ASTROLOGIA IN LINEA
ASTROMAGAZINE - RUBRICHE - Parliamo di amore

TIPI PSICOLOGICI - GLI ANAFFETTIVI : COME RICONOSCERLI

a cura di Elena Cartotto
 

Secondo il saggio filosofo greco Aristotele l’uomo è un animale sociale e non può essere pensato al di fuori di un tessuto relazionale che gli consenta di sopravvivere e di evolversi da un punto di vista fisico e psichico. Si pensi al bambino che nasce piangendo: è indifeso e bisognoso di tutto. Se non partisse il processo di accudimento da parte degli adulti sarebbe condannato alla morte. Il bambino cerca il contatto, sorride, comunica. Prima in famiglia e poi a scuola si confronta con gli altri e ciò gli consente di sviluppare le proprie capacità intellettive e la sensibilità affettiva. Crescere, infatti, non significa solo accumulare informazioni, ma entrare in un vero e proprio processo di formazione che, come suggerisce il termine stesso, conduce a trovare una forma, una definizione, un’identità per quanto dinamica e passibile di ulteriori sviluppi in base alle esperienze di vita.

L’astrologia che rispecchia l’evolversi dei sistemi di pensiero umani, e spesso ne anticipa le tendenze, pone l’Io nella casa 1^ e gli Altri nella 7^. L’asse 1^- 7^ è un asse cardinale che può essere pensato come il fondamento del soggetto stesso perché l’Io conosce i suoi spazi di manovra, ma anche i suoi limiti, proprio nell’incontro/scontro con gli Altri. Però l’asse 1^-7^ è anche il fondamento della relazione, la quale può sussistere in quanto tale solo come spinta dell’Io verso qualcosa che è altro da sé.

I soggetti anaffettivi sembrano non rispondere a questa dialettica perché la loro caratteristica principale è proprio quella di non riuscire a entrare in una vera relazione con gli altri in modo profondo e sostanziale. Potrebbe non sembrare, così, a prima vista: gli anaffettivi, infatti, sanno mimare tutti i passaggi che fanno parte dei legami amicali e sentimentali, quasi fossero attori, ma è solo la superficie. In realtà, quando il rapporto comincia a presupporre un reale coinvolgimento loro si allontanano, si distaccano come se non fossero in grado di manifestare e provare emozioni autentiche in contesti in cui dovrebbe essere normale provarle. Inizialmente possono perfino trasmettere sensazioni di simpatia, calore, passionalità, ma il problema nasce quando si richiede loro di prestare attenzione emotiva. In questo caso possono diventare sfuggenti e addirittura dimostrarsi capaci di distacchi e assenze in grado di ferire i propri interlocutori che li credevano amici o innamorati. Per altro sono poi in grado di ritornare nella situazione precedente come se non fosse accaduto nulla, lasciando gli altri ancora più sconcertati.

In realtà tale atteggiamento che la psicologia definisce di “evitamento” non è frutto di una strategia studiata a tavolino allo scopo di prendere in giro i partner reali o potenziali. Si commette infatti l’errore di sovrapporre anaffettività e narcisismo, ma se il narcisista è sempre anaffettivo proprio perché orienta l’affettività verso di sé, al contrario l’anaffettivo non sempre è un narcisista. L’anaffettività è la conseguenza di un disturbo soggiacente che può essere certamente patologico, ma non avere nulla a che vedere con la magnificazione dell’Io e l’esasperata attenzione a se stessi. Si pensi che esistono casi molto gravi di anaffettività dove il soggetto che ne soffre ha perfino paura di essere toccato: il contatto fisico genera in lui disagio e imbarazzo perché lo vive come uno sconvolgimento del proprio universo emotivo. Altri, invece, che vivono la fisicità in modo più distaccato e superficiale possono perfino dare prova di grande vivacità nell’intimità per poi dimostrare un’inspiegabile freddezza in altri contesti.

L’origine di questo problema, di cui l’anaffettività non è la causa, ma il sintomo più evidente, spesso è legata a traumi conseguenti  perdite, separazioni familiari, lutti veri e propri, vissuti in una fase di vita, tendenzialmente l’infanzia, in cui non si è stati in grado di elaborare l’accaduto in modo razionale. A volte basta una madre anaffettiva a trasformare il figlio nella propria problematica copia dando origine a un circolo vizioso che rischia di diventare, nel tempo, una sorta di marchio familiare. L’Altro costituisce un pericolo che può generare sofferenza, ansia da separazione: allora lo si tiene a distanza per non cadere preda dell’angoscia. 

