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A SINGLE MAN

a cura di Francesco Astore
 
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Un inno alla vita, alla bellezza, all’amore: così possiamo definire l’opera cinematografica dell’esordiente regista Tom Ford: A single man - Un uomo solo. Il famoso creatore di Moda ha inserito il suo tocco d’inconfondibile eleganza nella magia dell’ambientazione (l’America degli anni Sessanta), nella cura dei dettagli, nelle scene, nella perfetta fotografia e, naturalmente, nei costumi ed accessori, fedelissimi all’epoca rappresentata nel film.

“Un uomo solo”, seppur definito da molta critica freddamente estetizzante, ha ricevuto vari premi e candidature, ma la più prestigiosa è stata la Coppa Volpi, all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, conquistata da Colin Firth per l’interpretazione come miglior attore protagonista. Il vero vincitore di A single man si rivela essere proprio lui, il bravissimo attore inglese, collaudato interprete di film come Another countryLa scelta (1984), Valmont (1989), Il paziente inglese (1996), Il diario di Bridget Jones (2001), La ragazza con l’orecchino di perla (2003), fino al recente e storico L’ultima legione (2007).

Tom Ford e Colin Firth appartengono entrambi al segno della Vergine, segno che ambisce alla perfezione, segno che, alcune rare volte, raggiunge una perfezione ineguagliabile. Nelle pellicole precedenti, Firth aveva avuto quasi sempre il ruolo di comprimario (destino da “eterno secondo” tipico dei valori Vergine), ma nel 2009 finalmente riesce a ottenere un ruolo da protagonista in cui mettere in risalto la sua grande potenza espressiva d’interprete, nel travaglio emotivo dell’uomo in attesa della morte, nella perdita desolante e nel successivo recupero, vigoroso, dell’identità, della fame e sete di vita.

Da esordiente, Ford riesce a realizzare un lavoro di fine coordinamento di tutti gli elementi cinematografici (il soggetto, la sceneggiatura e gli attori bravissimi, tra cui si staglia una favolosa Julianne Moore). E anche in questo lo Zodiaco ci conferma come le capacità organizzative virginee, l’impegno, la serietà, la perseveranza, risaltino nella composizione di un’opera d’arte (nella sua attività precedente, ricordiamolo, Ford è stato uno stilista di Moda, arte minore, d’accordo, ma pur sempre una forma d’arte, riconducibile ancora una volta al sesto segno). 

 

Il film, tratto da A single man, il romanzo originale scritto da Christopher Isherwood agli inizi degli anni Sessanta, racconta l’esperienza esistenziale di un professore universitario di letteratura giunto al viale del tramonto, della sua vita d’intellettuale e del suo amore per il compagno scomparso tragicamente in un incidente d’auto.

 

“Il risveglio comincia con due parole, sono e ora. Poi ciò che si è svegliato resta disteso un momento a fissare il soffitto, e se stesso, fino a riconoscere Io, e a dedurne Io sono ora.”

 

Questo l’incipit del bellissimo romanzo, sono queste le parole di George, il professore trasferitosi dall’Inghilterra in California, da un anno ormai senza il suo amore, Jim; già scorrendo le prime righe, il narratore getta il lettore nello sconforto di un’altra giornata grigia, una giornata spenta del protagonista, di quell’uomo lasciato solo, senza il suo compagno, un uomo dimezzato, spezzato a metà.

In questo inizio incontriamo i tratti di una quotidianità scandita per George dal regolare battito delle ore e dei giorni, ma è una quotidianità priva di senso (non più intessuta dell’essenza vitale di Jim), nell’appannarsi dei riflessi e dei contorni di un Io che continua a respirare e ad esistere nonostante la desolazione e la morte interiore.

La perdita dell’altra metà di sé conduce inevitabilmente George alla fine del suo ciclo mentale- sentimentale- vitale, ad un “normale” epilogo del cammino di un uomo.

Si riconoscono così, in una maniera addirittura limpida, lineare, le costanti astrologiche dello scrittore, nato (forse non per caso) anch’egli sotto il segno della Vergine: con il suo bisogno di ritmo scandito, costante, con la necessità di una normalità corporea, affettiva, mentale, che sia prevedibile.

Il tempo, il lento scorrere del tempo, il sereno conforto della normalità, per George non esistono più, sono frantumati, la normalità sconquassata dal recente lutto, dalla perdita che separa dalla vita stessa e dal suo richiamo, anche dal puro e semplice istinto di autoconservazione. Intuiamo da subito che George medita il suicidio, una morte inespressa, ma parsa come naturale dai primi palpiti del romanzo, conclusione di un’esistenza ormai del tutto vuota e assente, priva di linfa, estranea anche a sé stessa.

