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BODY SHAMING - L'ULTIMA FRONTIERA DEL RAZZISMO

a cura di Elena Cartotto
 

I libri di storia che nessuno, ormai, legge quasi più, sembrano avere, ad oggi, più che altro una funzione simbolica e catartica: ci fa piacere sapere che sono lì, silenti, ben ordinati in qualche biblioteca o nascosti negli scaffali di una libreria. Abbiamo la convinzione che quelle pagine di storia, ben chiuse, lì dove sono, trattengano, in virtù di una forza magica, tutti gli accadimenti del mondo dal suo inizio ad oggi; li trattengano nel vero senso della parola: trattengano le guerre, le follie, le mistificazioni, il sangue, i morti, i vincitori, i vinti. Insomma, i libri di storia sono una sorta di vaso di Pandora che è meglio non aprire per evitare che si diffonda di nuovo il male.

Abbiamo chiuso Hitler nei libri di storia con tutta la persecuzione degli ebrei, il suo concetto distorto di Lebensraum, ossia spazio vitale, la sua ricerca ossessiva di una razza ariana superiore. Nei libri di storia abbiamo chiuso le leggi razziali, Stalin, i gulag, ma anche le torture e le vessazioni contro i neri, gli indiani, gli eretici di ogni tempo e luogo. Vi abbiamo chiuso Socrate, Gesù Cristo, Buddha e Gandhi, per questo non ce ne importa nulla che una statua di un uomo dalla tempra eccezionale e dalla vita totalmente data in dono alla causa come Gandhi sia stata rimossa con accusa di razzismo secondo l’impostazione pregiudiziale dei Black Lives Matter. Questo gruppo attivista afroamericano nato per una buona causa ha finito per combattere il razzismo con il razzismo applicando un revisionismo storico da due soldi alle personalità portanti della nostra intera civiltà. Alla fine non ci importa nemmeno di come sia morto Socrate. Per quanto riguarda il Buddha per tanti rimane una figura suggestiva da associare a quelle strane parole di cui molti nemmeno conoscono più il significato: “Nam-myoho-renge-kyo”.

Si dice che serva conoscere la storia per non ripeterla, ma noi preferiamo affidarci ai libri chiusi. Ci penseranno loro a difenderci da nuove bombe atomiche, deflagrazioni nucleari, crisi finanziarie, razzismi di ritorno. Li utilizzeremo come scudi di carta.
La storia si ripete perché i simboli attraverso cui l’esperienza storica, reale, concreta delle masse e dei singoli si manifesta, sono eterni.
Solo un’approfondita conoscenza della nostra storia e quindi di noi stessi, perchè la storia siamo noi, potrebbe impedire a quegli stessi simboli di tornare sotto altre forme ugualmente pesanti.

Per chi fa astrologia è chiarissimo. Urano in Toro, che governa il nostro cielo tra alleanze e conflitti con gli altri pianeti dal 2019, mancava all’appello da ben 84 anni, ossia da quando Hitler, per altro uomo del Toro, improvvisamente prese il potere conducendo il mondo nella voragine della seconda guerra mondiale.
Già allora il martellamento mediatico si avvaleva di un apposito Ministero, quello per la Propaganda, in capo a Goebbels. Da quando è iniziata la pandemia all’attuale guerra in corso a rischio di diventare mondiale, è diventata sempre più evidente a tutti la presenza di una comunicazione capillarmente diffusa che segue identiche linee guida.

Se conoscessimo la storia già questo dovrebbe allarmarci. E avrebbe dovuto metterci sull’attenti il fatto che siano stati fatti passare come messaggi di civiltà, messaggi palesemente razzisti atti a segregare e rendere oggetto di scherno coloro che per un motivo o per l’altro non si sono adeguati alla politica dei vaccini; tra loro non solo persone ideologicamente orientate, ma anche tanti che avevano problemi di salute antecedenti alla pandemia e che non sapevano cosa fare perché nessun medico glielo diceva chiaramente. Eppure si è consentito che una questione di coscienza divenisse uno scontro tra tifoserie contrapposte con tanto di slogan, hastag, striscioni. Anche chi riteneva i neri inferiori e meritevoli di essere segregati e insultati pensava di avere ragione a fronte di una politica e di una comunicazione mediatica che lo faceva credere: ma non avevano ragione.

