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LA TIMIDEZZA, TRATTO CARATTERIALE O PATOLOGIA?

a cura di Lidia Fassio
 

Pubblico e volentieri rispondo al problema posto da  Giovanna:

 

“Cara Lidia,

mio figlio è stato sempre timido ed introverso ma, con il tempo, questo tratto caratteriale sta diventando un vero problema e non vorrei che si stesse trasformando in una vera e propria patologia. Lui ha difficoltà a socializzare  con chiunque, non riesce ad integrarsi bene né a scuola né nello sport: di fatto non ha  interessi, non ha hobby né passioni; si offende facilmente, è permaloso  ed ha una grande difficoltà a superare i torti e le piccole difficoltà che la vita gli pone di fronte: è stato così da sempre.. ma, negli ultimi anni, la cosa si è aggravata di molto al punto che se ne sta giornate intere chiuso nella sua stanza, studia quello che gli serve per la promozione, sente tantissima musica, non ha amici… né una ragazza.. (qualche anno fa sembrava trovarsi meglio con loro che con i maschi, ma ora sembra che non gli interessino). 

 

Quando deve affrontare qualcosa di nuovo diventa ancora più scontroso ed ora, che si troverà di fronte a scelte sempre più importanti, mi sono accorta che si chiude sempre di più, non accetta scambi di opinione con nessuno, e  neppure  quei pochi compagni e amici che frequentano casa nostra perché lo conoscono da sempre, non lo chiamano più perché si sono stancati delle sue chiusure: così è sempre più solo e chiuso in sé stesso.

 

Come posso aiutarlo? Non vorrei che pian piano diventasse un solitario o un “asociale” perché anche con noi non ha una buona relazione e preferisce sempre tagliare di netto qualunque discorso… Con il fratello che è più giovane di lui di 5 anni, ha un rapporto di grande distacco e, se può, lo ignora totalmente. Sembra essere interessato ai temi spirituali.. compra libri di tutti i guru orientali e questa è l’unica cosa che, credo, faccia con passione.

Cosa mi consigli?

Grazie. Giovanna V.

 

Cara Giovanna,

colgo l’occasione della tua lettera per affrontare il problema della timidezza che è abbastanza frequente sia nei bambini che negli adolescenti.

 

La timidezza nei bambini è sempre problematica e l’origine è da ricercarsi in sensi di inferiorità e di sfiducia (a volte accompagnati da sensi di colpa) che, da blocchi possono diventare nel tempo vere e proprie chiusure che sembrano insuperabili al punto che, nel passaggio dallo stato di bambino a quello di  ragazzo, questi soggetti sembrano non sufficientemente attrezzati a superare le prove tipiche dell’età che, ovviamente, richiedono quelle aperture verso il mondo esterno che tutti  affrontano normalmente e  senza grandi traumi.

Se da bambini la socievolezza è importante, essa diventa essenziale nell’adolescenza, periodo in cui lo scambio, il confronto e la rassicurazione avvengono quasi esclusivamente tra i cosidetti  “pari”, quei i coetanei con cui i ragazzi si rapportano per conoscere, conoscersi e cominciare a delineare la propria identità nascente.

I ragazzi devono avere degli scenari affettivi e sociali su cui muoversi, con i quali formarsi ideali, suggellare principi e patti, e, infine, per avviare relazioni amorose ed affettive che sono il “sale dell’età”.

Quando un ragazzo non riesce ad essere attratto dal mondo esterno ha un problema le cui origini possono andare dalla troppa apprensione familiare, alle aspettative che sente e di cui non riesce a liberarsi, dalle regole che non riesce  ad infrangere, da genitori che non riescono a capacitarsi che i ragazzi devono fare le loro esperienze per raffinare la loro forza e non possono essere trattenuti tra le protettive mura domestiche.

 

Molti genitori temono fortemente il mondo esterno e finiscono con l’inculcare nei figli paure del tutto irrazionali… se si considera che la gran parte dei crimini avviene proprio negli ambienti domestici.

Anche in queste situazioni ci sono spesso enormi proiezioni: la tendenza a vedere sempre “il male” come un prodotto esterno a noi non favorisce né i processi di socializzazione, né quelli di superamento delle dinamiche negative sociali.

 

Un eccesso di timidezza può riscontrarsi nelle persone molto “sensibili” che, ovviamente, sono più inclini al ferimento e all’indecisione; mentre gli estroversi sono curiosi e coraggiosi e si buttano nelle situazioni, gli introversi sono cauti, hanno bisogno di valutare il da farsi ed esitano di fronte a tutto, complice il loro umore variabile che non li fa mai sentire stabili e forti.

