Mario Monicelli se ne è andato ieri sera, in silenzio, da solo, decidendo lui il "come" ed il "quando", come sempre aveva desiderato fare. Uno dei più grandi registi e sceneggiatori che l'Italia dell'ultimo secolo abbia conosciuto. 95 anni di grande sagacia, di toscana genuinità, di graffiante sincerità. Mario non era certo un romantico, ma un attento osservatore di uomini e costumi. Ritraeva i suoi personaggi con tratti netti e decisi, rendendo nuda la loro anima affinchè fosse ben visibile al pubblico. Credo che "Amici miei" sia stato uno dei film più divertenti girati nello scorso secolo. I suoi protagonisti, la trama, le battute, le bischerate ivi contenute sono passate alla storia. Ma è solo uno dei 65 film ed 80 sceneggiature che Monicelli portò sul grande schermo. Degli italiani diceva: "Non sono nè eroi, nè missionari. Sono generosi e non si perdono mai d'animo".
E degli italiani, in tutti i suoi capolavori, dà però un'immagine impietosa, arcigna, dissacrante. Basta pensare alla "Grande Guerra", dove i protagonisti sono due soldati (Vittorio Gasmann e Alberto Sordi) sgangherati, lavativi e anche vigliacchi che però si redimono alla fine del film, con un ultimo guizzo di estremo coraggio. Come non ricordare allora "I Soliti ignoti", forse il suo film più famoso, dove un gruppo di ladri da strapazzo, si riunisce per portare a compimento furti e truffe di vario tipo, quasi tutti destinati a fallire miseramente. Una magistrale fotografia di questo sottobosco criminale da due soldi che tuttora riempie la cronaca nera italiana. L'Armata Brancaleone fu un'ulteriore conferma dell'idea che Monicelli aveva dell'Italianità. Una armata composta da straccioni e da un nobile decaduto, ma ancora in possesso di una grande capacità comunicativa. Questa accozzaglia di personaggi al limite dell'impossibile si organizza (si fa per dire...) per andate a combattere le crociate, un viaggio che sarà pieno di eventi inaspettati, spassosi e paradossali. Monicelli racconta, nei suoi film e nelle sue sceneggiature, del suo affetto un pò cinico e distaccato per le reali caratteristiche degli abitanti del bel paese.
Eppure Mario Monicelli è un italiano doc. Nasce a Roma il 16 Maggio 1915 alle 17.45. Suo padre è il famoso drammaturgo e giornalista Tomaso Monicelli. Mario frequenta il liceo e poi si iscrive alla facoltà di storia e filosofia. A Milano sviluppa la sua passione per il cinema insieme ai suoi cugini Mondadori. Con loro inizierà a scrivere sulla rivista "Camminare", collaborando con registi dello spessore di Alberto Lattuada, Renato Castellani e Riccardo Freda. A soli 19 anni con Alberto Mondadori realizza il suo primo cortometraggio muto in 16 mm. "Il cuore rivelatore", tratto dai racconti di Edgar Poe. Nel 1935 gira, sempre con il cugino Alberto, il primo lungometraggio: "I ragazzi della Via Paal" nel quale chiamerà a recitare amici e parenti. Vince subito a Venezia il premio per il miglior film a passo ridotto. Per prendere maggiore confidenza con il cinema diventa aiuto regista per nomi del calibro di Camerini, Gentilomo, Machaty, Genina , Bonnard, Mattoli e Germi. Sarà però la sua collaborazione con il grande Steno a fare di lui anche uno sceneggiatore (uno dei migliori mi è d'obbligo aggiungere). La regia vera e propria inizierà proprio con Steno nel 1949 con il celebre film "Totò cerca casa" dando così inizio alla sua lunga carriera cinematografica. A parte i già menzionati titoli, dobbiamo aggiungere (citando solo i più famosi) Guardie e ladri, Proibito, I compagni, Speriamo che sia femmina, Un borghese piccolo, piccolo, I nuovi mostri, Parenti serpenti, Il male oscuro, Casanova70.
