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IL CORPO: ESSENZA ED IMMAGINE

a cura di Lidia Fassio
 

In questa difficile fase che stiamo vivendo da un punto di vista di valori, anche il corpo ha perso la sua “sacralità” ed è diventato per così dire “pagano” nel senso che non viene più visto come il veicolo dell’anima, ma come qualcosa di puramente materiale che, di conseguenza, deve essere perfetto e, soprattutto si deve adeguare ai canoni di bellezza imperanti.

Per assurdo, proprio quando potevamo cominciare a unificare corpo, mente e anima, le cose sembrano, almeno per alcuni, essersi ulteriormente scisse.

Infatti, il corpo è come se avesse preso una sua strada e dovesse esprimersi in maniera autonoma, senza alcuna complicità con le altre due istanze, ma, per così dire, isolato dalla mente e dall’anima.

 

Indubbiamente se da un lato non è facile per la nostra mente accettare un corpo che cambia nel tempo, non è tuttavia, pensabile di poterlo “modellare” a nostro piacimento come se fosse fatto di creta, senza una sua precisa forma e struttura, pronto ad assumere “l’immagine” che ognuno di noi vuole dare ad esso. In pratica, in questo momento storico si pensa al corpo come ad un oggetto che, di conseguenza, può essere cambiato se non piace.

 

Mai nella storia siamo stati così schiavi dell’immagine al punto da voler cambiare le nostre fattezze e la nostra fisionomia. Un tempo le donne – adoratrici della Dea Afrodite – apprendevano da lei l’arte di raffinare la materia e lo spirito: infatti, fin dall’antichità le donne creavano e si servivano di ornamenti e trucchi che avevano lo scopo di migliorare la propria essenza oltre alla propria immagine, servendo così al meglio l’arte della seduzione. Le “forme” venivano messe in mostra e le donne imparavano ad agghindarsi rendendosi attraenti attraverso sguardi, atteggiamenti e movenze che avevano lo scopo di migliorare sé stesse e la propria armonia interiore ed esteriore.

 

Il corpo femminile serviva il linguaggio del desiderio e della bellezza; nell’antica Grecia tuttavia, anche il corpo maschile era interessante ed era preso ad esempio per rappresentare l’armonia delle forme – tipo quello di Apollo o dei bronzi di Riace – veri e propri canoni di perfezione.

 

Oggi le cose sono molto cambiate: il corpo è diventato esclusivamente ciò che si vede e si mostra e, pertanto, deve essere perfetto.. ma non nel senso vergineo e bilancino del termine il che starebbe a significare un corpo sano, armonioso, pieno di vitalità e di energia bensì un corpo che non abbia difetti estetici e che, soprattutto non mostri i segni del tempo che sono quelli inaccettabili ed inaccettati; questo esclude qualsiasi discorso autentico di “benessere”; in effetti è interessante come oggi vi sia un contrabbando reale di questa parola che, a conti fatti non ha più nulla a che fare con quello “stare bene con sé stessi” che era l’essenza stessa di Venere, qualcosa che richiedeva la collaborazione della mente e dell’anima; oggi la parola viene praticamente a significare “senza segni del tempo” il che si traduce in senso esclusivamente fisico quando, sappiamo benissimo, che non può esserci bellezza senza la compartecipazione delle altre due istanze, che insieme traducono anche l’espressione “salute”.

 

Questo modo di vivere il corpo indubbiamente non onora Afrodite e scatena indubbie rivendicazioni della Dea stessa che, vedendo i suoi simboli utilizzati in maniera impropria, non dispensa nessuna delle sue doti che sono:  “armonia e grazia” . Oggi vediamo l’archetipo funzionare solo nella sua zona “ombra” portando quindi un’assenza di gratificazione ed anzi, privandoci del piacere e del desiderio che, invece, sarebbero assicurati dalla divinità quando siamo in linea con la nostra essenza.

 

Oggi il corpo viene “tradito” e “vessato”; trattamenti, lifting, diete assurde, palestra e chirurgia plastica sono quanto di più lontano dall’ideale di vita di Venere che invece spendeva il suo tempo a migliorare la sua cultura, imparando le arti della danza, della musica ma, soprattutto, l’arte di amare.

Anche nell’ostentazione del corpo siamo molto lontani dagli insegnamenti di Afrodite che era celebre per i suoi “veli”; essa infatti utilizzava vestiti a più veli che nascondevano e, al tempo stesso, svelavano e, in questo modo, accendevano l’interesse e il desiderio.

 

Oggi i corpi sono incredibilmente dissacrati: sono costantemente nudi e nessuno può più “immaginare”; non c’è più nulla da svelare ed anche questo è un segno dei tempi ed un modo per non essere in linea con  Afrodite che rappresentava la sessualità femminile che, in nessun caso, può essere simile a quella maschile e prorompente di Ares per intenderci; Venere ama la seduzione che, a conti fatti, è una promessa di appagamento che si accende all’interno e che vive di possibilità più che di certezze.

 

Il corpo  deve essere “svelato” il che ci riporta a qualcosa che spinge e seduce il desiderio di conoscenza personale oltre che dell’altro. In questo delirio di corpi che vengono “perfezionati e plastificati” solo per essere ostentati non vi è praticamente nulla di raffinato e di seducente: prova ne è che, nel periodo in cui vi è il massimo della nudità, vi è anche l’assoluta perdita di “desiderio” sia maschile che femminile.