L’anaffettivo non è, come il narcisista, mancante di empatia in quanto vittima di un Io ipertrofico, ma è avaro con gli altri perché gioca in autodifesa, perché la relazione emotiva lo fa andare in pezzi. Se l’anaffettività non è troppo complessa, il soggetto in questione può anche provare a costruire delle relazioni durature, ma avranno comunque una forte impronta borderline perché l’anaffettivo vivrà con il costante timore dell’abbandono e cercherà di legare l’altro a sé attraverso comportamenti incomprensibili come la svalutazione sistematica del partner al fine di renderlo insicuro e paradossalmente ancora più dipendente da lui. Per altro gli anaffettivi sono spesso persone che preferiscono ricorrere al ragionamento, alla logica, ai discorsi perché questo consente loro di mantenere la distanza che un semplice gesto di tenerezza, metterebbe a rischio.

In genere l’anaffettivo è bravo nel lavoro perché quello professionale è un ambiente in cui si sente a suo agio, che riesce a controllare, in cui può mettere distanza tra Sè e l’Altro creandosi lo spazio necessario per esprimere le sue capacità senza tensioni emotive.

Naturalmente le problematiche anaffettive, soprattutto se gravi, non si risolvono con atteggiamenti da crocerossini o incoraggiamenti a uscire dal guscio e ad aprirsi al mondo. Occorre un intervento terapeutico mirato per risolvere questo tipo di situazioni, ma il problema è che la terapia psicologica presuppone l’attivazione di una relazione di fiducia col proprio terapeuta che passa attraverso fasi complesse come il transfert. E la relazione “fiduciaria” di abbandono totale è ciò che l’anaffettivo teme di più. È quindi più facile che un narcisista vada in terapia, magari col mero intento di avere ancora più attenzione su di sé senza alcuna reale voglia di guarire, che un anaffettivo.

Per altro gli psicologi mettono l’accento anche sulla necessità di attivare delle terapie di coppia in quei contesti in cui uno dei due è anaffettivo e l’altro no perché spesso anche scegliere un soggetto anaffettivo, ossia incapace costituzionalmente di amare, può essere specchio di un disturbo, sebbene di tutt’altra matrice, nel membro della coppia apparentemente sano.

A livello astrologico il problema dell’anaffettività sembra girare prevalentemente intorno ai simboli lunari: dalle emozioni, alla madre, all’infanzia tutto parla della Luna. È vero che l’affettività in senso stretto, ossia la capacità di amare, ma anche di ricevere amore, che negli anaffettivi è bloccata in entrambe le direzioni, è più legata a Venere, ma in realtà qui si parla di un’anaffettività generata dall’incapacità di gestire le emozioni.

È certamente possibile che il cortocircuito emozioni-affettività possa essere legato, almeno come input iniziale, a cattivi aspetti Luna-Venere nel tema natale; aspetti che spesso fanno sentire il soggetto poco amato dalla propria madre con tutte le conseguenze che ne possono derivare. I conflitti tra i due pianeti femminili sono, però, troppo leggeri per spiegare un tale deficit esistenziale.
Conflitti Luna-Venere se esistenti devono essere sostenuti dall’apporto di pianeti lenti del calibro di Saturno, Urano, Nettuno e Plutone che vanno a ledere o, al contrario, ad esaltare certe componenti lunari.

Un Saturno che trigona o fa sestile alla Luna rafforzerà, più di quadratura e opposizione, la razionalità, la propensione all’autodifesa e a segnare confini ben precisi che l’Altro non deve valicare. Nettuno in cattivo aspetto alla Luna spesso corrisponde a madri oggettivamente strane, alienate, che molto difficilmente hanno amato i propri figli in modo tradizionale e affettuoso. Nettuno distorce, trasforma, confonde e spinge alla fuga da qualsiasi rapporto voglia avviluppare il soggetto. Urano contrario alla Luna è il simbolo per eccellenza dell’ansia, dell’insonnia legata agli irrisolti affettivi, dell’emozione infelice che rompe gli equilibri. Una persona con aspetti difficili Luna-Urano si aspetta costantemente l’abbandono e cerca di prevenirlo sottraendosi al legame o rompendolo prima che possa giungere a maturazione. Plutone, come è noto, va a disgregare dall’interno ed è particolarmente insidioso perché agisce nel silenzio e nell’oscurità e forse più di tutti gli altri può impedire alla persona anaffettiva di riconoscere il proprio problema mascherandolo sotto mentite spoglie. Ciò naturalmente impedirà, in modo forse definitivo, la sua risoluzione.

Le lesioni planetarie che possono agire su più aspetti della vita, avranno naturalmente un peso maggiore in senso anaffettivo se l’asse 1^ - 7^ è coinvolto perché è qui che si gioca la partita delle relazioni di qualunque natura esse siano. 




Copyright (c) 2003 Astromagazine - la rivista di Astrologia in Linea - Tutti i diritti riservati