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FIGLI BAMBOCCIONI E TIMOROSI DI CRESCERE

a cura di Lidia Fassio
 

Un tempo vi erano tappe ben precise che scandivano le fasi della vita dei ragazzi: c’era la giovinezza che si caratterizzava con i primi amori, con i pantaloni lunghi per quanto riguardava i ragazzi e la possibilità di poter magari uscire di casa per studiare. Per chi non studiava l’unica alternativa era il lavoro: certo non tutti potevano studiare anche se lo desideravano: le possibilità di studiare appartenevano a pochi e, per gli altri,  non c’era assolutamente la possibilità di bighellonare o di trascorrere il tempo in casa senza fare nulla, bisognava impegnarsi e contribuire; nessuna famiglia poteva permettersi di avere un figlio che non avesse qualcosa da fare, tutti dovevano prendersi qualche responsabilità; anche gli studenti, durante le vacanze di scuola, dovevano andare a lavorare o bisognava aiutare i genitori nell’andamento della casa. L’idea di “darsi da fare” era molto chiara per tutti così come lo era quella di non poter pensare di vivere “mantenuti” dai genitori.

 

L’esame di maturità era un traguardo ben preciso per chi voleva studiare; chi non voleva fare l’università generalmente o andava a lavorare a 14 anni, età permessa legalmente, oppure ci andava dopo la maturità, ma immediatamente dopo.

 

Oggi le cose sono molto diverse; le migliorate possibilità economiche consentono ai figli di non crescere mai e di restare in casa tantissimo tempo prolungando l’adolescenza e la giovinezza non fino ai 20/21 anni canonici, ma ai 30 anni e, a volte ancora di più.

Sicuramente questo dipende dal fatto che oggi non vi sono più necessità così impellenti, almeno in molte famiglie italiane. Del resto, la situazione italiana è di per sé anomala; nei paesi anglosassoni, i ragazzi in genere escono da casa intorno ai 16 anni per andare al college; da noi invece le scuole sono pressochè dietro casa e non si registra questo fenomeno, per cui la maggor parte dei ragazzi frequenta superiori e università nella stessa città.

 

Se da un lato la situazione economica delle famiglie è di molto migliorata, dall’altro invece i giovani faticano a sistemarsi e a trovare un lavoro stabile per cui questo concorre a far sì che restino nel nido familiare molto a lungo. C’è anche da dire che i giovani oggi non si accontentano più come quelli di un tempo e non c’è modo di poter parlare loro di “sacrificio”: oggi vogliono tutto e questo rende il processo di indipendenza sempre più lontano.

Indubbiamente, da un punto di vista di crescita e di maturità i giovani dovrebbero provare a stare da soli, magari vivendo con altri ragazzi e questo favorirebbe l’investimento di responsabilità che, invece viene di molto ritardato dal momento che vivono praticamente ancora sotto la tutela e la borsa dei genitori anche quando  avrebbero l’età per essere a loro volta genitori.

 

Per assurdo oggi i giovani hanno tutto quanto si può considerare “superfluo”, vestiti, computer, automobili ed ogni altra diavoleria elettronica e materiale ma mancano invece di ciò che più gli sarebbe necessario, ovvero responsabilità e possibilità di mantenersi in modo da non restare parcheggiati dentro ad una situazione che da un lato non sentono loro, ma, dall’altro, fa invece molto comodo e prolunga di fatto lo stato di non crescita e di non responsabilità.

 

I genitori a loro volta, non fanno nulla affinchè i figli si stacchino con maggior facilità e diventino a tutti gli effetti individui che vivono nella società, impegnati nella professione e magari in una famiglia propria.

 

C’è anche una grande ambivalenza della nostra società nei confronti dei giovani: da un lato si dice che non vogliono crescere e che sembrano adolescenti a vita non in grado di provvedere totalmente a sé stessi ma con tantissime pretese; dall’altro però non si fa nulla perché essi entrino nei meccanismi di gestione della società.. anzi, si spera che restino al loro posto che continuino a pensare alla discoteca, alla macchina  e al luogo dove andare in vacanza, in modo da non insidiare le posizioni di chi è arrivato e che non vuole in nessun caso mollare.

 

Questo è un modo di pensare schizofrenico: infatti le società occidentali sono diventate società di “vecchi” che rimangono saldamente al timone, mentre i giovani giocano a fare i bambini a vita. In questo modo però non potremo neppure pensare a grandi rinnovamenti poiché questi possono partire solamente da menti fresche di persone cariche di ideali e di aspettative e sufficientemente energiche da lottare per portarle nella realtà.

 

Negli ultimi tempi non si nota neppure più tanto lo scarto generazionale: i giovani crescono con genitori “che vogliono essere giovani” e che sono i figli del mito degli anni ’60 in cui si ipotizzava che genitori e figli fossero amici e potessero fare le stesse cose; oggi per fortuna si sta vedendo il limite di questo modo di pensare, ma molti sono ancora intrappolati dentro a situazioni in cui non può neppure instaurarsi la sana opposizione generazionale che tanto aiutava i figli ad abbandonare il nido.

I giovani dovrebbero invece essere stimolati ad andare fuori di casa e a fare esperienze consone alla loro età senza dover rendere conto a genitori, a cui, tra l’altro, non viene riconosciuta l’autorità. Perché questo accada non bisognerebbe rendergli la vita troppo facile e neppure pagare tutte le loro esigenze.

