“Safe is the new chic”: la sicurezza è di moda, è la nuova moda, e viene prima di tutto. Dopo “andrà tutto bene”, e scoperto che non era affatto così, possiamo ora appropriarci di un nuovo mantra sperando che, almeno questo, funzioni. Ovunque ci si giri in questo periodo pandemico, tra cartelloni pubblicitari, scritte in aeroporto e stazione, messaggi televisivi, l’input è sempre lo stesso: muoversi e vivere “in sicurezza” è il trend dell’anno. Fascinose modelle con guanti glamour e mascherina glitterata giocano con il vedo e non vedo nella speranza di far passare l’idea che vestirsi “in sicurezza” sia anche molto sexy. Tutto ciò non sta cambiando solo temporaneamente il nostro modo di vivere, che potrebbe essere accettabile se come tale venisse considerato, ma sta lentamente modificando la nostra mentalità. E che questo, sui lunghi tempi, sia un bene, è tutto da dimostrare.
Covid o non covid, abbiamo immaginato per anni un mondo a prova di qualsiasi infiltrazione esterna. Infondo grazie al progresso tecnologico, scientifico e medico, si ritenevano quasi definitivamente archiviati a bagaglio storico tutti i ricordi di guerre, carestie, pandemie, crolli finanziari, povertà e devastazioni climatiche.
Certo, dove i nostri occhi umani non potevano arrivare, l’informazione capillare dei media, prima che si votasse al covid-19 24 h, ci informava che altrove, altre popolazioni, quelle sottosviluppate e povere perchè vittime di conflitti armati, di regimi autoritari o di sfruttamento globale da parte di nazioni più ricche e con più mezzi, non se la passavano poi tanto bene, ma “fortunatamente” erano lontane da noi, coi loro vascelli di malati, morti e disperati. Noi avevamo ben altro a cui pensare: la tv spazzatura, il weekend, le vacanze, i like sui social, la palestra, gli aperitivi, le nostre piccole e grandi comodità, il nostro “orticello” di quotidiana soddisfazione, sostanzialmente la serenità e il benessere come massimi standard di vita.
Un massiccio vuoto culturale ha accompagnato il nostro ingresso nel nuovo millennio: se i libri sono diventati sempre di più oggetto di arredamento, i programmi televisivi, specialmente con l’avvento dei reality, hanno costretto perfino trasmissioni un tempo di alta qualità a piegarsi alla logica dell’immagine e della retorica. Abbiamo perso parole, simboli, narrazioni, ossia la possibilità di sviluppare maggiore intelligenza, sensibilità e pensiero critico. Se i grandi del mondo, quelli che decidono non solo la politica di casa propria, ma indicano le linee guida a livello mondiale, vedono poca tv e leggono, minimo, un libro alla settimana, ci sarà un motivo.
Viene da chiedersi se il troppo benessere, la rimozione della morte dai topic quotidiani che seguiamo online, la scarsa preparazione culturale delle giovani generazioni, ma spesso anche di chi le ha precedute, nonostante l’Italia rappresenti circa il 60% del patrimonio culturale mondiale, non ci abbia reso ancora più impreparati a convivere con la pandemia e tutte le sue derive: dalla paura, in alcuni casi ossessiva, della malattia e dell’inevitabile fine vita, all’intolleranza più o meno manifesta a restrizioni così ampie delle libertà personali.
Costretti a subire costanti bollettini medici come fossero preghiere quotidiane, angosciati da numeri che non abbiamo gli strumenti per capire, ma che ci vengono propinati da un mondo mediatico sempre meno professionale e unicamente volto alla ricerca del sensazionale, ci siamo trovati catapultati, quasi oltrepassando un varco temporale, in un libro di Asimov o di Tevis.
Senza ricorrere a Nostradamus e ai tanti profeti noti e ignoti che dalla notte dei tempi sembrano prospettare, prima o poi, una sorta di Armageddon, basta riscoprire una certa letteratura per trovare visioni del mondo attualissime o comunque non così lontane dal potersi realizzare come un tempo si poteva credere. Anzi, la stampa ci ha recentemente informato che i suicidi in Giappone, nell’ultimo mese, hanno superato le morti per covid e che l’uso di psicofarmaci è cresciuto ovunque in modo indiscriminato.