 

Nato a Disley (Regno Unito) il 26 agosto del 1904 alle ore 23,45, Christopher Isherwood è intensamente Vergine. Nel segno di Terra autunnale troviamo, oltre al Sole, Mercurio (il pianeta, che qui ha il suo domicilio, la sua compenetrazione terrestre, è l’analitico per eccellenza, attento ai dettagli concreti più utili della realtà) e Venere (posizione “parca” per la Dea dell’amore, da considerarsi una Venere contenuta nelle manifestazioni d’affetto, ma proprio per questo stimolata al riscatto, indotta a ricercare ciò di cui si sente sprovvista).

 

Il “qui e ora” delle righe iniziali del romanzo, l’immobilizzarsi e il frantumarsi dei tempi, sono tutti da ascriversi alla ritmicità, alla lenta cadenza, alla ponderatezza dei moduli virginei. Urano è il pianeta che detta l’hic et nunc virgineo, il suo vivere il tempo presente, il desiderio di rincorrere l’attimo fuggente. Urano che per l’appunto in Vergine possiede nello schema zodiacale la posizione detta di “esaltazione”, ovvero di celebrazione delle caratteristiche peculiari del pianeta offerte dal segno ospitante. Urano nel Tema Natale di Isherwood si colloca in Casa Sesta, il settore astrologico cosignificante del segno della Vergine, esprimendo in modo plateale la volontà del protagonista di esistere “nel presente”, il suo manifestare l’Io nella nitidezza della vita quotidiana, il suo volersi rappresentare nella dimensione dell’Oggi.

Nel 1964, anno della pubblicazione del romanzo, Urano era giusto nella Vergine (un caso?), accompagnato dalla corroborante congiunzione nel segno del creativo Plutone.

      

Estremamente moderno, direi anzi contemporaneo, si rivela ancora adesso il linguaggio di “Un uomo solo”, improntando la prosa e lo stile di un testo scorrevolissimo sul tema della solitudine dell’individuo di fronte alla vita, al suo mistero, all’indecifrabile alchimia dell’amore, alla prova della morte e della fine del Tutto.

Non tolgo il fascino della sorpresa e rimando, per chi vorrà godersi il testo, alla piacevolezza di una scrittura originale e sempre fresca di spunti, citazioni, echi di scrittori, di tanta letteratura precedente (non solo nordamericana).

Mi limito a osservare come il Tema Natale del romanziere continui ad inviare incessantemente le sue suggestioni: non è un mistero come Isherwood impersoni, in ultima analisi, il suo protagonista: ovvero come Isherwood coincida con il professor George.

E il Tema Natale identifica a meraviglia quelli che sono i tormenti di Christopher – George.

 

“Continuando a fissarsi nello specchio, vede parecchi volti dentro il suo – il volto del bambino, del ragazzo, del giovane uomo, dell’uomo un po’ meno giovane – ancora tutti presenti, conservati come fossili su strati di roccia, e, come fossili, morti. Il loro messaggio a questa creatura viva e morente: Guardaci – siamo morti – di che cosa hai paura?”

 

Ancora e sempre il senso del tempo sgorga dalle pagine del romanzo, ma questo non è più il tempo presente - Urano, ma è un fluire di passato – presente - futuro che si rincorrono eternamente, è la Luna, pianeta opposto di Urano, che infonde il senso di un tempo come eterna morte ed eterna nascita, come istante che racchiude fulmineamente l’intera dimensione del tempo. La Luna pianeta eminentemente acquatico è nel Tema nell’ineffabile segno dei Pesci, dove fa vibrare le corde della sua massima intensità possibile.

È una Luna in esaltazione: qui il Luminare femminile si fa lirica struggente. Se a questa Luna in esaltazione aggiungiamo la potenza mnemonico - evocativa di un ascendente Cancro, enfatizzato dalla concomitante congiunzione in Prima Casa di Nettuno, l’ispirazione donata dai predominanti valori Acqua è completa. Luna e Nettuno, aggiungo, sono in luminosissimo trigono tra loro e con un vicendevole, fecondo “scambio” di sedi domiciliari (Nettuno nel segno del domicilio lunare, Luna nella sede domiciliare nettuniana).

Nel testo, poi, impossibile non identificare l’argenteo satellite nell’empatico dodicesimo segno con il personaggio di Charlie, interpretato nel film dalla strepitosa Julianne Moore, con la sua vita fuori dagli schemi e il sensibile affetto dimostrato nei confronti dell’amico George nel momento del bisogno… ma è meglio fermarsi qui, per non rovinare la scoperta di come sia il film che il romanzo esprimano le suggestioni ispirate dagli elementi zodiacali qui descritti.




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