 

I giovani però, nonostante tutto questo ben di Dio, mostrano disagio il che ci dovrebbe far comprendere che non è questa la strada da seguire: i vari tipi di dipendenze (alcool, droga, cibo, sesso) sembrano mostrare il limite di questo modello di vita; i giovani hanno un sacco di energie che andrebbero canalizzate in qualcosa di nuovo da portare al mondo e al sociale; se così non è finiscono per essere vittime della loro stessa energia che, stagnando, diventa distruttiva ed autodistruttiva.

 

Anche l’aggressività che in genere alimenta ed aiuta i ragazzi nella lotta contro la famiglia al fine di perfezionare lo svincolo, viene sempre più spesso utilizzata contro di sé  e questo non fa che alimentare sensi di colpa nelle famiglie che, a quel punto, anziché richiedere ai figli un affrancamento, finiscono per fornir loro tutto come se fossero dei bambini inermi e bisognosi a vita.

 

Oggi c’è l’illusione di dover dare tutto ai figli senza chiedere mai nulla in cambio e questo, se da un lato allevia i sensi di colpa, dall’altro rende il rapporto tra adulti e ragazzi molto difficile senza mai preparare questi ultimi al domani e alla vita vera.

C’è il sospetto che molte coppie genitoriali prolunghino inconsciamente lo svincolo filiale in modo da evitare il più a lungo possibile di ritornare “coppia”. Questo succede quando i due partner sono in crisi da tempo e  non hanno quasi più nulla da spartire: allora il figlio diventa lo strumento necessario alla coppia per non affrontare i  suoi problemi e restare ancorata indirettamente ad un mondo di giovani, fatto di amici, fidanzati e conoscenti dei figli che, altrimenti sarebbe precluso.

 

Molti genitori si lamentano della prolungata presenza di figli che non vogliono sapere di responsabilizzarsi e che considerano la casa familiare come un albergo dal quale entrano ed escono a piacimento cogliendo però i lati più piacevoli del tutto: cucina, pulizia, accoglienza e spesso anche sostentamento economico.

Spesso gli adulti si sentono “sfruttati” ma non riescono a prendere posizione perché temono che questo dia vita a conflitti o, ancor di più, temono che questo possa scatenare sensi di colpa.

 

I genitori e la società di adulti sembrano evitare accuratamente di spronare i giovani a darsi da fare, a guadagnarsi ciò che serve per mantenersi, a impegnarsi e a prendersi la responsabilità della loro vita: tutto sembra restare sotto una sorta di “incantesimo”;  si spera che la cosa si risolverà, si spera che troveranno un lavoro e poi una casa, ma in genere non si fa nulla per menzionare e accelerare questo, come se ci fosse un tacito accordo in cui i genitori non dicono nulla e i figli evitano di scontrarsi in modo troppo drastico, in modo da poter sempre rimediare e restare dentro a quella situazione di comodo.

 

Indubbiamente questo stato di fatto denuncia una forma di dipendenza di entrambi sia dei genitori che dei figli. I giovani dovrebbero essere spinti a combattere per la loro vita e invece gli si da’ tutto ciò che vogliono senza mai costringerli a farsi carico delle cose, dei progetti e delle scelte in modo da emanciparsi dal mondo degli adulti, diventando a loro volta adulti.

Gli adulti dovrebbero voler tornare ad una vita a due che permetta un ritornare a fare ciò che per tanto tempo è stato tralasciato per dare priorità ai figli: viaggi, corsi, frequentazioni e invece, anche loro non vanno al di là del lamento ma guai a fare proposte.

Forse manca una reale capacità di distacco che finisce con il favore le tattiche regressioni in cui ognuno dei due rimane fuori dal proprio ruolo.

 

Astrologicamente parlando possiamo dire che la maturità è legata al pianeta Saturno e alla casa decima, corrispondente al segno del Capricorno.

Saturno infatti, manco a dirlo, è un pianeta che oggi non piace e che, pertanto, non può manifestarsi, almeno non nei suoi effetti positivi.

Oggi non si può parlare di responsabilità o di doveri senza essere guardati con sospetto; non parliamo poi se nominiamo la parola “autorità”, sembra una roba da “padri padroni” che apparteneva al medioevo.

Crescere, maturare e diventare autosufficienti è una cosa di tutti che tutte le generazioni devono fare. Per procedere in questa direzione occorre però smettere di dipendere, bisogna stabilire che cosa è giusto o sbagliato per sé stessi e in che modo si decide di vivere facendo le opportune scelte utilizzando i propri mezzi e autodisciplinandosi.

Non basta però perché Saturno chiede il conto delle scelte fatte in qualsiasi momento e richiama a farsi carico anche delle conseguenze che non piacciono. Saturno ci dice che ogni scelta prevede un prezzo da pagare: essere indipendenti significa mantenersi, poter decidere della propria vita e rispondere per sé stessi ma il prezzo è lavorare, non chiedere troppi aiuti e disciplinarsi: il prezzo sembra alto ma, anche non esserlo ha il suo prezzo perché richiede compromessi e dipendenze che generano conflitti ed abbassamento di valore e autostima.

 

Certo, diventare adulti è faticoso: Saturno ci dice che solo se affrontiamo i nostri bisogni, provvedendo a noi stessi possiamo stabilire la nostra legge ed essere individui a pieno titolo; in caso contrario, saremo sempre figli e, oltre a non dare alcun contributo alla società in cui viviamo, saremo costretti a seguire la legge dei padri.




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