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MADRAS : LA CITTÀ DAI MILLE COLORI

a cura di Paolo Crimaldi
 

Madras, o Chennai come attualmente è chiamata, è una città davvero notevole, pullulante di energia e colori e difficilmente una volta usciti dall’aeroporto internazionale non ci si lascia avvolgere dai ritmi frenetici e dai colori brillanti che la caratterizzano.

Restando in città una delle prime cose da fare è sicuramente andare a vedere il Museo dei Bronzi, dove è possibile trovare delle statue davvero molto belle e raffinate, e scoprire con sorpresa, nel pantheon induista, delle divinità particolari, molto suggestive e dal fortissimo impatto psicologico e archetipico.

 

Prima fra tutte colpisce Ardhanarisvara, raffigurazione di una divinità che per metà ha sembianze maschili (lato sinistro del corpo) e per metà femminile (parte destra), rappresentazione dell’energia integrata del maschile con il femminile, una sorta di elaborazione alchemica che in termini junghiani potrebbe essere visto come l’unione delle due parti della psiche, l’Anima e l’Animus.

Ma naturalmente non manca di creare magiche suggestioni la vista di Shiva danzante, rappresentata con tutti i suoi simboli esoterici come il cobra, la fiamma e le varie posizioni delle mani. Anche molti Buddha e profeti della religione Jaina trovano spazio in questo splendido museo, ma a differenza delle varie raffigurazioni a cui normalmente siamo abituati a vedere, qui li si trovano quasi tutti nudi e solo nelle due classiche posizioni, ovvero in piedi e seduti nella posizione a fior di loto.

 

Ma è camminando nel Fort, la parte indigena di Madras, così come fu voluta dagli inglesi, che è ancora possibile imbattersi in alcuni astrologi che adoperano l’antica arte della previsione attraverso le foglie di palma. Infatti su queste foglie sono trascritte le posizioni astronomiche con relative profezie per ogni singolo giorno, mese e anno. A dire il vero il sistema non è così semplice come appare, ma i risultati sono davvero notevoli, sempre che si riesca a trovare il professionista serio e preparato, perché è bene dirlo che l’India, come del resto ogni parte del mondo, pullula di impostori che giocano sulla suggestione esotica ad uso e consumo dei turisti.

 

Spostandosi di pochi chilometri da Madras si può visitare una delle sette città sante dell’India, Kanchipuran, città d’oro come vorrebbe una traduzione letterale del suo nome, la quale conserva dei templi indù molto belli, ma ristrutturati in modo davvero orrendo.

In passato se ne contavano almeno mille, oggi se ne sono rimasti all’incirca settanta. Tra questi quello più suggestivo, e forse meglio tenuto, è il tempio di Kailash Nata, residenza di Shiva. Tra le varie rappresentazioni di questa divinità, ve n’è una che richiama molto da vicino un Buddha, sia nella postura che nel trovare ai suoi piedi due gazzelle, animali sacri alla religione buddhista.

C’è da dire che la cosa più suggestiva di questi luoghi non è soltanto legata alla bellezza architettonica dei vari siti archeologici e alla rigogliosa natura, ma proviene soprattutto alla profonda spiritualità e devozione, sempre composta e discreta, che si respira tra i vari pellegrini, festosi, ma mai esaltati, sempre sorridenti e disposti al dialogo, interessati a chiedere allo straniero in un inglese a volte stentato, altre perfetto, il suo luogo di provenienza e cosa ne pensa dell’India.

 

Sono queste le vere e profonde emozioni che ci si riporta da questa terra magica, fascinosa, sempre più tecnologizzata, eppure capace di non perdere il rapporto con l’immanente, con quella luce che è dentro di noi e che ci permette di essere, anche solo per un attimo, parte del tutto, uno dei milioni di divinità che pullulano nel grande e variopinto pantheon indù. 




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