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IL CODICE DA VINCI

a cura di Augusta Neumann
 

Il libro è un successo planetario e il tanto atteso film di Ron Howard tratto dal thriller di Dan Brown ora è sui nostri schermi e sta sbancando i botteghini, come era prevedibile.

 

In America le critiche lo hanno distrutto, in Italia sono stati più clementi, al pubblico piace e comunque è la moda del momento, tutti ne parlano : “Hai letto il libro? Hai visto il film?” Non si sente altro in giro…C’è anche un gruppetto di sparuti personaggi che si rifiutano ostinatamente di leggere e vedere questo geniale miscuglio thriller-fanta-religioso-mistical-simbolico, offesi dalla superificialità e dalle inesattezze storiche che Dan Brown è riuscito a mettere insieme tutte in un colpo. Dibattiti accesi ovunque, dure prese di posizione della Chiesa (anche se adesso, dopo aver visto il film, i portavoce ecclesiastici ammettono: dovevamo avere più senso dell’umorismo, quanto rumore per nulla….), si sta a discutere di tutto meno che del fatto che in fondo si tratta di un gran bel giallo, così avvincente da tenerci inchiodati fino alla fine sulla poltrona di casa o del cinema, o tutte e due. Il film è l’esatta trasposizione cinematografica del libro, al quale resta fedele quasi totalmente, cercando di mantenerne l’integrità. Una variante importante la troviamo solo alla fine che non possiamo svelare e una meno importante all’inizio (il professor Langdon viene chiamato dalla polizia nel suo letto d’albergo nel libro e durante una conferenza nel film). Quello che manca un po’ nel film è l’idea che tutto si svolga nel tempo reale di 24 ore, l’idea migliore a parer nostro per un giallo letterario, impossibile da realizzare per un film di quasi tre ore.

 

Un altro passo importante trascurato riguarda proprio l’inizio. Mentre nel libro seguiamo Sauniére durante la sua agonia mortale mentre lascia quei preziosi e criptati indizi sul colpevole nei quadri di Leonardo appesi al Louvre, nel film si passa subito dallo sparo all’arrivo di Langdon e il ritrovamento degli indizi si perde in un attimo e riesce difficile far passare l’idea di un morto, come lo si vede nel film, che lascia una traccia così elaborata…       

 

La Trama: eh no, quella non la possiamo raccontare !

 

Per chi ha letto il libro non serve e per chi non lo ha letto, non possiamo rivelare nulla se non il fatto che due apparentemente tranquilli personaggi, il professore di simbologia religiosa Robert Langdon e l’agente governativo esperta crittologa Sophie Neveu vengono coinvolti in un misterioso assassinio nel museo del Louvre a Parigi. Per salvarsi da un pericolo mortale che non ha volto né nome, Robert e Sophie saranno costretti, durante la loro fuga di 24 ore, a trovare la chiave di accesso ai presunti misteri legati agli albori della Cristianità, al regno dei Cavalieri Templari, alla numerologia e soprattutto alla leggenda del Sacro Graal.

Il quadro di Da Vinci “L’ultima cena” è il punto di partenza e di arrivo di un mistero che dura da secoli.

 

L’inizio ricorda molto i films di Hitchcock dove un ignaro e innocuo James Stewart - Cary Grant

si ritrova a dover fare i conti con qualcosa di più grande di lui e il divertimento sta soprattutto nel vedere come fronteggerà questa inaspettata, pericolosa situazione.

 

Nel film di Ron Howard, il personaggio di Tom Hanks va oltre: è talmente fuori parte, talmente imbambolato, talmente stupidamente attonito sempre che rende impossibile credere che abbia una qualche professionalità nella materia, che si renda ben conto di quello che sta succedendo,  che abbia una qualche evoluzione personale nell’avvincente questione.

Ed è proprio questo il punto debole del film, Langdon viene spogliato della sua intelligenza, del suo acume, della sua conoscenza profonda dei misteri, consegnando nelle mani del suo amico, Sir Leigh Teabing interpretato dallo straordinario Ian Mc Kellen, il peso dell’importanza di questo archetipo religioso ma con il risultato di rendere tutto poco credibile. E non basta che ogni tanto si lanci in qualche frase illuminata: tutti sanno molto più di lui e tutti…recitano meglio!

