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NON IMPORTA AMORE MIO … PERCHÉ IO … TI SALVERÒ

a cura di Lidia Fassio
 

E’ abbastanza facile incontrare persone che hanno uno schema mentale in cui l’amore si è associato alla sofferenza; è una sindrome abbastanza frequente, meno di un tempo, ma ancora rintracciabile nella psiche femminile.
In base a questo schema mentale, l’amore viene visto come grande e come romantico, solo se si accompagna a grandi sacrifici e a sofferenze per cui, il soggetto in questione, è particolarmente incline ad accollarsi un imprecisato numero di responsabilità, di doveri e, ovviamente, di frustrazioni. Questa modalità di pensiero porta la donna a cercare uomini che non sono autosufficienti o che, peggio ancora, sono deboli e fragili, spesso addirittura affetti da vere e proprie dipendenze quali alcool o droga. La donna entra così in un vortice perverso che produce frustrazione e grandi difficoltà. Chiaro che a questo punto viene da chiedersi cosa è che spinge una donna a unirsi ad un uomo impossibile che non si interesserà mai di lei e dei suoi sentimenti, ma si appoggerà e la tratterà male, considerando tutto questo assolutamente “normale”.

Ci sono sicuramente ragioni per tutto ciò e quasi mai coscienti; infatti, questo tipo di donna entra nel ruolo di vittima senza peraltro viverlo come tale proprio perché lo conosce, in qualche modo lo ha già interpretato e con facilità tende a scivolarci dentro nelle sue relazioni, almeno fino a quando non comincerà a lavorare sulla sua autostima, sempre bassa perché minata in profondità.

Nella vita di queste donne quasi sempre c’è un genitore che ha richiesto grandi sacrifici: a volte sono state a contatto con un padre o una madre alcolisti e, proprio questa esperienza le ha segnate nel loro carattere perché, anziché vivere una fase di gioco e di sostegno da parte degli adulti, queste creature si sono trovate fin da piccole a fare loro un ruolo di sostegno e a vedere quasi sempre negati i loro bisogni; in molti casi, è proprio la bambina a cercare di proteggere il genitore e a farsi carico magari di fratellini o sorelline più piccole, cercando al tempo stesso di tenere in mano l’andamento della casa e, non ultime, le rabbie del genitore che di tanto in tanto tendeva ad andare fuori controllo.

In questo tipo di situazione la psiche infantile opera attraverso meccanismi che permettono alla bambina di salvarsi e di non soffrire più di tanto: ci sono alcune componenti interessanti; la prima riguarda l’idealizzazione del genitore che le permette di fuggire dalla realtà che, ovviamente è inaccettabile; nel caso, magari la bambina vede la madre perfetta, lasciando completamente nell’inconscio il fatto che non sia mai stata nutritiva e protettiva, che passasse giorni completamente assente, che non sostenesse la figlia ma che anzi, fosse lei ad appoggiarsi per la parte emotiva, psicologica e spesso anche materiale della sua vita alla figlia; la seconda riguarda il tentativo costante di “sintonizzarsi” sugli altri, in modo da prevenire eventuali traumi; questo da un lato le obbliga a sviluppare delle vere e proprie antenne che fanno loro percepire ogni minimo problema, ma dall’altro tendono anche a sviluppare un vero e proprio delirio di onnipotenza che deriva dal fatto di essere loro comunque ad occuparsi degli adulti e a dar loro l’impressione di estrema utilità.

Questa modalità di essere sposta completamente il baricentro della vita e non permette alla ragazza di conoscere i suoi sentimenti, sempre sintonizzati sugli altri e sul bisogno di reggere le situazioni e di sistemare le cose degli adulti occupandosi di moltissime cose.
Una terza tendenza consiste nel dover minimizzare ciò che vivono in modo da non essere obbligate a guardarsi dentro e a vedere la realtà che gli altri vedono e che è sempre catastrofica.

Questa inclinazione a soffrire e a sacrificare i propri bisogni per gli altri ha anche un lato di risarcimento sul piano personale anche se dall’esterno risulta molto disfunzionale; nelle situazioni in cui è praticamente impossibile avere un riconoscimento ed una identità, questi possono arrivare in forma deviata coltivando l’idea di sentirsi “utili a qualcuno”; infatti per queste persone vige l’equazione “sentirsi necessari = essere amati”; esser utili sembra dunque essere la parola magica e, non appena incontrano qualcuno con problemi loro tendono immediatamente a sentirsi necessarie e trovano tutto questo incredibilmente “familiare”; è così che con facilità attirano nella loro vita uomini che hanno bisogno a cui loro dedicano cure ed affetto se non addirittura la loro stessa vita.
Contemporaneamente queste situazioni creano anche una grande confusione rispetto al diritto personale e ai confini: sono sensibilissime al dolore degli altri e spesso ritengono giuste cose che nessuna persona con una autostima sana riterrebbe tali.
E’ così radicato nella loro psiche il bisogno di sacrificarsi che diventano loro stesse dipendenti da “qualcuno da amare, da curare e perché no… da salvare”.
A riprova di questa dipendenza sta il fatto che se per caso la persona che amano “guarisce” e si rende indipendente, loro sprofondano in uno stato di depressione e di inutilità che, automaticamente, le porta a cercare un’altra creatura “da salvare”, per ritornare a sentirsi importanti e utili per qualcuno.

Astrologicamente questi aspetti si ritrovano con quadrature e opposizioni Luna Nettuno a cui spesso si aggiunge anche Saturno, oppure dinamiche Sole Nettuno. C’è dietro a questi aspetti l’immagine di una madre o di un padre che non sono riusciti a fornire quel senso di sostegno necessario a crescere, ma addirittura hanno richiesto indirettamente una inversione di ruoli; si tratta di creature fragili, dipendenti che hanno debordato i loro problemi sulle figlie; queste, a loro volta, hanno imparato a negare sé stesse, a rinunciare ad ogni loro bisogno e a farsi carico di ciò che la vita familiare richiedeva.
Sotto ad una vita apparentemente forte, fatta di azioni e di doveri c’è invece una forte depressione che le spinge ad amare compulsivamente qualcuno che, in realtà, è distruttivo per la loro esistenza.

Chi è vissuto con persone “dipendenti” ha in qualche modo ereditato una forma di “dipendenza”; nel caso descritto, la dipendenza può essere vista nella dedizione totale a partner inaffidabili e incontrollabili che però consente di sentirsi utili e responsabili.

Purtroppo però il problema è quello di uscire da questa dipendenza e, per farlo, il primo passo consiste nel cambiare radicalmente lo schema mentale che è ancora abbastanza strisciante: infatti, nei film, nelle telenovele e nelle canzoni, spesso passa questo messaggio di “amore – sofferenza” contrabbandato come il grande amore romantico se non addirittura dell’unico “vero e grande amore”; in realtà questo è un falso clamoroso: credere che la sofferenza sia parte integrante dell’amore è proprio ciò che predispone a soffrire.
Queste donne devono dunque lavorare sulla loro autostima e sull’immaturità affettiva che le allontana sempre più da relazioni paritarie e gratificanti.




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