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INCONTRO-SCONTRO O DIALOGO TRA LA DIVERSITÀ

a cura di Lidia Fassio
 
Negli ultimi 10 anni si è accentuato di molto il fenomeno dell’immigrazione che via via è diventato sempre più difficile da contenere e da controllare e con esso sono aumentate in maniera esponenziale anche le difficoltà di convivenza tra le persone che arrivano nel nostro paese provenienti da contesti culturali molto diversi dal nostro con cui ci troviamo a fare i conti giorno dopo giorno nella quotidianità del rapportarsi su un territorio comune.

E’ chiaro che queste difficoltà vanno analizzate ed osservate nell’ottica di entrambe le parti per cercare di comprendere quali fattori incidono in modo così forte da dare vita spesso a fenomeni di ordine pubblico e di violenza che svelano solamente la punta dell’iceberg di un problema che ha invece una base molto più profonda, trascurata per anni.

Da un lato ci sono gli extracomunitari che giungono nel nostro paese troppo spesso abbagliati dal sogno e dalla speranza di una ricchezza facile e a portata di mano; credono di poter finalmente avere quelle opportunità che, per ovvie ragioni, sono mancante nel loro paese. Queste persone si trovano a far i conti con difficoltà di integrazione, di lingua, di abitudini e di comportamenti; spesso non trovano un lavoro dignitoso e incontrano invece diffidenza, distacco e sfruttamento ed hanno più probabilità di finire in contesti di illegalità che non di entrare in un circuito di stabilità e di integrazione; si tratta di persone che hanno lasciato la famiglia, la loro patria nella speranza di trovare una situazione più accettabile che possa consentire un giorno il loro riavvicinamento e che, nel frattempo, si muovono in una situazione ghettizzante e rifiutante.

Dall’altro lato ci sono gli italiani che ovviamente hanno nella loro memoria vissuti, luoghi e radici che testimoniano il loro sviluppo e le loro conquiste che, in questo delicato momento storico, sembrano essere messe totalmente in discussione dall’immissione di culture profondamente diverse, magari anche aggressive che producono un’evidente sensazione di perdita di possesso sui luoghi, sulle memorie e soprattutto sulle zone centrali delle città che, simbolicamente possono rappresentare il cuore della nostra cultura, quella parte che tiene i contatti con la nostra “anima”, la parte più profonda che ha memoria del nostro passato e che, adesso, sembra essere profanata dai troppi negozi che vendono cibi e manifatture straniere e da persone che vagano e che si assembrano lasciando bottiglie e rifiuti, a disprezzo della nostra anima.
Questa situazione che è sotto gli occhi di tutti viene vissuta come un lento e graduale smarrimento di contatto con il nostro territorio producendo un forte senso di sradicamento, qualcosa che svuota e lascia senza la possibilità di poter mantenere quel senso di appartenenza e di attaccamento senza il quale non si possono sviluppare fiducia, sicurezza e autonutrimento.

In questo contesto spesso esplodono le reciproche rabbie inconsce che si sono stipate nella psiche alimentate da un lato dalla paura di cedere troppo della nostra “identità”, senza la quale non ci potrà essere vita e continuità e, dall’altro, da quella di non riuscire a “farsi riconoscere e ad avere una dignità” , senza le quali non si riesce a sentirsi neppure “persone”.

Le neuro-scienze hanno dimostrato che la cultura, l’ambiente (per intenderci la casa seconda parlando in termini astrologici) sono il nostro punto di forza, è da lì che prendiamo sostanza ed è da lì che i nostri neuroni, le nostre sinapsi e il nostro cervello attivano tutti quei potenziali che avvizzirebbero senza l’incontro con questo miracolo.

E’ la cultura che permette all’uomo di elaborare strategie di sopravvivenza e di risoluzione dei problemi, ma è anche la cultura che possiede gli strumenti per integrare, per fare base comune e trovare “casa comune” il che significa che la cultura non è statica, ma proprio perché è vitale e capace di nutrire, è qualcosa che è in continuo mutamento e passa attraverso crisi, cambiamenti e a volte anche attraverso traumi che giungono sotto forma di incontro – scontro con altre culture; queste fasi che su periodi lunghi sono sicuramente salutari e rivitalizzanti, sono invece difficilissime, cariche di tensione e di sofferenza nei momenti in cui prendono il via.

Oggi più che mai i cambiamenti avvengono anche troppo rapidamente – sono infatti affidati ai tre pianeti lenti Urano – Nettuno e Plutone che in pochi anni hanno rivoluzionato il mondo e, se da un lato essi sono perfettamente in sintonia con lo “spirito dei tempi” che è quello di integrazione, di apertura e di superamento delle barriere e delle differenze, dall’altro portano venti anticipatori di energie transpersonali che si mostrano terribilmente ostiche sul piano individuale dove la sfida viene posta sull’ identità personale e culturale.

Certo, ora stiamo pagando il fatto di non aver fatto delle scelte oculate quando eravamo nel pieno del boom economico; allora abbiamo agito egoisticamente e spesso dissennatamente senza mai riflettere, senza interrogarci sul futuro e senza pensare a cosa sarebbe accaduto e a come avremmo fronteggiato l’emergenza.

Ora siamo in piena emergenza e in questa fase siamo tutti insicuri e pertanto carichi di paure e di sensazioni di provvisorietà. Le quadrature di Nettuno al segno del Toro simboleggiano il senso di inquietudine, l’ansia, lo smarrimento e la percezione di nebulosità che sembra coprire il futuro, ma spesso anche la coscienza; indicano però che il processo è avviato e che dovremo trovare un modo per convivere con queste novità e con le differenze culturali.

Non possiamo far altro che sperare che dopo lo scontro possa avvenire anche l’incontro e che questo dia vita ad una nuova fase di sicurezza in cui anche la consapevolezza abbia reso tutti un po’ più ricchi.




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