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QUANDO L'EX DIVENTA UNO STALKER

a cura di Luca Alberelli
 

Il termine stalking è ormai entrato a far parte del gergo comune, e viene ampiamente utilizzato per descrivere diverse manifestazioni della “sindrome delle molestie assillanti”: un fenomeno tristemente diffuso e piuttosto eterogeneo, caratterizzato da una serie di comportamenti disturbanti messi in atto da un persecutore (stalker) ai danni di una vittima, con modalità compulsive, e per motivazioni di carattere sentimentale (nella maggior parte dei casi). I comportamenti messi in atto da uno stalker possono essere più o meno gravi ed aggressivi, ma sono tutti accomunati dall'essere indesiderati, invadenti e ripetitivi. E' possibile spaziare dall'invio compulsivo di messaggi (o di regali), all'investigare su come la vittima trascorra la sua giornata (pedinandola e spiandola), fino ad arrivare a commettere violenze di tipo verbale o fisico (diffamazione, aggressioni, stupri...ecc).

Dalle narrazioni di numerosi esperti, attivi nell'ambito della prevenzione dello stalking e della riabilitazione delle vittime e dei carnefici, sappiamo che il fenomeno non può essere facilmente ricondotto ad un preciso quadro psicopatologico, e che diverse persone apparentemente “insospettabili” si sono macchiate di reati di questo tipo, dopo aver sperimentato abbandoni o rifiuti “improvvisi” che non erano riuscite ad elaborare. Il fenomeno è variegato e gli esperti del settore hanno individuato diversi profili di stalker: in funzione di bisogni e desideri relativamente differenti, della gravità dei comportamenti agiti, e del quadro psicopatologico complessivo. Sappiamo però che l'aver instaurato un legame di attaccamento di tipo insicuro ansioso-ambivalente con la figura di accudimento (solitamente la madre) è un fattore di rischio importante per l'emergere dei comportamenti molesti tipici dello stalking. Gli individui che hanno interiorizzato uno stile di attaccamento di questo tipo si distinguono infatti per il loro atteggiamento ansioso nelle relazioni e per la propensione a mettere in atto comportamenti associati alla gelosia e alla rabbia nei confronti del partner. Nelle personalità più disturbate queste modalità disfunzionali di approccio alle relazioni possono degenerare in deliri di gelosia e nella messa in atto dei comportamenti intrusivi, molesti e persecutori tipici dello stalking.

Generalmente parlando gli stalker sono persone che a causa di un disturbo dell'affettività che compromette la sfera relazionale non riescono a tollerare un rifiuto o un abbandono. In seguito alla fine di un rapporto è piuttosto comune che chi viene lasciato si ritrovi (in un primo momento) a tentare di riavvicinarsi al partner per cercare di ristabilire una relazione, salvo poi comprendere, se questi tentativi hanno  esito negativo, la necessità di dover andare oltre, permettendo anche al partner di “rifarsi una vita”. Lo stalker non riesce a fare questo passaggio e diventa ossessivo nei suoi tentativi di riavvicinare il partner; le sue vessazioni possono durare anni, e i suoi comportamenti assillanti possono degenerare, divenendo sempre più aggressivi e violenti.

Solitamente gli stalker più ostinati e pericolosi sono quelli che in precedenza avevano avuto una relazione sentimentale con la loro vittima. In questi casi, la conoscenza delle abitudini e del carattere dell'ex partner potrà infatti essere sfruttata dallo stalker per rendere più subdole e offensive le sue molestie; inoltre la motivazione a riallacciare i rapporti potrà divenire gradualmente secondaria rispetto al risentimento e al desiderio di vendetta.

Purtroppo riconoscere un potenziale stalker durante le prime frequentazioni romantiche può non essere semplice. Solitamente chi ha questi problemi è molto sensibile all'abbandono e cercherà di fare di tutto per prevenirlo, divenendo particolarmente abile a riconoscere e ad anticipare i bisogni del partner. Per gli stessi motivi tenderà inoltre ad essere molto premuroso nelle fasi iniziali di una relazione. L'eccessiva invadenza e una forte bisogno di controllo potranno però fungere da campanelli d'allarme di quello che potrebbe divenire un comportamento iper-assillante e vessatorio, non appena lo spettro dell'abbandono inizierà a farsi sentire.

Nella fase iniziali della molestia molte vittime di stalking adottano una “strategia di uscita” basata su spiegazioni e su ragionamenti; non rendendosi conto che nessuna motivazione razionale sarà sufficiente per dissuadere uno stalker dall'assillare l'ex partner. Indipendentemente dalla chiarezza del messaggio e dalla delicatezza nel comunicarlo, le informazioni tenderanno ad essere interpretate in modo distorto dallo stalker, che poi le utilizzerà a suo vantaggio. 

Col passare del tempo la vittima di stalking inizia a sentirsi assediata, e ad essere pervasa da un continuo stato di ansia, di apprensione e di ipervigilanza. Realizzare che i tentativi di far fronte alle ripetute violazioni alla propria sfera privata-personale non producono i risultati sperati la fa sentire sempre più impotente, e le fa provare rabbia, paura, vergogna, e disprezzo per il molestatore. La sue condizioni possono aggravarsi fino ad assumere i contorni di problematiche psicologiche e relazionali piuttosto serie, che potranno spaziare: dai disturbi d'ansia gravi, agli attacchi di panico, fino ad arrivare alla comparsa dei sintomi (molto invalidanti) di un disturbo post traumatico da stress. La percezione dell'insicurezza e i vissuti di impotenza e di intrusione potranno inoltre favorire l'insorgenza di episodi depressivi maggiori. Per questi motivi, considerando che secondo gli esperti non esiste una strategia d'uscita ideale (efficace in tutti i casi), è particolarmente importante che la vittima non si faccia scoraggiare dal senso di impotenza e dalla vergogna, che potrebbero spingerla ad isolarsi, e che trovi il coraggio di parlare della sua condizione ai suoi cari, rompendo l'omertà.

Considerando la difficoltà ad inquadrare in modo univoco il fenomeno dello stalking dal punto di vista psicopatologico, e l'impossibilità di stabilire una relazione lineare tra “configurazioni astrologiche” e disturbi della personalità, è bene precisare che non esiste un singolo aspetto - fattore astrologico che possa segnalare un potenziale stalker.

L'eventualità di sviluppare un attaccamento ansioso-ambivalente (fattore di rischio per l'insorgere dei comportamenti molesti tipici dello stalking) può essere segnalata soprattutto dalla presenza di aspetti stressanti tra la Luna, Marte e Plutone in un tema natale, in particolar modo se questi coinvolgono la 2^ (base sicura), la IV (costanza oggettiva-rassicurazione emotiva) o l'8^casa (fase di separazione), o se delle configurazioni particolarmente “stressanti” interessano questi settori del tema (con particolare riferimento a Plutone).

Per risonanza simbolica di significato con i comportamenti ossessivi e compulsivi tipici dello stalking, gli aspetti stressanti tra Venere, Plutone e Lilith possono essere significativi (se questi archetipi vengono interiorizzati in forma degradata), ma non determinanti. Solitamente i vissuti di stalking (subiti o agiti) sono sincronici a transiti (spesso dissonati) di Plutone rispetto ai pianeti affettivi (Luna e Venere), oppure al Sole e a Marte (in particolar modo nel tema di una donna, per proiezione). Sarà quindi particolarmente importante prestare attenzione ad eventuali campanelli d'allarme in corrispondenza di questi transiti (nel proprio tema natale e in quello di un eventuale spasimante-partner).




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