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RELAZIONE TRA AGGRESSIVITÀ E DEPRESSIONE

a cura di Gianfranco Casalis
 
L’aggressività è spesso associata a qualcosa di distruttivo ma è altresì importante considerarla come un fondamentale impulso istintivo che svolge funzioni positive nelle relazioni con gli altri e con la società in genere.
Spesso, però, per gli esseri umani è difficile venire a patti con il proprio impulso aggressivo e in questi casi, l’aggressività è stata repressa, rivolta all’interno, contro il proprio Io oppure è stata rinnegata e attribuita ad altri o, ancora, si è manifestata in forme esplosive, pericolose e infantili.

Il rapporto tra gli impulsi aggressivi e la depressione non appare semplice al profano. Molti individui provano momenti di tristezza o di sfiducia, anche se in forma transitoria, perché nessun essere umano può evitare la delusione, i fallimenti occasionali o i lutti nel corso della sua esistenza. Molte volte i momenti di tristezza e sfiducia sembra non abbiano una causa esterna rintracciabile e, spesso, vengono attribuiti a malesseri fisici, al cambiamento climatico o ai più diversi motivi. Affermare che questi stati depressivi derivano dall’inibizione o repressione degli impulsi aggressivi, può suscitare diffidenza, scetticismo, ma se si facesse notare che l’individuo che soffre d’umore depresso ha perso il suo abituale mordente, è probabile che questo individuo si dichiarerebbe d’accordo.

La depressione può transitare da uno stato di malinconia e mancanza di vitalità ad uno stato penoso di disperazione. I vari sforzi di definire le diverse forme depressive in termini di gravità si sono rivelati infecondi, poiché il disordine, come la maggior parte dei disagi mentali, non consiste in un certo numero di variabili distinte, ma costituisce un movimento che si spinge dalla normalità a una condizione di patologia mentale che richiede l’intervento terapeutico. E’ noto che la depressione grave è caratterizzata da uno stato di malinconia, anche se questa può non essere assolutamente l’espressione principale del tormento. L’attività dell’individuo colpito da tale sofferenza può giungere fino all’immobilità quasi assoluta, con un rilevante rallentamento dei processi mentali, il disordine del ritmo del sonno, generalmente caratterizzato da un risveglio precoce, dalla mancanza d’appetito, dalla perdita del tono muscolare e diminuzione o assenza del desiderio sessuale.

Per quanto tutti, chi più chi meno, siamo soggetti alla depressione che è una reazione normale al senso di perdita e di sconfitta, alcuni soggetti sono molto vulnerabili. La psichiatria definisce depressione endogena quel disordine costituzionale che soffrono alcuni individui con attacchi ricorrenti, senza una causa occasionale esterna definibile. La definizione endogena significa lo stato di depressione che origina nell’intimo dell’individuo e per la quale la psichiatria non è in grado di identificare una causa specifica. Alcuni individui reagiscono in modo esagerato e cadono in una profonda depressione di fronte a sconfitte di poco valore e a volte addirittura banali. E’ probabile che individui soggetti a depressione possano appartenere ad un tipo genetico particolare, ma non si può comprendere la depressione senza tener conto della storia dello sviluppo dell’individuo sia nell’ambiente familiare, sia nei rapporti con le persone più significative. E’ stato largamente dimostrato che la depressione si accompagna, tanto nell’essere umano quanto negli altri animali, ad una severa inibizione dell’impulso aggressivo.

I lutti, gli insuccessi, le delusioni amorose possono rappresentare altrettante cause accidentali della reazione depressiva in quei soggetti in cui è più facile individuare una causa esterna. Essere respinti dalla persona amata non può non causare un certo risentimento, così come mancare un successo a lungo sognato può provocare sensazioni d’amarezza e dolore. Si è soliti pensare che la perdita di una persona cara provochi una sofferenza incontaminata da sensazioni aggressive, tuttavia, il lutto causa una depressione che, a differenza della naturale tristezza, è caratterizzata dall’inibizione dell’impulso aggressivo nei confronti del mondo esterno e da un ri-orientamento dello stesso impulso verso l’Io, con sentimenti di colpa e di impotenza. E’ stato osservato che la perdita di una persona cara provoca l’inibizione momentanea o la soppressione, allo stesso tempo, dei sentimenti d’affetto come di quelli aggressivi, proprio perché quando la persona era ancora in vita il soggetto trovava in lei un oggetto del proprio amore quanto della propria aggressività. Occorre riconoscere che il rapporto con la persona amata può essere di natura ambivalente e non pensare all’aggressività soltanto come ad un male, ma anche un impulso indispensabile che consente, oltre l’acquisizione della padronanza sull’ambiente, anche la capacità d’affrancamento gli uni dagli altri in modo da non essere oltremisura dipendenti dal prossimo e diventare individui distinti.

