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PONDICHERRY: L’INCONTRO CON SHRI AUROBINDO E MER

a cura di Paolo Crimaldi
 

Arrivare a Pondicherry è come passare improvvisamente dall’India colorata, disordinata, anarchica ad una città del nord Europa, pulita, ordinata, precisa. E’ un vero e proprio choc emotivo e visivo, solo il primo di tanti che è possibile vivere in questa cittadina.

L’atmosfera attorno non ha perso affatto il sapore coloniale e in ogni angolo ci si aspetta di incontrare l’eroina di un romanzo dei primi del Novecento o di vedere in bermuda e casacca color cachi un ufficiale di Sua Maestà la Regina Vittoria. Anche se a dire il vero questa città era stata un avamposto dei francesi e solo tardi fu poi dell’esercito britannico.

 

E’ pur vero che Pondicherry ha mantenuto la sua divisione, alquanto razzista, tra la parte bianca, abitata in passato da funzionari europei ed ora dagli indiani agiati, e la parte nera, che ancora oggi accoglie i poveri e non ha certo la bellezza e l’ordine di cui si detto.

Ma chiaramente questa atmosfera lascia il posto ad una forte e vibrante energia da cui si è avvolti quando si giunge al cenotafio di Shri Aurobindo, il maestro spirituale che con i suoi insegnamenti riuscì a lanciare messaggi di una tale profondità e chiarezza intellettuale, oltrechè spirituale, che ancora oggi sono considerati un faro per coloro che sono avviati al sentiero della conoscenza e della eventuale illuminazione.

 

La tomba si trova nella parte bianca della città, in pieno centro, e da subito vi si respira una forte atmosfera mistica, nonostante tutto intorno è profondamente laico. Il corpo di Aurobindo non è stato cremato, ma si trova intatto perché secondo la tradizione indù essendo egli un guru non aveva bisogno di essere purificato. Intorno alla tomba è possibile notare persone in meditazione, ma ciò che più di ogni altra cosa colpisce è la forza e l’energia psichica che vi si respira, una sorta di pace profonda e di libertà assoluta che solo in pochi altri posti mi è stato possibile avvertire.

 

L’ashram, chiamato Auroville, che invece si trova qualche chilometro fuori dalla città, è un posto di rara bellezza, apparentemente immerso nel vuoto e nella luce, dove quasi tutto sembra avere un qualcosa di rarefatto.

Al suo interno vi si trovano tanti laboratori dove vi si producono oggetti poi esportati in tutto il mondo, tra cui il fragrante incenso fabbricato ancora oggi con le vecchie tecniche di una volta e senza alcun uso di sostanze chimiche o animali.

Ma è qui che forse si può avere un contatto diretto con l’essenza del karma e comprendere anche più in profondità il valore dell’astrologia. In questo luogo così lontano da ogni sorta d’inquinamento acustico, luminoso, materiale si ha la netta sensazione che la vita non è altro che un punto all’interno di una grande ruota che è in continuo movimento e l’astrologia è la filosofia, logica, pratica, che permette di conoscere a fondo il senso del continuo evolversi dell’esistenza aiutando a capire che non c’è alcuna esperienza, anche la più brutta e dolorosa, che non è in perfetto contatto con il nostro karma e con la nostra strada verso la liberazione.

 

Non si può certo parlare di illuminazione, ma è in questo ashram che è possibile comprendere come il karma altro non è che il senso più profondo della vita e che se siamo consapevoli delle nostre azioni possiamo sicuramente imparare non tanto ad evitare gli eventi a cui siamo destinati sin dalla nascita, ma certamente a poterli gestire con consapevolezza, tanto da non restarne schiacciati, ma utilizzandoli come trampolini di lancio per la nostra crescita personale, tanto a livello psicologico che spirituale. Ed è forse proprio in tutto ciò che si può ritrovare il significato più profondo dell’asse dei Nodi lunari così importante per l’astrologia indiana, perché sono proprio Rahu e Khetu le rispettive porte d’ingresso e di uscita da questa esistenza, e se riusciamo ad individuare con chiarezza il sentiero che esse indicano, possiamo anche avvicinarci ad un livello dell’esistenza raffinato e più puro su piano spirituale. 




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