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VIAGGIO A JAIPUR ALLA CORTE DEGLI IMPERATORI MOGHUL

a cura di Paolo Crimaldi
 

Jaipur è un incantevole città indiana nella regione del Rajasthan, dal colore rosa, famosa per la fine lavorazione di gioielli apprezzati in tutto il mondo e per la magica maestria con cui vengono incastonate pietre preziose in anelli e pendagli oltrechè in raffinate scatole miniaturizzare rappresentanti scene di vita alla corte dei Moghul.

I Moghul erano i conquistatori islamici che portarono la religione mussulmana in India, senza però tuttavia riuscire mai a sradicare quella induista e jainista, ma allo stesso tempo capaci di apportare una serie di riforme e di impulsi alla conoscenza e alla ricerche su alcune tematiche particolarmente care agli studiosi arabi quali proprio l’astronomia e l’astrologia, così come la matematica e la filosofia.

E proprio in questo clima di grande sviluppo delle arti e delle scienze, nel lusso dei palazzi costruiti sia in arenaria rossa che in bianchissimo marmo, crebbe una cultura talmente raffinata che ancora oggi è possibile ammirare sia architettonicamente che attraverso la lettura di testi scientifici e letterari che mantengono intatti il fascino e la modernità dei loro contenuti.

A Jaipur colpisce sicuramente la visita al City Palace, il palazzo del maharaja, che ancora oggi è abitato in un ala dalla famiglia reale, con i suoi meravigli decori multicolori e intarsiati con maestria da sapienti artigiani i quali potevano creare i loro capolavori solo dopo che l’astrologo di corte, che in alcuni casi era lo stesso maharaja, il più famoso di tutti Jai Singh II, aveva indicato, attraverso accurati calcoli astronomici, il momento propizio per poter iniziare i lavori.

Le stupefacenti arcate del palazzo, così come la bellissima Porta del pavone, riconducono subito ad una atmosfera fiabesca, fatta di suoni e colori esotici che affascinano anche il più razionale dei turisti occidentali, riportandolo immancabilmente a vivere emozioni relative alla propria infanzia.

E’ qui che si ritrova appieno l’atmosfera nettuniana, l’incanto dei paesaggi dell’anima che questo pianeta nella sua manifestazione creativa sa donarci, aprendoci a esperienze forti, legate all’intuizione e magari anche dirette verso quello che gli psicologi transpersonali definiscono "peak experiences", quelle particolari quanto rare illuminazioni che permettono di comprendere in un attimo l’interezza di un problema se non dell’esistenza.

E Jaipur, come gran parte del Rajasthan, rappresenta proprio un esperienza che ci mette in contatto con questa dimensione creativa e fortemente visionaria del proprio tema natale, è una forma di sperimentazione nettuniana dell’essenza mistica che è dentro tutti noi e che chiaramente è più facilmente stimolata quando l’ambiente e le energie attorno a noi predispongono a tale vissuto.

Del resto come non restare affascinati dalla merlettata architettura dell’Hawa Mahal, il famoso Palazzo dei venti, dove le donne dell’harem del maharaja potevano osservare la vita cittadina senza poter essere viste come vuole la tradizione islamica, e quindi immaginare con tutta l’arte affabulatoria di questo pianeta storie ed intrighi che riportano a tempi lontani in cui quasi tutti hanno sperato di vivere, avvolti in fruscianti sete e morbide stole di cashmere.

Ma la vera sorpresa per gli astrologi è data dal Jantar Mantar, l’osservatorio astronomico-astrologico che è un vero modello di modernità e tradizione voluto dal raja sawai Jai Singh II, il quale era egli stesso un grande astronomo e astrologo, tant’è che non solo si fece tradurre tra le altre l’opera di Tolomeo e di Newton, ma scrisse egli stesso un trattato nel quale rivelò degli errori di circa mezzo grado nella posizione dei pianeti nelle tavole astronomiche dell’astronomo francese Père de la Hire.

L’osservatorio fu costruito subito dopo quello di Dehli, ma è molto più grande e completo e soprattutto fu motivo della nascita di molte scuole nelle sue vicinanze e dove ancora oggi c’è l’unico corso universitario di astrologia in tutta l’India.

L’astrologia indiana si differenzia dalla nostra poiché tiene conto della predecessione degli equinozi, che attualmente è di circa 23° di differenza, per cui sicuramente le prime due decadi di un segno sono in realtà già nel segno che le precede, ovvero una persona nata nella seconda decade del Leone in realtà sarebbe un Cancro. Questo sistema che si chiama ayanamsa è alla base della Jhotish, la complessa quanto profonda astrologia indiana, che si differenzia dalla nostra per vari motivi, non ultimo il fatto che non dà valore ai pianeti trans-saturnini, mentre pone un forte accento sull’analisi di Rahu e Ketu, ovvero l’asse dei Nodi lunari, di cui approfondiremo il discorso in uno dei nostri prossimi viaggi in India.




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