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IL CARNEVALE E LE SUE MASCHERE

a cura di Sandra Zagatti
 

Semel in anno licet insanire… dice un antico proverbio. Che tuttavia sembra sottintendere che "almeno" una volta all’anno sia non soltanto lecito ma opportuno comportarsi come matti, cioè senza regole e senza limiti. Questo almeno sembra essere, oggi, il senso del Carnevale: un legittimo e salutare sfogo prima del digiuno della Quaresima ("carnem levare"), che non a caso si conclude ufficialmente con il "martedì grasso", come se la sazietà di cibo e divertimenti rendesse meno faticosa l’imminente astinenza o penitenza… Non è in fondo molto dignitoso questo compromesso tra dovere e trasgressione, che ci fa somigliare a foche che si preparano all’inverno o, peggio, fa sembrare la vita precedente o successiva a quell’unica "ora d’aria" come un carcere di continua sottomissione. Ma è interessante notare che l’origine del Carnevale sembra essere nei cosiddetti Saturnali, feste pagane e propiziatorie dell’antica Roma in onore di un Dio che, almeno astrologicamente, associamo appunto al dovere e al senso della responsabilità: interessante ma paradossale, se pensiamo che ancora oggi il termine "pazza gioia" condanna la razionalità saturnina ad essere dunque sinonimo di tristezza, o comunque di privazione.

Oggi, in verità, non abbiamo certo bisogno della settimana di Carnevale per ingrassarci o svagarci, eppure abbiamo ancora bisogno – e forse di più rispetto ad un tempo – di qualcosa che ci autorizzi a ripristinare un equilibrio, o almeno ciò che crediamo tale e per quanto possibile in condizioni estreme. Sappiamo bene che non è permettendoci un’episodica pausa di follia che possiamo compensare le frustrazioni o restrizioni quotidiane, eppure poter contare su un contenitore del genere è evidentemente ed ugualmente un sollievo, almeno a giudicare dall’entusiasmo partecipativo di cui ancora gode questa ricorrenza e a prescindere dall’ulteriore paradosso per cui i confini temporali di periodo e di durata ripropongono di fatto proprio il Saturno più rigido. Ma tant’è: il Carnevale piace ancora, e certamente non solo ai bambini, che hanno tanti e ben altri modi di giocare, osare e sognare. Anzi, direi che per i bambini il Carnevale è spesso una festa meno ludica e gratificante di quanto pensiamo: costretti come sono a indossare il costumino di Zorro mentre magari preferirebbero quello da Cavaliere Jedi o a metterci sopra pure il cappotto, alla sfilata in piazza, perché fa freddo…

Perché, ecco, è la Maschera l’elemento che più caratterizza il Carnevale; oggi come un tempo, anche se nel tempo il suo significato simbolico è mutato. Nell’antichità preistorica, come in certi rituali tribali ancora in uso, indossare una maschera aveva lo scopo di ingannare i demoni, di impressionarli e convincerli a venire a patti con le esigenze umane; nel Medioevo la maschera diventò il corrispondente dell’odierna satira, una buffonesca e spesso caricaturale raffigurazione degli aspetti sociali più popolari; dal Rinascimento assunse anche una valenza artistica ma solo più tardi cominciò a rappresentare quella copertura o contraffazione dell’immagine che ha permesso alla figura dell’"uomo mascherato" di inserirsi e permanere nella fantasia in modo così inquietante ed intrigante insieme. E così, nel tempo, la maschera che voleva scacciare gli spiriti maligni è diventata essa stessa un demone, un fantasma… o comunque un aspetto oscuro (forse solo perché inconscio) da incarnare e così esorcizzare.

Oggigiorno, non è certo il birichino Mercurio-Arlecchino a rappresentare la maschera del nostro Carnevale, e nemmeno il bonario Giove-Balanzone, la civettuola Venere-Colombina o l’avaro Saturno-Pantalone. E’ Nettuno il vero alter-ego dell’uomo moderno, l’uomo ingabbiato nelle regole della civiltà burocratica che tuttavia sottilmente, ed ancora una volta paradossalmente, ne enfatizza l’estro trasgressivo e liberatorio con l’altra sua faccia, quella di civiltà tecnologica. Oggigiorno, con Nettuno in Acquario, le nostre maschere si chiamano "nickname". E con esse ogni scherzo vale per tutto l’anno, anche se inganna solo chi lo fa.




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