Quando, non più consapevoli del nostro passato storico, si comincia a tollerare tutto e si permette al razzismo di incarnarsi nuovamente nella storia usufruendo della stessa potenza simbolica che poteva avere ottanta, cento, mille anni prima perché non dimentichiamo che i razzismi cambiano, ma i simboli sono sempre gli stessi, allora ci troviamo di fronte a nuove sfide culturali che non vanno sottovalutate.

Il body shaming che tanto tiene banco sui media negli ultimi tempi, è un’altra faccia del razzismo. È lo sfregio verbale e sistematico, che avviene soprattutto attraverso le nuove tecnologie, del corpo altrui per delle connotazioni che lo rendono imperfetto agli occhi di chi lo critica: il grasso, il magro, l’acne, la calvizie, l’invecchiamento. L’hanno subito e lo subiscono in tanti, ma è diventato notizia a causa dei personaggi famosi che ne sono stati vittima perché evidentemente più esposti. È curioso, ma gli insulti che ricevono sembrano davvero richiamare i vecchi pregiudizi legati a un certo mondo rurale e ignorante che vedeva nei bambini coi capelli rossi o mancini un segno del diavolo. E nella donna particolarmente bella e coi capelli neri e lunghi una strega da mettere al rogo.

Vanessa Incontrada attaccata per i suoi kg di troppo, Marina La Rosa per come invecchia, Mara Venier per i capelli eccessivamente lunghi a 70 anni e Loretta Goggi perché non si riesce a capire se ed eventualmente in cosa si sia rifatta. Ricordava recentemente Victoria Adams Beckham di quando fu costretta, negli anni ’90, a pesarsi in diretta TV da un’emittente inglese due mesi dopo il parto, quasi un prequel del body shaming che vediamo in scena oggi.

E non è tutto. La tendenza a sfornare sempre nuove challenge da social quali tik tok fomenta il body shaming: basti pensare al recente inizio della “Boiler Summer Cup”, ossia, esci con una ragazza in sovrappeso, approcciala sessualmente e filmala: più è grassa, più lo sfidante maschio accumula punti.
Alla fine quelle che ci rimettono di più sono le donne a cui non è consentito invecchiare o essere “in carne”.

A livello astrologico viene, però, da chiedersi come mai l’apparente inarrestabile progresso del XXI° secolo riporti a galla, come un mare dal fondo sporco, quelli che sembrano rottami di razzismi che pensavamo superati.

Lo scontro tra i due titani Urano, il pianeta del cambiamento e Saturno, l’astro della conservazione, ha certamente posto in evidenza il conflitto tra due modi diversi di intendere la salute, il senso stesso della vita, la libertà morale e personale: lo vediamo anche nel fenomeno delle dimissioni di massa dai lavori stabili e in quello dei giovani che rifiutano esperienze di lavoro secondo loro non adeguatamente pagate in termini di denaro e tempo.

Nel fenomeno del body shaming sembra, però, emergere qualcosa di ulteriore e forse ancora più pericoloso: il balenare all’orizzonte di un uomo “uraniano” in tutto e per tutto, ossia “robotico” che come i robot non può ingrassare, invecchiare, ammalarsi, o uscire dai limiti in cui la rigida struttura che l’ha pensato, progettato e realizzato l’ha posto. Un robot può solo essere smantellato e rottamato, o buttato.

Il nuovo razzismo del XXI° secolo sembra davvero riguardare l’eterno conflitto, topos dei romanzi di fantascienza, tra l’uomo di carne e sangue, imperfetto, e i robot, perfetti, controllati da fili, chip, adeguati agli schemi. Robot che possono essere sempre localizzati, che non procreano, che non avranno mai le rughe, il viso cadente, i capelli troppo lunghi o corti, l’acne o il covid. E potremo anche decidere di non dare loro una precisa identità sessuale in modo che siano politically correct. L’uomo robotico sarà il nuovo Frankenstein.

Di fronte a questo panorama gotico-futuristico che si comincia ad intravvedere possiamo solo tornare ad aprire i libri di storia per difenderci dai razzismi di ritorno, dalla mentalità propagandistica, dal baratto tra la nostra libertà e la sicurezza di un mondo d’acciaio senza più orizzonti, ma solo confini. E soprattutto dobbiamo ricordarci che siamo essere umani, imperfetti per costituzione. Il premio Nobel Rita Levi Montalcini ci scrisse addirittura un libro dal titolo suggestivo: “Elogio dell’imperfezione”.




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