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LE VITE DEGLI ALTRI 33 PREMI E 10 NOMINATIONS

a cura di Augusta Neumann
 
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Prima della caduta del muro di Berlino, la polizia segreta della Germania Est ascolta i tuoi segreti...

Al termine della proiezione del film, il pubblico tutto si è alzato in piedi e ha applaudito in un gesto spontaneo di grande coinvolgimento emotivo.

Questo dà in parte la misura della bellezza di questa pellicola tedesca, una vera sorpresa anche perché si tratta di un' opera prima realizzata da uno sconosciuto giovane autore, Florian Henckel von Donnersmarck.

Berlino Est, 1984.

 

Gerd Wiesler é un ufficiale della Stasi, il Servizio di sicurezza della Germania orientale che comprendeva 85.000 uomini destinati a seguire, ascoltare, controllare fin nei minimi dettagli la vita di chiunque fosse anche lontanamente sospettato di attività antigovernative.

Uomo glaciale, completamente dedito al suo lavoro di spia, inflessibile con i colleghi e con i superiori, Wiesler è un automa senza vita privata, senza affetti, senza dubbi.

Un giorno viene incaricato di spiare un artista, lo scrittore Georg Dreymann, uomo bello, affascinante, tenuto in grande considerazione perfino dalle stesse autorità, dalla vita affettiva piena, innamorato dell'attrice teatrale Christa-Maria e dai molti amici intellettuali.

Dopo aver riempito di nascosto la casa con un numero incredibile di microspie, il controllore della Stasi inizia così a penetrare nella vita dello scrittore in ogni suo attimo del giorno e della notte. Il rapporto tra sorvegliante e sorvegliato diventa così una simbiosi perfetta pur non vedendosi mai, Wiesler seduto solo con le sue cuffie in una soffitta ad ascoltare e Dreymann nel perenne movimento della sua esistenza, agitato da grandi passioni, umane e intellettuali.

Il primo ascolta anche gli amplessi notturni, li trascrive in modo uniforme e pignolo nel resoconto quotidiano battuto a macchina, mentre il secondo rimane completamente ignaro di quello che sta accadendo nelle pareti della sua casa.

 

Uno dei meriti del film è quello di non raccontare eclatanti svolte psicologiche man mano che la vita di uno penetra nella vita dell’altro, esse accadono ma ce ne accorgiamo dai fatti, da certe scene dove l’ufficiale si comporta diversamente e noi ce ne meravigliamo perché inspiegabili.

L’indagine di Wiesler che non riesce a trovare prove per inchiodare la sua vittima e la vita di Dreymann che, dopo il suicidio di un amico al quale era stato impedito di lavorare, inizia a formarsi una coscienza politica, si intersecano in una serie di colpi di scena che ci accompagneranno fino all’ ultimo fotogramma.

Raccontare di più sarebbe fare un torto allo spettatore, il film va visto.

 

Si tratta di una storia di grandi tradimenti: politici, umani, ideologici, affettivi, amicali e la domanda che pone è molto interessante e agghiacciante nello stesso tempo per ognuno di noi: è inevitabile che un essere umano tradisca i suoi affetti o ideali più profondi per salvare la propria vita ?

Uno dei pregi del film tedesco è quello di non rappresentare i due protagonisti come bianco e nero, buono e cattivo, torturatore e vittima, se non nelle prime scene.

L’ufficiale della Stasi è temibile e glaciale ma la sua vita ci viene mostrata in tutta la sua solitudine e desolazione, il solo conforto affettivo é l’ unico concesso: un rapporto sessuale con una prostituta e il piatto della sua cena solitaria è quanto di più commovente si possa immaginare.

Lo scrittore ha tutte le più belle qualità e appare come vittima designata ma quando la sua compagna è costretta a subire le attenzioni sessuali di un ministro, lui non le dice adesso ti proteggo io, semplicemente le fa capire che non gli sta bene ma che faccia come crede…

E’ una storia di esseri umani e di molte solitudini perché l’uomo è solo davanti alle decisioni più importanti che riguardano la sua vita e la sua morte.