E se pensate che tutto questo viene operato da uno dei più bravi attori moderni, Tom Hanks, c’è proprio da chiedersi se accettando di fare un film solo per soldi sia inevitabile strizzare l’occhiolino agli spettatori passando l’idea che sì, lui è lì ma non ci crede, che il prossimo film sarà più impegnato, sate tranquilli, si rifarà…..

 

Pensiamo ad Al Pacino, che negli ultimi tempi si è venduto in filmetti di poco conto, ha forse una famiglia numerosa da mantenere ma nonostante tutto i suoi personaggi conservano sempre uno spessore, una drammaticità, una sensibilità squisitamente personale, è quel qualcosa in più che attiene alla serietà di un professionista, qualunque cosa faccia.

 

Gli Interpreti

 

TOM HANKS -ROBERT LANGDON. Sappiamo che il più accreditato era Russell Crowe e sappiamo che quando fu stabilito che Tom Hanks avrebbe avuto la parte di Robert Langdon, ci fu una rivolta in America tra tutti i fans del libro. E anche qui la stessa cosa. Curioso che tutti abbiano avuto la stessa reazione negativa, purtroppo confermata dopo aver visto il film. Allora sarebbe stato molto meglio dare la possibilità a un giovane sconosciuto attore che aveva però voglia di prendersi sul serio e dare il meglio di sé ( Pensiamo a Sean Connery e a 007: c’erano in ballo allora Richard Burton e tre altri attori famosi, ci fu un sondaggio tra il pubblico inglese che scelse lo sconosciuto Connery, e così la leggenda ebbe inizio….)

Bruttarello, fuori parte, vestito male ( osservate i difetti della giacca ), non credibile, qualcosa non deve aver funzionato tra Tom Hanks e il regista Ron Howard perché se un bravo attore recita male è comunque colpa del regista.

 

AUDREY TAUTOU – SOPHIE NEVEU. Dopo aver fatto provini a Sophie Marceau, Virginie Ledoyen, Judith Godrèche e Linda Hardy, il regista e il produttore scelsero Audrey per la parte femminile del film. Carinissima, occhioni scuri sbarrati, bocca a cuore, questa attrice è dotata di quella luce che solo pochi attori hanno, ed è una luce che viene dal di dentro. E diciamolo francamente: le saremo sempre grati per averci regalato il personaggio di “Amélie” che resterà nella storia del cinema !

Peccato sia stata anche lei vestita così male perché un conto è il personaggio normale, borghese, sotto tono, e un conto è vestirla come un’educanda appena uscita da un college degli anni 60: quella camicina anonima, quella gonnellina grigiastra, quel maglioncino démodé, quelle scarpe da impiegata che non usa più nessuno…..Ma chi è il colpevole?

 

IAN MC KELLEN - SIR LEIGH TEABING. Bravissimo attore che sta vivendo un momento magico nella sua professione, svolge il suo ruolo con convinzione senza eccedere. E’ anche famoso per le sue provocazioni e prese di posizione estreme nel difendere la sua omosessualità.

 

JEAN RENO – il capitano BEZU FACHE. Un altro attore che ci piace molto, faccia bellissima nella sua irregolarità, voce penetrante, chi può dimenticare il personaggio di “Léon” ? Sembra addirittura che Dan Brown abbia già pensato a lui mentre scriveva il suo libro ed è quindi perfetto per la parte di questo poliziotto francese dall’animo tormentato.

 

PAUL BETTANY - SILAS. Ecco il vero protagonista del film! Il personaggio controverso di questo monaco albino fanatico che cerca la redenzione attraverso una strada di delitti efferati è forse il più riuscito, il più convincente e non era impresa da poco. Questo attore sa rendere la disperazione profonda che pervade il suo animo, è bello come un angelo della morte e la scena iniziale della sua autoflagellazione con i suoi rumori è una delle più crude, violente e disperate mai viste e udite al cinema.

 

La Regia DI RON HOWARD. Diciamolo subito: è un regista che ci piace poco, così attento soldatino che esegue senza prendere mai posizione, pensiamo a “A beautiful mind”, la storia vera di uno scienziato schizofrenico interpretato da un magistrale Russell Crowe, mai una inquadratura fuori posto, tutto ordinario, manca di personalità, di grinta. Qui lo abbiamo apprezzato perché è rimasto fedele al libro, perché ha trovato soluzioni stilistiche pregevoli e anche i numerosi flash-backs fotografati benissimo sono godibili perché brevi, spiegano meglio delle parole e arricchiscono molto i dialoghi, che invece sono una parte debole del film.