A livello astrologico, i segni d’acqua sono tra i più timidi in assoluto, seguiti dalla Terra; c’è una forte accentuazione nel segno del Cancro e dei Pesci, ma anche Vergini e Capricorni non hanno mai un rapporto facile e aperto. Gli Scorpioni sono un mondo a parte; sono i meno timidi del gruppo, ma non amano invece rivelarsi e parlare di sé… sono molto difesi e reattivi e vengono spesso considerati persone che non hanno una facilità nell’approccio con gli altri. Tuttavia, gli Scorpioni a differenza degli altri due segni, sono coraggiosi e  competitivi, ed amano il rischio: li si trova perciò nelle sfide che, invece, Cancro e Pesci evitano con cura. La Terra ha spesso sensi di inadeguatezza rispetto alle capacità ragione per cui devono “provarsi” e “raffinare” pian piano le proprie attitudini.

 

Oggi la timidezza viene vista quasi come una “patologia” in quanto il mondo è sempre più buttato sull’esteriorità e sulla competitività e, chi non sta al passo, viene visto come poco incisivo e poco capace di prendere in mano le situazioni.

Chiaro, ogni medaglia ha il suo rovescio: i timidi sono difficili nell’approccio, sospettosi nei cambiamenti, hanno tempi lunghi nell’adattamento ma, in genere, sono sensibili, intuitivi e fantasiosi: per loro il mondo è fatto di sentimenti e di emozioni: anche nel caso di Giovanna, suo figlio è Pesci con ascendente Scorpione e con la Luna in Pesci, tre ingredienti che sicuramente favoriscono il senso artistico, la capacità di “sentire” e di essere molto “toccati” da tutto ciò che si muove attorno a loro e inducono ad un vero e proprio senso “mistico” della vita; di conseguenza, i timidi non amano la rivalità e la competitività, non si sentono all’altezza di conquistare le cose in maniera aggressiva  e, con queste insicurezze,  finiscono con l’essere rinunciatari.

 

E’ indubbio che non si può considerare “patologica” la timidezza; è un “temperamento” che, essendo già presente nella primissima infanzia, rende il bambino iper reattivo, come se non avesse sufficienti difese. Astrologicamente parlando la timidezza è un fattore molto legato ai pianeti Luna, Nettuno e Saturno: queste configurazioni rendono i soggetti che ne sono portatori “meno difesi”, come se, nel confronto con gli altri, loro fossero “senza pelle”, oppure, nel caso di Saturno, troppo difesi e quindi chiusi e bloccati nell’approccio.

 

I bambini timidi spesso però nascono in “famiglie timide” che coltivano poco i rapporti sociali e conducono una vita molto chiusa, non favorendo quindi lo scambio con i coetanei e la voglia di scoprire il mondo.

In questi casi, la timidezza può essere una sorta di “corazza difensiva familiare” che i figli ereditano e coltivano, qualcosa  però che li può condurre a bloccare molti degli impulsi più vitali (Marte) che, invece, spingerebbero naturalmente a buttarsi nella mischia.

Negli adolescenti la timidezza può nascere dalla paura di dover soffrire e, in questi casi, significa che hanno sperimentato rifiuto ed incomprensioni per evitare i quali, finiscono per precludersi l’incontro con gli altri, nell’ illusione di evitare nuove delusioni.

E’ indubbio che alla base c’è sempre una ferita narcisistica ed un non sentirsi adeguati alle situazioni: sono ragazzi che si sono sentiti svalorizzati o sminuiti e questo li ha portati a sviluppare complessi di inferiorità a volte, anche mascherati da “superiorità”. Negli adolescenti, poi, regnano molti “complessi legati alla fisicità” che possono ulteriormente aggravare una timidezza pregressa.

 

I genitori che hanno bambini timidi e molto sensibili devono pensare che questi hanno maggiormente bisogno di sostegno, di approvazione e di valorizzazione ma anche di spinte che possano servire a conoscere bene i loro limiti: sarà proprio dall’amore e dal senso di accettazione che potrà nascere quella sicurezza all’interno che potrà dar loro la forza di poter affrontare tutti i blocchi  personali e le paure che giungono dalla vita esterna. Non bisogna “iperproteggerli” poiché, nel caso, si riducono ulteriormente le loro possibilità di fare esperienza; bisogna permettere ai bambini di fare i loro errori in modo che possano valutare e riprovare, aiutandoli a non vivere gli errori come fallimenti ma bensì come strumenti per apprendere; non bisogna mai mettere addosso ai figli delle etichette perchè, nel tempo, tendono a diventare “profezie” e,  infine, bisogna aiutare i “timidi” a coltivare le loro qualità tra cui l’immaginazione, la sensibilità e l’introspezione senza costantemente paragonarli a quelli che invece sono aperti, gioviali e coraggiosi.

Coltivando le loro qualità diventeranno più sicuri di sé e impareranno che tutti, pur possedendo qualità e capacità diverse, possono essere all’altezza delle situazioni che si trovano di fronte.




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