la cosa che sorprende di più in queste feste è poter vedere le complesse danze che i monaci eseguono con abiti sontuosi e maschere che a seconda di ciò che rappresentano possono apparire davvero terrificanti.
E’ comunque un tripudio di colori, suoni, emozioni che descrivere non è purtroppo minimamente possibile, ma per chi vi partecipa lascia un segno profondo, indelebile che si riattiva a volte in momenti particolarmente bui della propria vita.
Come del resto non è affatto difficile chiedere a qualche monaco, anche nel periodo che non coincide con le feste, un Puja, ovvero una sorta di preghiera-benedizione su una questione che in particolare ci sta a cuore, così come ci si può sempre far preparare un prezioso talismano su carta di riso racchiuso in un drappo di seta che richiama alcuni simboli presenti nei Mandala.

Una delle prime cose che si fa ad Hemis è quella di visitare, come accade del resto in quasi tutti i monasteri, le stanze dei Dharma Protector, luoghi in cui si trovano le divinità che proteggono i vivi. Tutte queste statue hanno il viso coperto e capita che in alcuni monasteri l’accesso alle donne sia proibito.
Ma forse la cosa che affascina di più il visitatore occidentale è venire a conoscenza che in questo monastero, all’interno delle sua ricca biblioteca che contiene antichissimi libri scritti su carta di riso e protetti da tavole di legno intagliate finemente e avvolti in drappi di seta, ci sia la documentazione di uno strano segreto. Infatti è tra questi libri che si trovano le testimonianze del passaggio di Gesù in questi luoghi e in cui diede anche il suo insegnamento e che una tradizione apocrifa, tra l’altro ben documentata di recente da Fida M. Hassnain nel suo libro “Sulle tracce di Gesù l’Esseno” (ed. Amrita), vuole essersi salvato dalla morte per crocifissione e che abbia continuato i suoi insegnamenti in questa parte del mondo, fino alla sua morte avvenuta in tarda età e che è testimoniata dalla sua tomba che si trova a Anzimar , una cittadina a due passi da Srinagar nella regione indiana del Kashmir.

Si prosegue poi con la visita dello Stok Palace, il palazzo dell’ex re del Ladakh. Qui si trova un bellissimo museo che conserva dei vecchi Tang.kha e soprattutto delle statue bronzee molto interessanti. Anche in questo luogo non è raro incontrare un monaco disposto ad officiare una puja o a preparare un talismano.
Una sbirciatina la si può dare anche agli appartamenti reali, abbastanza modesti ed essenziali, dove pare viva ancora l’ultima moglie del re e che conservano ancora un che di regale grazie all’aria di mistero e riservatezza, e apparente invalicabilità, che ancora mantengono.

Il nostro viaggio in questa fantastica terra è giunto al termine e non credo che si sia potuto trasmettere la forte armonia ed energia presente in questo luogo e chi davvero ha voglia di immergersi in una realtà a tratti profondamente diversa dalla nostra e rimasta ancora intatta, sia pure solo in alcuni sempre più stretti lembi, non ha che da organizzare per la prossima estate un magico quanto mistico passaggio in Ladakh.




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