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L’ERA DELLA POST-VERITÀ: L’IGNORANZA AL POTERE

a cura di Giovanni Pelosini
 

Paradossalmente l’enorme quantità di informazioni disponibili per tutti sul web non sembra che stia producendo una società più colta e consapevole, ma piuttosto si colgono i preoccupanti sintomi di una diffusa ignoranza. Il flusso continuo di informazioni senza più monopolio sembra aver generato libertà insieme a confusione, opportunità insieme a rischi, con il paradosso che nel grande oceano di informazioni spesso la verità naufraga e affonda, perdendo anche chi la cerca in superficie. Penso che uno dei tanti mali che affliggono questo mondo globalizzato e iperinformatizzato sia l’eccessiva polarizzazione che imperversa sui social e altrove con lo stile del peggiore tifo calcistico.

Sui social (e tendenzialmente non solo lì) non esiste più argomento politico, sociale o culturale sul quale si possa avere un ragionevole dialogo con scambio di pensieri e di conoscenze finalizzato alla comprensione reciproca e alla risoluzione dei problemi. Su ogni questione la tendenza è a schierarsi in due gruppi contrapposti che hanno opinioni non solo divergenti, ma ferocemente e insanabilmente contrarie.
Si pensi agli infiniti dibattiti popolari su Facebook o Twitter a proposito delle migrazioni, degli stupri, del sessismo, dei casi giudiziari, del collettivismo, della politica, dell’etica…

Le opinioni polarizzate sui vaccini

Un esempio paradigmatico è la tematica che ha fatto recentemente tanto discutere: le vaccinazioni. I gruppi di opinione “pro-vax” e i “no-vax”si accusano reciprocamente di ignoranza abissale e superstiziosa, e di collusione con le case farmaceutiche. Certamente esistono anche motivi seri che sono sostenuti da ambo le parti, ma il punto non è questo, e non voglio davvero entrare nel merito… il problema è che quasi tutti hanno un’opinione ben radicata e inamovibile sulla questione, per cui, invece di dialogare, si combatte una battaglia contro il “nemico”. Ma questa fede incrollabile dei duellanti è raramente sostenuta da una reale conoscenza dell’argomento sul quale si dibatte, anzi la grande maggioranza di chi combatte questa battaglia mediatica non ha che una vaga comprensione del problema, e, non solo non ha titolo per averla, ma neanche la capacità critica per formarsela.

Avete provato con sincero desiderio e senza pregiudizi di capire chi abbia ragione e cercare informazioni in merito? Immagino di sì. E avete quindi trovato informazioni indipendenti, laiche nel vero senso del termine, comprensibili ai non addetti ai lavori, complete, o comunque utili per avere una conoscenza sufficiente del problema? O piuttosto vi siete persi in un mare di informazioni di parte? È estremamente difficile trovare documentazione indipendente, onesta e chiara sull’argomento in questione.
Eppure quasi tutti hanno un’opinione e non sembra che abbiano dubbi, anche in assenza di analisi, discernimento e pensiero critico.

Approfittando di questo scontro inutile e polemico che divideva l’opinione pubblica,il Ministero ha avuto l’occasione di imporre una dozzina di vaccini obbligatori per legge senza che si potesse serenamente discutere su chi, quando, come, per cosa fosse opportuno, utile e giusto vaccinare, giacché non tutti i vaccini sono ugualmente indispensabili per la salute della collettività, e non tutti i vaccini hanno un uguale potenziale rischio per i singoli. Davvero un pessimo risultato per tutti, che deprime il senso civico e il pensiero critico in chi li possiede ancora.

Bufale e post-verità

Purtroppo oggi basta avere un telefonino con accesso alla rete per avere il potere di scrivere qualunque fandonia, certi di avere comunque una vasta eco. Così si diffondono le “bufale” (fake news) più incredibili, che non mancano mai di trovare convinti e faziosi sostenitori e ideologici oppositori, pronti a scontrarsi nella polarizzazione estrema, spinti dalle emozioni più basse non mediate da riflessioni né arricchite da conoscenza dei fatti reali. Eppure questo non sempre è un gioco, o uno scherzo di pessimo gusto, ma diventa sempre più spesso un’arma politica di disinformazione, programmata e messa in atto da veri e propri professionisti per influenzare l’opinione pubblica.

Da un po’ di tempo ha grande successo il termine “post-verità” (un neologismo del 1992, parola internazionale dell’anno 2016) per definire ciò che di un fatto oggettivo o di una notizia viene percepito e accettato come vero sulla base di personali e umorali sensazioni, opinioni, credenze, emozioni, simpatie, ideologie. La gravità di un tale atteggiamento consiste nel fatto che la verità di un evento, pur non essendo specificatamente falsificata, come nel caso delle “bufale”, viene semplicemente posta in secondo piano rispetto alla percezione che l’opinione pubblica ne ha e al giudizio che conseguentemente ne dà.

La verità quindi oggi è molto meno importante di ciò che si crede vero! Di fatto la verità è diventata irrilevante, superflua, e così la stessa democrazia rischia di perdere i suoi valori fondanti, abdicando a favore di una sorta di post-democrazia: la posta in gioco è, come spesso accade, il potere e il dominio sulle masse.

