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STRESS DA PANDEMIA E RESILIENZA

a cura di Luca Alberelli
 

La pandemia ha comportato uno stravolgimento sociale a cui non eravamo abituati, mettendo a dura prova la nostra capacità di resistenza. Per un lungo periodo siamo stati costretti a cambiare drasticamente il nostro stile di vita, rinunciando a dei fattori protettivi per il nostro benessere psichico, come la vicinanza degli altri, e il coinvolgimento in molte delle nostre abitudini più sane e costruttive. Dover fronteggiare un nemico invisibile, in uno scenario caratterizzato dall'incertezza, ha scosso in profondità il nostro “senso di invulnerabilità”. Le insicurezze relative al Covid e le limitazioni imposte dalle restrizioni hanno messo in crisi quel sistema di credenze, talvolta illusorie ma solitamente protettive-sane, che ci fa pensare di vivere in un ambiente relativamente stabile, in cui è possibile fare progetti e previsioni.

L'idea che tutti potessero essere dei potenziali untori ha inoltre creato i presupposti per l'insorgere di una fobia sociale generalizzata, e il dover assumere comportamenti di evitamento (tipici dei fobici) ha rinforzato ansie di questo tipo, che la copertura vaccinale è riuscita solo in parte ad alleviare. Inoltre, con le vaccinazioni sono subentrate altre problematiche relative alle costrizioni, alla polarizzazione degli atteggiamenti delle persone, e alle discriminazioni. Per tutti questi motivi la pandemia ha avuto un impatto molto stressante anche su chi non si è ammalato gravemente, non ha perso i propri cari, e non ha avuto gravi problemi economici-lavorativi a causa del Covid.

Indubbiamente le persone con una minor capacità di adattamento ai cambiamenti del mondo esterno, che già soffrivano per problematiche di tipo ansioso, fobico, ipocondriaco, depressivo...ecc, sono quelle che hanno vissuto in modo più traumatico i cambiamenti provocati dalla pandemia. Ma anche molte persone che in precedenza non avevano avuto problemi psicologici di grave entità, con l'avanzare della pandemia e il prolungarsi delle misure restrittive hanno iniziato ad accusare i sintomi di un disturbo dell'adattamento:  una condizione debilitante caratterizzata dalla compresenza di problematiche ansiose e depressive, associate a spossatezza e a una sensazione di sfinimento a livello psicologico (l'OMS ha parlato di “stress da pandemia”).

Attualmente, nonostante la situazione sia in netto miglioramento e si stia cominciando a delineare uno scenario da post pandemia, le stime di importanti sondaggi condotti in ambito psicologico segnalano il persistere di un disagio piuttosto diffuso nella popolazione generale (anche tra chi ha ricevuto le vaccinazioni) in relazione all'idea di ritornare alle normali interazioni sociali. Sembra che molte persone abbiano sviluppato una sorta di “sindrome della capanna” caratterizzata dalla paura di uscire dalla propria abitazione, che per diversi mesi le ha fatte sentire al sicuro. Comportamenti iperprotettivi di questo tipo sono indicativi di una difficoltà a liberarsi da preoccupazioni legate alla paura di ammalarsi, al timore di contagiare i propri cari, e alla convinzione di non ritrovare il mondo uguale a prima.

Lo scenario desolante dei problemi psicologici connessi alla pandemia risulta comprensibile considerando che quando degli eventi molto stressanti si protraggono per un lungo periodo, il loro carico può sovrastare la nostra capacità di resistenza, divenendo traumatico. D'altro canto bisogna considerare che lo stress è una reazione di adattamento i cui effetti dipendono in misura significativa anche dal modo in cui interpretiamo gli eventi, dalle nostre modalità di pensiero, e dalle strategie che mettiamo in atto per affrontare le situazioni avverse. In effetti le persone che hanno vissuto in modo meno traumatico la pandemia sono state quelle che ad un certo punto hanno saputo passare da una “modalità di resistenza” ad una “modalità di resilienza”. In un contesto di questo tipo divenire resilienti significa sviluppare la capacità di affrontare in maniera costruttiva degli eventi negativi, impiegando in modo flessibile le risorse che ci permettono di gestire efficacemente lo stress e di contenere le emozioni negative, in modo che sia possibile continuare ad esperire anche le emozioni positive che ci permettono di mantenere un certo livello di benessere. È importante sapere che capacità di questo tipo non sono eccezionali, e possono essere allenate e potenziate da tutti, quando siamo motivati a farlo. Con buona probabilità anche chi ha vissuto in modo particolarmente traumatico i cambiamenti connessi alla pandemia, nel corso del tempo riuscirà gradualmente a sviluppare una certa resilienza, e tornerà a quello che era il suo “livello di funzionamento precedente”. Tuttavia, adottare alcuni accorgimenti di carattere pratico potrà sicuramente aiutarci a facilitare questo processo, rendendo più agevole la transizione verso il “post pandemia”.

Per creare nuove routine sane, che ci consentano di affrontare con gradualità le nostre paure e le nostre preoccupazioni residue, dovremmo innanzitutto cercare di essere più flessibili, e imparare a tollerare un certo grado di incertezza. Ciò significa venire a patti con l'idea che, siccome non c'è modo di avere la certezza assoluta di non ammalarsi, e di non far ammalare altri, dovremmo accontentarci di fare quanto è possibile per minimizzare i rischi, restando aperti alle opportunità che la vita continua ad offrirci. Per non alimentare inutilmente il carico di pensieri intrusivi di tipo ansioso sarà importante evitare una sovraesposizione mediatica, riducendo al minimo la ricerca di aggiornamenti sul Covid, e selezionando le fonti di informazione in modo da evitare accuratamente le notizie sensazionalistiche.

Prestare maggiore attenzione all'insorgere di pensieri ansiosi potrà aiutarci a osservarli con distacco e a metterli in discussione, permettendoci di aprirci a nuove possibilità. Rompere certi automatismi, maturando la consapevolezza che i pensieri ansiosi non sono necessariamente veri, e che possiamo imparare a disidentificarci da essi, potrà aiutarci a non ricadere in modalità di pensiero disfunzionali, caratterizzate da una logica “bianco-nero”, che essendo viziate da emozioni negative ci rendono poco obiettivi.

Per capire cosa ci impedisce di fare i primi passi per tornare alla vita dovremo cercare di mettere a fuoco le nostre paure, chiedendoci quanto siano effettivamente fondate, per poi sfidarle in modo strategico, con gradualità. L'atteggiamento più funzionale alla resilienza potrà essere quello di focalizzarci su piccoli obiettivi, che potremo realizzare giorno dopo giorno, seguendo il nostro ritmo: per esempio, iniziando da brevi uscite, per poi organizzare piccole situazioni sociali, e così via. Probabilmente i sentimenti di ansia diminuiranno col passare del tempo, man mano che ci abitueremo alla "nuova normalità”; gradualmente potremo renderci conto che la fase di allarme sta rientrando, e ci sentiremo più sicuri nel lasciare andare le difese che non ci servono più.




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