 

Gli attori sono tutti bravissimi ma la palma spetta a Ulrich Muhe nei panni di Wiesler che ha vissuto sulla propria pelle il regime spionistico oltre il muro e conferisce al suo personaggio una densità emotiva racchiusa in piccolissime variazioni della sua faccia e del suo corpo e soprattutto dei suoi occhi..

Straordinaria l’ambientazione nei luoghi raccontati: lo squallore, il grigiore, il clima di terrore ma anche di rassegnazione si respira attraverso i muri, gli intonaci, le poltrone, gli abiti.

Il film conta una serie di scene indimenticabili narrate con una semplicità che le rende ancor più emozionanti: l’inizio con l’interrogatorio di un sospettato di attività contro il regime, la palla di un bambino che entra nell’ascensore di Wiesel, il dialogo alla mensa degli ufficiali tra tre giovani aspiranti spie e il loro capo che li agghiaccia con la sua crudele ironia, il finale….

 

Questo film va visto, soprattutto dai giovani, per tre motivi:

il primo perché è un capolavoro che lascia nello spettatore qualcosa di emotivamente intenso;

il secondo perché è la ricostruzione fedele di un regime spionistico e non si possono evitare certe cose se non si conoscono e per chi le ha già vissute è bene ricordare perché noi siamo ciò che ricordiamo…

il terzo perché parla della pasta di cui sono fatti gli uomini.

L’azzurro dello sguardo di Wiesel, la schiena leggermente piegata di Dreymann, il sudore della pelle di Christa… siamo noi.

 

NOTE ASTROLOGICHE

 

Il regista Florian Henckel von Donnersmarck nasce il 2 maggio 1973 a Colonia, erede di un’ antica nobile famiglia della Slesia. Ha vissuto a New York, Bruxelles, Francoforte e Berlino Ovest.

Si è trasferito in Russia per approfondire la sua lingua preferita e poi a Oxford dove ha studiato scienze politiche, economia e filosofia.

Qui il suo talento è stato notato da Sir Richard Attenborough che lo ha spronato ad occuparsi seriamente di cinema.

“La storia del film è nata per una frase di Lenin: “Non ascolto l’Appassionata di Beethoven perché mi rende morbido e mi avvicina ai pensieri della gente invece di fronteggiarli.” Forse il mio film è una sonata dove un poliziotto ha un numero e non un’identità: HGWXX7.”

 

Il Tema natale di Florian presenta un’interessante congiunzione Sole-Luna-Venere in Toro.

Il concetto delle sicurezze e della materialità del corpo è qui magnificato e traspare dal suo film a ogni inquadratura: nessun effetto speciale, nessun eroe, le microspie nascoste dentro agli intonaci dei muri sembrano avere vita propria, materia che ascolta altra materia.

La musica è parte integrante della storia e fonte di ispirazione sia per il regista che per i protagonisti del film ma non possiamo svelare di più.

Marte e Giove in Acquario simboleggiano molto bene l’aspirazione dell’autore alla libertà, all’accettazione della diversità come fonte di felicità universale, all’orrore per tutto ciò che è repressivo e umiliante per la dignità umana.

 

Curiosamente nel film ci vengono date due indicazioni sulle date di nascita dei protagonisti principali.

Il compleanno dello scrittore Dreymann cade poco prima dell’ 8 gennaio e il documento d’identità di Wiesel mostra chiaramente il 17 febbraio.

Se è un caso, possiamo affermare che mai caso fu più azzeccato di questo.

Lo scrittore è l’immagine più nobile di un Capricorno, vittima sacrificale del padre-regime e ci vorrà molto tempo prima che sia realmente capace di assumersi tutte le sue responsabilità di uomo.  L’ufficiale della Stasi, sotto le mentite spoglie di un grigio e abitudinario funzionario, è un Acquario che nasconde dentro di sé il vero cambiamento, rompe le regole e diventa un Uomo.




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