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MIO FIGLIO È OMOSESSUALE

a cura di Lidia Fassio
 

Colgo l’occasione per affrontare un argomento segnalato da alcune lettrici, tra cui Gianna di San Benedetto del Tronto.

Gianna ha 56 anni, è una donna che ha sempre lavorato e che si è divisa tra la sua occupazione e la famiglia e che, insieme al marito, ha cercato di non far mancare nulla ai suoi figli, due ragazzi di 26 e 28 anni. Sottolinea con sicurezza che la sua è una famiglia tranquilla, con una buona cultura, aperta al confronto, con una buona disponibilità di ascolto; dice inoltre che, tra lei e il marito, c’è sempre stato un buon rapporto.

Gianna, improvvisamente è venuta a conoscenza del fatto che il primogenito è omosessuale e questa presa di realtà l’ha sconvolta e – dice – le ha "distrutto" la vita.

E’ indubbio che oggi, molto più di un tempo e con maggior frequenza una coppia di genitori può trovarsi a dover affrontare questa situazione: ci sono statistiche che segnalano un forte aumento dell’omosessualità e, proprio per questo, molte persone devono fare i conti con una realtà che un tempo era invece rarissima, in quanto molto più occulta ed occultata.

Dal momento in cui ha saputo la verità Gianna ha cominciato a portare la sua memoria in retrospettiva e ha messo insieme parecchi tasselli: troppi amici maschi, telefonate di soli ragazzi, non aver mai visto ragazze circolare per casa.

Chiaro, a bocce ferme tutto sembra quadrare e quindi Gianna si rende conto che questa realtà è sempre "circolata" dentro casa e nella sua mente anche se, è stata sempre scacciata con forza. Ora invece Francesco glielo ha detto, anzi glielo ha buttato bruscamente in faccia alla sua ennesima richiesta di smettere di perdere tempo e di trovarsi una brava ragazza.

Gianna si sente tradita e profondamente ferita anche se, ad onor del vero, come in tutti i tradimenti, sicuramente lei si è stata complice del tradimento a sé stessa proprio in quel non "voler vedere" ciò che era palese e che ora sa che è sempre stato presente.

La prima reazione della donna è la "negazione"; Gianna pensa che non può essere vero, che lui lo ha detto solo per ferirla perché era arrabbiato con lei; poi, comincia a pensare che "sono stati gli amici, i compagni sbandati" a metterlo su una cattiva strada; in seguito scopre anche di essere molto meno aperta e moderna di quanto non credesse e che anzi, sa che Francesco ha ragione quando le urla in faccia la sua ipocrisia sostenendo che lei è sempre stata disposta ad accettare gli omosessuali, a patto di non vederne nessuno in casa.

Certo, è indubbio che Gianna deve inghiottire un boccone che ritiene amaro e che, esaurite le possibili proiezioni, sa che la porterà ad una revisione interna che non escluderà colpi né a sé stessa né a suo marito (padre di Francesco).

Infatti, per prima cosa comincia a pensare che loro due, come genitori, hanno sbagliato tutto e che, ciò che sta accadendo è una vendetta di Francesco che, secondo lei, non può sopportare le loro aspettative.

Tutti noi dobbiamo pensare che, siccome ci sono tanti gay, forse dobbiamo anche aspettarci che qualcuno di essi faccia parte della nostra vita… non possiamo sempre pensare che tutto "possa solo accadere … sempre … agli altri".

Nella nostra bellissima società così moderna e anticonformista, ci si accorge con sgomento che avere un figlio gay fa paura e che, per certi genitori, sarebbe stato meglio ladro o delinquente.

Naturalmente tutto ciò non è vero ed appartiene alle prime immediate reazioni irrazionali che nascono dalla violenza che questa realtà fa alla coscienza… o almeno a quella parte che vorrebbe che tutto fosse "normale, perfettamente integrato e secondo i dettami della società", in modo da poter essere visti come persone che hanno fatto le cose per bene.

Il fatto è che il padre e la madre si sentono fortemente chiamati in causa perché questa scoperta costringe, soprattutto il genitore dello stesso, a confrontarsi con le sue pulsioni omosessuali… più o meno latenti. Tra l’altro, molti sono ancora convinti che dietro all’omosessualità ci sia una patologia causata dai rapporti che si sono sviluppati all’interno della famiglia ed è questo che li fa sentire particolarmente lacerati e che trovano arduo da affrontare e superare. In effetti Gianna ci dice che, mentre lei si è sentita ferita e violentata, suo marito si è invece sentito umiliato e offeso al punto da aver rifiutato ed esiliato - almeno temporaneamente – il figlio.

Certo, se è vero che ci vuole tempo per digerire il colpo, è pur vero che molte delle problematiche di non accettazione nascono dalle aspettative che i genitori ripongono sui figli. Gianna e il marito nutrivano il desiderio di un matrimonio, volevano dei nipotini da crescere e l’idea di dover rinunciare a tutto questo li fa sentire particolarmente a disagio.

Ciò che può aiutarli però è sapere che la personalità dei nostri figli è una cosa talmente sfaccettata e speciale ed aperta a tutto ciò che recepiscono e che vivono attorno a loro che è difficilissimo comprendere le motivazioni per cui la loro scelta sessuale sia diventata "omo anziché etero" e che ciò che è assolutamente vietato fare è "cambiarli o, peggio ancora, raddrizzarli".

Spesso i ragazzi omosessuali vivono malissimo il fatto di "doverlo dire ai genitori"; si sentirebbero sicuramente molto meglio se non dovessero affrontare questo scoglio che li riempie di paura, di sensi di colpa e di vergogna.

I ragazzi sarebbero molto più tranquilli se sapessero di non essere giudicati o valutati in base alle loro scelte sessuali e, per tranquillizzare Gianna e tutti i genitori che si trovano a dover affrontare questa situazione, possiamo dir loro che l’omosessualità non è una patologia e non è neppure una perversione e che, a sostegno di queste tesi, la voce "omosessualità" non è presente nel D.S.M., testo che racchiude tutti i disturbi psichiatrici e sessuali fino ad oggi riconosciuti.

Anche il padre della psicanalisi Sigmund Freud aveva a suo tempo sottolineato che le difficoltà vere di un omosessuale nascono sempre dalle difficoltà di integrazione che trovano all’interno della società.

Vorrei invitare tutti i genitori che si confrontano con questa realtà a non colpevolizzarsi e, soprattutto, a non bloccarsi dentro a schemi mentali rigidi cercando invece di "sentire" e di "comunicare" con i figli in modo da comprendere quale è il loro vissuto aiutandoli con amore ad essere "sé stessi" senza costringerli dentro a categorie quali "normale – non normale" che non rappresentano nessuna verità e che, soprattutto, non rispettano l’identità e l’individualità.




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