Fallimentare con la recitazione di Tom Hanks, Ron Howard è vincente con il resto, anche se ormai i films devono durare tutti quasi tre ore e sono sempre tante.

 

Curiosità. Le riprese all’interno del museo del Louvre sono state effettuate tutte di notte, il quadro della Monna Lisa è stato protetto in toto e quello che si vede nel film è naturalmente una copia. Tutte le scene che riguardano le scritte misteriose e il sangue versato sul pavimento prezioso del Louvre sono state fatte negli studi di Pinewood a Londra.

I ministri dell’abbazia di Westminster si sono rifiutati di permettere l’entrata alla troupe di un film considerato “ teologicamente improprio” e quindi le scene sono state girate in un’altra cattedrale, la Lincoln che per l’occasione ha fermato la campana per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale.

 

DAN BROWN. Il suo libro è diventato uno dei più grandi fenomeni editoriali, in America anche più di “Harry Potter”. Questo anonimo professore di inglese, dopo un tentativo in California per diventare pianista ( ambizione materna ), autore e cantante, torna a insegnare nel New Hampshire dove è nato. Ama ricordare che la sua “chiamata” a scrittore di libri gialli avvenne un giorno mentre era in spiaggia a oziare al sole; ad un certo punto vide una pagina strappata sulla sabbia di un libro di Robert Ludlum, altro grande autore di polizieschi, e decise che quello era un segno del destino.

Comunque sia , Dan Brown è diventato famoso in tutto il mondo e…ricchissimo.

A noi fece impressione subito quella straordinaria dedica alla madre Connie e alla moglie Blythe, all’inizio del libro: “…senza dubbio la donna più sorprendentemente dotata di talento che io abbia mai conosciuto. “ e poi su un’altra pagina: “A Blythe…ancora. Più che mai.”

Grande ricercatrice storica, appassionata di simboli, nessun dubbio che la vera autrice del libro sia lei……

 

Il Codice Astrologico

 

Dan Brown è nato il 22 giugno 1964 a Exeter in Inghilterra, è quindi la conferma che solo un Cancro può tenere in tale considerazione il “Feminino sacro”, che si tratti della Maria Maddalena o della moglie musa ispiratrice…Il suo animo femminile da cancerino bisognoso di protezione si sposa nel suo tema con i tre pianeti in Gemelli (Venere-Mercurio-Marte ) che ne fanno lo scrittore che è: sensibile ma anche superficiale ( la base del suo colpo di genio sta nell’aver letto qualche Vangelo apocrifo ), intelligente e millantatore ( ha vinto una causa contro altri scrittori che affermavano la paternità dell’idea e ha dichiarato di essersi documentato negli archivi vaticani dove nessuno può accedere se non tramite una severissima selezione, e figuriamoci se lo hanno permesso a lui, anonimo aspirante scrittore di libri gialli che voleva stravolgere le basi del credo cattolico…)

Il suo Marte disastrato ( quadrato a Urano-Plutone e a Saturno, opposti tra loro e forse anche opposto alla Luna ) simboleggia una propensione alla polemica e all’aggressività attraverso la parola, tentando così di sconfiggere un senso di impotenza che ha origini antiche.

Se avesse la Luna in Scorpione ecco spiegata la propensione a penetrare nei simboli e nei misteri, e se fosse in Sagittario spiegherebbe altresì il miscuglio di scienza e religione, di fede e di ingenuità che costituiscono la pasta essenziale dei suoi libri.

Tom Hanks è anche lui Cancro e  Ron Howard è un altro segno d’Acqua, Pesci.

Meno male che Jean Reno e Audrey Tautou sono del segno del Leone, attivando nel film un’energia visiva e vitale, che altrimenti mancherebbe.

 

Il film è pieno di riferimenti astrologici e non potrebbe essere diversamente. Inizia addirittura con il simbolo di Saturno su un libro, si passa poi al tridente di Poseidone-Nettuno per arrivare verso la fine a tutta la simbologia planetaria per poi sentirsi piccoli e immortali, come il protagonista e la leggenda che ha scoperto, sotto un cielo stellato che sa di eternità.




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