Monicelli non è un regista e sceneggiatore come gli altri. Lui se non graffia non si diverte. Sbatte in prima pagina questi italiani un pò cialtroni, ridicoli, furbetti ma troppo deboli ed imbottiti di auto giustificazioni. Lo fa scevro da ogni retorica, anzi, li attacca senza il minimo rispetto, con ferocia e acutezza, quasi volesse dissociarsi da tali bassezze. Se guardiamo "Le rose del Deserto" film del 2006, noteremo quanto questa sua spietata critica, arrivi all'eccellenza. La trama racconta di questa compagnia di soldati italiani che nel 1940, si viene a trovare in un'oasi nel deserto della Libia. Strizzando l'occhio a "Mediterraneo", il film racconterà di questi soldati che passano il tempo a far tutto meno che la guerra. Diventeranno amici dei locali, li assisteranno (modello missioni umanitarie), e vivranno essi stessi, e con i libici, momenti di autentica poesia, di amore e di... vigliaccheria. Alla fine la guerra li colpirà nonostante tutto e da lì, trasparirà quel velo di coraggio che solo nelle situazioni estreme gli italiani sanno avere. Non dimentico neppure il suo intervento vocale nel film di Pieraccioni "Il Ciclone", dove, mai inquadrato, recitava la parte di nonno Gino, dispensatore di consigli al nipote Levante.
Monicelli ha avuto una serie di riconoscimenti e premi il cui elenco sarebbe pressochè infinito. Dispiace solo che abbia ripetutamente sfiorato l'Oscar (sia come sceneggiatore che come regista) senza mai riuscire ad ottenerlo. Spero che ora che non è più fra noi, anche gli americani si rendano finalmente conto del calibro di questo regista, attribuendogli almeno un Oscar alla carriera anche se, ahimè, alla memoria.
Quest'uomo era un ribelle nato, un'iconoclasta, un rivoluzionario per la sua epoca. Durante un'intervista, alla domanda cosa ci sarebbe voluto per la nostra patria, rispose: "Quello che in Italia non c'è mai stato, una bella botta, una bella rivoluzione. Una rivoluzione che non c'è mai stata in Italia... c'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania, dappertutto, meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è stato sempre sottoposto... 300 anni che è schiavo di tutti."
Eppure era un Toro. Sì, proprio quel segno pacifico, godereccio, pigro ed accomodante, tutto teso a pace e sicurezze. Il suo Sole è in casa VII^ e forma aspetti armonici con Giove e Nettuno. Cominciamo però a capire molte cose di lui guardando l'ascendente Scorpione, responsabile questo di una visione assai acuta ma anche pessimistica del mondo e della vita. Ma quello che colpisce di più è quello stellium di pianeti nella sua casa 8^, quella della trasformazione, della morte, dell'inconscio. Sappiamo bene che quella casa appartiene allo Scorpione e se, all'interno della stessa troviamo pianeti, le simbologie degli stessi saranno colorate dalle caratteristiche di questo segno. Capacità di andare a fondo, di analizzare, di vedere la realtà nuda e cruda, senza svolazzi retorici nè alibi di alcun genere. Plutone e Saturno in Cancro e Luna e Mercurio in Gemelli sono proprio in questa casa, conferendo al regista questa indubbia capacità di vedere oltre e sotto l'apparenza, e di regalarcela con una filmografia che descrive con un' ironica asprezza personaggi, situazioni e stati d'animo appartenenti all'Italia e agli Italiani. Una frase a lui attribuita la dice lunga: "Senza questi elementi: fame, morte, malattia e miseria noi non potremmo far ridere in Italia". D'altronde, se valutiamo i suoi Marte e Venere congiunti in Ariete, non possiamo certo aspettarci una grande pacatezza nei modi e nelle scelte, e la quadratura a Nettuno ha tolto qualsivoglia forma di delicatezza e buonismo nell'imprimere sulla pellicola il suo modo di vedere le cose. La Luna in Gemelli è sintomo di un'emotività imbottita di intelligenza, ma sempre distaccata e osservante, mai veramente partecipe. Mi viene da pensare che quell'Urano in casa 4^ (padre e patria) trigono a Mercurio gli sia stato di grande aiuto nel raccontare tutto ciò al mondo, senza osservare la classica regola del "lavare i panni sporchi in casa". Forse la sua era solo una critica ferocissima ma costruttiva, tesa a farci andare oltre (Sole in aspetto a Giove e Nettuno) a superare i nostri stessi limiti.
Ora Mario Monicelli se n'è andato. Per sua scelta, esattamente come ha voluto fare tutto il resto, nel corso della vita. Una scelta da rispettare anche se non condivisibile. Un'ultima bischerata del regista che ci lascia orfani di un uomo intelligentissimo, arguto, ruvido e a tratti prepotente, ma anche un uomo che ci ha fatto riflettere, ridere.. e un pò vergognare.
Grazie amico mio.