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L’ESERCIZIO DEL POTERE E COMUNICAZIONE

a cura di Paolo Crimaldi
 

L’esercizio del potere è qualcosa che ha da sempre affascinato l’uomo fino a inghiottirlo in una morsa pericolosamente patologica e distruttiva della propria esistenza.

Già Platone nel IV secolo a.C. si poneva il problema di chi potesse essere maggiormente adatto al governo della Polis, giungendo alla conclusione che gli unici a poterlo fare erano i filosofi in quanto dotati di un’anima razionale la quale permetteva di scegliere per il bene comune e non per quello del singolo o di un gruppo specifico di cittadini.

Oggi il potere è esercitato solo marginalmente dai governanti e comunque passa sempre attraverso i media, ovvero tramite quella comunicazione di massa rappresentata dalla rete telematica e dalla televisione in primis, e dalla radio, dai giornali, dal cinema poi.
Nel momento in cui si vuol raggiungere una larga fetta di popolazione il messaggio, creato sapientemente per essere seduttivo, passa attraverso i mezzi di comunicazione di massa e si amplia così, a dire il vero senza un reale controllo, e quindi giusta comprensione, a macchia d’olio fino a diventare in alcuni casi virale, magari stravolto nel suo intento originale.
Non è un caso che molte delle figure politiche più incisive e discusse della storia degli ultimi decenni sono stati detentori di grandi network della comunicazione che non poco hanno contribuito alla loro ascesa al potere.

Il potere della comunicazione di massa ha la capacità di rendere l’osceno seduttivo, di farci amare ciò che in altri tempi e situazioni sarebbe stato inaccettabile. Prova ne è il dilagante crescere di programmi televisivi trash in cui è quasi venuta meno la presenza di un esperto relativamente al tema dibattuto per fare invece spazio agli opinionisti che di quel particolare argomento quasi sempre nulla hanno studiato ma parlano solo convinti che la propria opinione sia autorevole, pur priva di fondamenti culturali e riflessivi.

Quasi sempre il potere che possiede l’opinionista di successo, o l’influencer del momento, poggia su fondamenta d’argilla ed è destinato a esser spazzato via da chi improvvisamente si afferma e lo sostituisce grazie alla partecipazione a un reality o perché si accompagna al personaggio pubblico di particolare successo. Non conta più la preparazione culturale, la propria storia professionale, ma è solo la capacità di sapersi proporre, di prevalere con astuzia e maestria sull’altro ciò che serve oggi per ottenere visibilità e quindi potere, anche si tratta di un potere formale, svuotato di contenuti e di incisività.

Come dire altro giro, altra giostra, in un turbinio di cambiamenti che divora il singolo per proporre una consumistica e veloce visione del successo e del potere ad esso connesso.
In tal modo le opinioni non si affermano, le idee si perdono nel mare magnum della rete e tutto diventa inafferrabile, ma anche vano, incapace di generare una riflessione reale e quindi incidere concretamente su di un potenziale cambiamento.

Oggi il potere non si manifesta, se non in rari casi, in modo chiaro, definito, autoritario, non abbiamo più dittatori che centrano la propria forza sul culto della loro persona, ma troviamo la forza di esso attraverso la nullificazione del pensiero, delle idee. Si ridicolizza il diverso vero, il non allineato, chi mostra di non accettare a-criticamente le idee, anche all’apparenza progressiste di una vasta fetta di popolazione, che però spesso nulla sono che un’ipocrita maschera a convinzioni e pregiudizi che internamente tali rimangono.

Il vero fascismo squadrista oggi è quello del gruppo egemone apparentemente aperto che impone un pensiero unico stravolgendo solo sulla carta consuetudini, ideologie e quant’altro possa apparire reazionario. Chi si ribella criticamente a questa omologazione è stigmatizzato, accusato di essere per l’appunto fascista, retrogrado, e di una miriade di parole terminanti in fobo.

Una vera democrazia, dove il potere è condiviso e non esercitato solo da una elite verso una massa illusoriamente convinta di essere libera di scegliere e portare un cambiamento all’interno della società in cui vive, passa attraverso il dialogo e il confronto critico, anche con quelle fazioni più radicali e pruriginose presenti nel tessuto sociale. Ciò non significa che bisogna accettare tutto incondizionatamente, ma dare spazio alla criticità del pensiero permette proprio di non cadere nella trappola di un pensiero unico, veicolante un condizionamento che non intende realmente portare a un cambiamento delle persone ma semplicemente a gestirle e spingerle a fare scelte utili a un sistema il cui potere resta sempre ben ancorato nelle mani di pochissime persone.

Il vero cambiamento a questo sistema di potere non è quello proposto da Marx ma giunge da lontano, dall’antica Grecia e consiste nella possibilità di allenare il pensiero critico, la riflessione filosofica attraverso l’osservazione diretta e lo studio, permettendo ai maestri di potersi esprimere liberamente e formare menti pensanti, quelle stesse menti che per un processo evolutivo mangeranno il proprio mentore per poi metabolizzarlo in nuove idee, che a loro volta produrranno qualcosa che le supererà in un processo, che se non bloccato, è l’unico che porta a una reale crescita del genere umano aprendo a piani evolutivi che possono permettere il reale superamento di pregiudizi, stereotipi e quant’altro è fonte di tensione e dolore per molte persone.

Letture consigliate:
J. Baudrillard – Le strategie fatali – Feltrinelli, Milano, 2010




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