Fatti e opinioni

Così l’amore per la conoscenza latita, e così si formano le opinioni personali.
Platone, nella sua Politéia (La Repubblica, V) metteva in guardia dal rischio della manipolazione demagogica dell’opinione pubblica operata a fini politici dai sofisti nei regimi democratici. Già ai suoi tempi distingueva fra chi aveva amore per la conoscenza e quindi per la verità, e chi invece ne aveva per le opinioni: Chiamava i primi‘filosofi’ e i secondi ‘filodossi’.

Kant designava questi ultimi come i campioni del dilettantismo filosofico compiaciuti di dibattere superficialmente i problemi senza pervenire a conclusioni utili e valide.
Un tempo però i “filodossi” erano autori delle cosiddette “chiacchiere da bar”, che restavano più o meno confinate in questo ambiente. Difficilmente le opinioni espresse da questi dilettanti dell’informazione assumevano consistenza e senso politico, e sempre se ne pesava il valore in relazione all’autorevolezza di chi le esprimeva e dei bicchieri di liquore che aveva consumato.

Ma oggi ci sono i social, e chiunque ha diritto di parola in una platea ben più vasta di quella del bar di quartiere, e soprattutto a prescindere da conoscenza dei fatti, autorevolezza e bicchierini bevuti. E più estreme sono le posizioni espresse, più sale il numero dei “like”. Mentre qualcuno si sentirà offeso ed esprimerà opinioni radicalmente opposte ed ugualmente estreme, con pari successo di “like” ottenuti. Nessun dialogo vero, solo scontri verbali. “Da che parte è la giustizia? Dove è la verità?” si chiederebbe oggi con sgomento Platone.

Spesso, ahimè, quando in una discussione si prova a instaurare un dialogo serio e costruttivo, si è incompresi, e subito dopo arrivano i cosiddetti “Troll” a seminare zizzania e provocare ad arte, con il risultato di creare sempre più confusione.
E se qualcuno volesse formarsi una conoscenza e un’opinione alla vecchia maniera, senza l’uso di internet, scopriamo che a provocare spesso ci si mettono anche i beceri titoli di giornali a tiratura nazionale: un altro pessimo esempio di polarizzazione estrema e di informazione non corretta, con l’aggravante che è fatta da professionisti che un tempo ne detenevano il monopolio.

Simboli della polarizzazione

In ambito simbolico la polarità può essere rappresentata dal moto di un pendolo: più lo sposto da una parte, più ampia sarà la sua oscillazione verso l’altra, e così tutte le successive.

Le posizioni estreme si giustificano e si legittimano a vicenda: senza l’una non potrebbe esistere l’altra. Si può addirittura dire che si sostengano vicendevolmente, combattendosi con armi simili, e crescendo parallelamente nei consensi. Come potrebbe sopravvivere una parte se la sua avversaria cessasse improvvisamente di esistere?

L’Appeso dei Tarocchi è legato per un piede e penzola da una parte all’altra senza decidersi. Così facendo resta vincolato e prigioniero nella scomoda posizione, vede tutto capovolto e confuso e non riesce a comprendere come liberarsi. Non è muovendosi di qua e di là che si libererà dai lacci. Conviene che si fermi senza agire in alcun modo e che approfitti dell’immobilità per riflettere e capire, senza seguire superficiali e ingannevoli sirene che, più o meno consapevolmente, lo inducono a restare schiavo della corda.

La posizione capovolta obbliga a vedere le cose in modo inconsueto, a non essere precipitosi nello schierarsi di qua o di là: talvolta è necessaria per comprendere le vere motivazioni di un pensiero o di un’azione, le ragioni altrui e le proprie, le finalità, le cause e le conseguenze dei fatti.

Gli inglesi chiamano gli scontri fra opinioni battles of minds, conflitti fra menti. E questo ci induce a interrogarci su cosa sia la mente e come agisca (e reagisca) spesso meccanicamente. Chiediamoci quanto pesano nel formare un’opinione le nostre emozioni, i sistemi emotivi primari, le immediate reazioni a un fatto, un atteggiamento o una parola letta. Le moderne neuroscienze ci insegnano che questo peso è notevole. E allora, in certi casi, la mente “mente” e serve solo a giustificare una scelta già effettuata su basi emotive?

La nostra coscienza di esseri umani dovrebbe essere in grado di riconoscere la paura, la collera, il desiderio e altre ataviche spinte emotive un tempo finalizzate alla sopravvivenza, per poi valutarle e mediarle proprio grazie a una mente evoluta. Ogni risposta immediata e collerica alla collera altrui potrà solo aumentarne la forza. Ogni risposta immediata sollecitata dalla paura produrrà inevitabilmente altra paura.

Da questo circolo vizioso si esce solo grazie alla coscienza, che almeno la piccola parte dell’umanità capace di evolversi dall’attuale situazione di virtuale brutalità dovrà dimostrare di avere. La mancanza di coscienza individuale e collettiva è un lusso che l’umanità di questo nuovo millennio non può più continuare a permettersi.




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