 

Questo ci invita a riflettere e a fare alcune considerazioni: non vi è modo di arrivare a vivere appieno la seduzione ed una sessualità appagante se non vi è anche “relazione” con sé stessi prima ancora che un’altra persona; ce lo insegna il simbolo di Venere che mai può essere ridotto al puro significato di “immagine”; non a caso, la prima sede di Afrodite è il Toro – casa seconda – che ci parla molto più della scoperta di sé e del proprio corpo, prima e grande vera “risorsa” che si possiede; non vi è modo di andare verso la conoscenza di noi stessi se non passando attraverso il corpo; esso però deve essere amato, riconosciuto e, soprattutto deve “piacerci”. La prima sede di Venere riguarda il lato narcisistico dell’amore, premessa a ciò che potrà diventare un giorno “scambio e relazione”.

 

Ora, questa follia di “dover essere” come si ha in mente e quindi di cambiare il nostro naso, la forma degli occhi, gli zigomi, le natiche, le cosce e quant’altro indica una assoluta lontananza da sé stessi, anzi, una costante e sottile insoddisfazione rispetto al sé corporeo il che porta quasi ad un odio verso sé stessi che tracima nel desiderio di “cambiarsi” e di “farsi diversi” a qualunque costo, anche quando la sofferenza diventa parte integrante di questo percorso.

Oggi siamo affetti dalla sindrome di Pigmalione: il guaio è che lo siamo verso noi stessi: non troviamo nulla da amare dentro di noi e nel nostro corpo e quindi, vogliamo fabbricarci “diversi”, sperando che questo faccia accadere il miracolo.

 

Il punto fondamentale però sta nel contatto che il corpo – inevitabilmente - mantiene  con la psiche. L’amore di sé e per sé non è qualcosa che può esistere senza una relazione tra il corpo e l’anima: quando si forma l’immagine del corpo, essa si salda al senso di piacere, di gratificazione e tutto ciò viene erotizzato e diventerà parte di ciò che si cercherà nelle relazioni adulte. Un corpo che non ci piace.. continuerà in un certo senso a “non piacerci” in quanto è espressione di un disagio interno, di un senso di non valore e di non armonia che non sarà  facilmente abbattibile dal bisturi.

 

Le persone che si sottopongono a ciclici interventi estetici vivono con una sorta di continua insoddisfazione che non deriva dalle fattezze e dalle forme esterne ma da qualcosa di più profondo che regna e si agita nel loro più profondo. Soprattutto le dive dello spettacolo, che sono le più soggette all’idea imperante di dover mostrare “un’immagine ed un corpo perfetto”, continuano a non accettarsi e a non essere gratificate da ciò che vedono riflesso nello specchio.

Come a dire che non è possibile ingannare l’archetipo: Venere resta sbigottita dal fatto che si cerchi di aggirare l’amore di sé e il senso di valore interno che deriva dall’armonizzazione di corpo, mente e anima; non si può pensare di contrabbandare il tutto con il rifacimento del corpo o con il sottoporsi a situazioni di sofferenza e di stress per apparire più magre o più piacenti e con molti anni in meno.

 

La grande lezione di Afrodite è “piacersi per piacere”, “amarsi per essere amati” e “valorizzarsi per essere valorizzati”; senza apprendere queste semplici ma basilari regole non vi è modo di arrivare a vivere quel senso di appagamento che, prima di tutto, deve partire da dentro di sé, dal riconoscimento che siamo un’unità e che non è possibile attenere “perfezione” solamente nella forma, giacchè la forma ideale deve essere espressione di una relazione tra il divino e il terreno e  tra il sacro e il profano.

 

Ancora una volta il simbolo ci può offrire una lettura interessante e, soprattutto reale: non si può amare un corpo se non ha un suo valore intrinseco: oggi infatti l’archetipo di Venere è disatteso proprio perché viene utilizzato solamente il suo lato ombra:

 

-         laddove non c’è sostanza ed essenza di sé, diventa imperativo riempire il vuoto con una immagine di sé;

-         laddove manca il valore di sé c’è bisogno di mostrare un corpo bello e perfetto in cui cercare di riconoscersi;

-         laddove non c’è un autentico “piacersi”  bisogna riuscire necessariamente a “piacere”;

-         laddove non c’è identità, sono gli “sguardi” altrui che illusoriamente sembrano riempire un vuoto infinito;

-         laddove non c’è armonia, non c’è amore e laddove non c’è amore non c’è scambio per cui si resta vuoti e bisognosi.

 

L’astrologia ci può aiutare a lavorare molto su questo archetipo e a svilupparlo fino a farlo veramente diventare gratificante per noi.

 

Venere in fondo è parte integrante del pantheon astrologico soprattutto per il mondo femminile; indubbiamente è gratificante “piacere” ma non possiamo dimenticare che ciò che attiriamo a noi è sempre ciò che abbiamo dentro e ciò a cui diamo valore.

Per attrarre persone che siano in grado di gratificarci bisogna essere in contatto con la nostra essenza e il nostro valore e, per questo, serve molto di più avere una bella anima che un bel corpo.

Un corpo perfetto illuderà noi, ma non illuderà gli altri che, se inizialmente penseranno di trovare pienezza e perfezione, si vendicheranno quando scopriranno di essere stati ingannati perché trovano invece vuoto e disperazione.



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