Nelle profondità del nostro essere esiste una componente aggressiva che è un fattore indispensabile alla sopravvivenza e freno a una smisurata, reciproca, dipendenza tra coloro che si amano. Non tutti gli individui che soffrono un lutto cadono in forme depressive gravi. Coloro che ne sono vittime possiedono alcune caratteristiche della personalità che richiedono un approfondimento e una spiegazione in termini di sviluppo infantile.
La madre capace di trasmettere tenerezza e affetto al suo bambino gli infonde la fiduciosa convinzione d’essere degno d’amore e ciò può significare che il figlio sarà capace di avvicinare il prossimo con un certo grado di fiducia in se stesso e di attingere ad essa, in caso di necessità, nei periodi di lutto, fallimenti o delusioni. In questo caso, in termini psicoanalitici, il bambino ha introiettato una buona madre e porta nel proprio Io una riserva d’amore solida e inattaccabile dalle vicissitudini esterne. Nel caso in cui le cure materne siano state inadeguate a soddisfare le esigenze del figlio, il bambino troverà impossibile acquisire fiducia nella propria amabilità e bontà e sarà carente o non avrà alcuna riserva interna di fiducia su cui poter contare e nella vita resterà sempre pericolosamente esposto al fallimento, alla reiezione e allo sconforto, eventi che egli vivrà sempre come rovinosi, tragici che lo affondano in una profonda depressione. Tale individuo avrà difficoltà a tollerare l’ira di coloro al cui amore si sarà affidato e, nello stesso tempo, ad ammettere d’essere a sua volta adirato e risentito con loro. E’ incapace di vivere in modo continuativo la corrente affettiva e avrà difficoltà di sperare in un ritorno d’affetto dopo una perdita temporanea. L’indipendenza dalla madre diventerà difficile sia perché sarà portato a ricercare costantemente l’affetto che lei non è stata capace di offrirgli, sia perché senza l’acquisizione della fiducia di base egli avrà difficoltà di consentire al proprio impulso aggressivo di svolgere la funzione naturale di renderlo separato dalla relazione materna.

La convinzione d’essere indegno d’affetto, tipica dei soggetti depressi, li spinge costantemente verso una ricerca d’amore con la paura d’essere invadenti, o aggressivi e col bisogno esagerato di dipendenza. Questi individui si comportano in modo da non rischiare mai di offendere o irritare gli altri, come a suo tempo, nell’infanzia, hanno fatto con la propria madre, allo scopo d’ottenere ciò di cui hanno disperatamente bisogno. La personalità di tali individui è fondata sulla repressione e sulla difesa di se stessi contro i sentimenti fortemente ostili che hanno lasciato le tracce della carenza affettiva sofferta durante il periodo della fanciullezza. La loro tendenza è quella di odiare quelli che amano perché non riescono ad ottenere da loro ciò di cui hanno realmente bisogno e, poiché non hanno il coraggio di manifestare quest’odio per paura di perdere anche ciò che hanno, rovesciano l’ostilità contro se stessi torturandosi e disperandosi. Inoltre, è facile osservare come gli aspetti dell’aggressività rivolti alla separazione e all’indipendenza e quelli rivolti all’odio, come reazione alla frustrazione, vengono fortemente repressi e divampano in improvvisi atti d’omicidio o suicidio. Viene da pensare che la frequenza della depressione nel nostro tipo di cultura sia da ricollegare in parte alla nostra incapacità di soddisfare i bisogni infantili della nostra prole e, in parte, alla nostra insistenza ostinata nel volerli indipendenti prima del tempo.




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