Walter Tevis balzato recentemente agli onori delle cronache come autore del celebre romanzo da cui è stata tratta la miniserie TV di Netflix “La regina degli Scacchi”, ha scritto un romanzo di fantascienza dal titolo “Solo il mimo canta al limitare del bosco”. Ambientato nel 2467 parla di un mondo governato da robot in cui la famiglia è abolita, la convivenza vietata, l’isolamento una regola di vita. Ciò ha prodotto una tale depressione da rendere il suicidio una delle prime cause di morte, tanto che tutti assumono quotidianamente cocktail di psicofarmaci e antidepressivi, almeno quanto oggi noi prendiamo corroboranti mix di vitamine e integratori. Naturalmente non nascono più bambini dato che le persone vivono appartate e la popolazione va verso l’estinzione. Un androide di ultima generazione di nome Spofforth è il guardiano del complesso sistema di controllo e tracciamento, perché è a ciò che si è ridotta la vita dei singoli: anche lui vorrebbe suicidarsi, ma è programmato per non farlo. Sarà un professore universitario, Paul Bentley che, grazie alla lettura ormai dimenticata da tempo immemore e riscoperta causalmente, apprenderà attraverso i libri l’esistenza di un passato che era stato cancellato, rimosso, appiattito in un eterno presente e con esso vedrà realizzarsi la possibilità di un cambiamento dello status quo. Lo aiuterà Mary Lou che fin da piccola è riuscita a sottrarsi a droghe e medicinali con cui volevano omologare il suo corpo e la sua mente.
Fondamentalmente Tevis, Pesci, ci avverte del pericolo della tecnologia che astrologicamente si situa nell’area simbolica dell’opposta Vergine. Quando tale tecnologia viene considerata l’unica risorsa per prevedere e sconfiggere ogni minaccia che si prospetti all’orizzonte, diventa essa stessa un pericolo. Per altro il fatto che il riscatto finale e l’uscita dall’impasse avvenga grazie ad un professore colto che si avvale della memoria, dei libri e del passato per vincere la grande macchina del controllo psico-fisico-emotivo umano, porta alla ribalta proprio la funzione zodiacale del segno del Cancro.
Il cielo del 2020 segnato dal passaggio dei tre grandi pianeti lenti, Giove, Saturno e Plutone nel Capricorno ha opposto, virtualmente, proprio il Cancro minandone tutte le valenze simboliche: intimità, vicinanza, affettività, ma anche, naturalmente, memoria e passato. Abbiamo perfino assistito allo scempio di statue e luoghi della memoria collettiva ad opera di fanatici vandali che con la scusa di rendere onore a George Floyd, uomo di colore ucciso dalla polizia, hanno distrutto pezzi significativi del patrimonio culturale dell’intera umanità. È sembrata davvero la manifestazione di una furia capricornina cieca il cui scopo era unicamente quello di distruggere tutto ciò che non la rappresentava. E poiché il passato non può essere nè previsto, perché è già accaduto, né controllato, in quanto non è più, nella logica del Capricorno governato dalla fredda programmazione di Saturno, dal pragmatismo di Urano e dal richiamo alla guerra di Marte, può solo essere eliminato.
Il Capricorno vuole ordine, programmazione e sicurezza, raggiungimento di obiettivi concreti e ambiziosi in nome dei quali è disposto a sacrificare tutto, compreso il mondo privato e affettivo dell’opposto Cancro che naturalmente simbiotico, nell’essere una perfetta proiezione della diade madre-figlio, le distanze non le concepisce proprio. Non a caso fu una Cancro, Oriana Fallaci a scrivere queste parole parlando dei fondamentalisti islamici: “Loro hanno qualche cosa che noi non abbiamo ed è la passione. Hanno la fede e la passione. Nel male, in negativo, ma l'hanno. Noi non l'abbiamo più, l'abbiamo persa, la nostra forma di società ha inaridito l'animo, ha inaridito il cuore della gente. Perfino nei rapporti amorosi c'è meno passione. In quanto alla fede, nel nostro mondo è una parola quasi sconosciuta. Loro sono più stupidi di noi ma sono profondamente appassionati, dunque più vitali. Perfino la guerra, che è un atto di passione – passione in negativo, la ferocia, il sangue – è diventata sterile, pulita. Questa mancanza di passione si riflette nella nostra vita quotidiana perché, al posto della passione, abbiamo il benessere, la comodità, il raziocinio. Tutto quello che siamo è frutto di raziocinio, non di passione”.
In maniera più estesa e con enfasi cancerina la Fallaci ripete, però, quello che Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, Toro, ma con ascendente nel viscerale Scorpione, aveva già intuito e detto diverso tempo prima: “L'uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po' di sicurezza”.