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I SENTIMENTI UMILIATI

a cura di Gianfranco Casalis
 
A chi di noi non è capitato anche solo per una volta di “odiare il mondo”? Molti di noi hanno sognato di poter cancellare il mondo insieme alle proprie angosce. Alle volte siamo arrabbiati col mondo perché sentiamo che il mondo spesso sembra opporsi ai nostri sogni, alle nostre esigenze e ai nostri progetti più autentici e c’impone altri doveri e rinunce, altre progettualità. Ci sentiamo come prigionieri di un “ordine” che mortifica i nostri bisogni autentici e quindi ci sentiamo spesso indegni e disprezzabili. Allora proviamo come un disprezzo per tutto ciò che impedisce un normale flusso d’energie verso la realtà e se non troviamo risposte alle problematiche che ci sembrano insuperabili, al posto di allearci con noi stessi per costruire la nostra identità, diventiamo nemici di noi stessi, ci accusiamo e finiamo per costruirci un’identità sfavorevole alla nostra esistenza e diventiamo rabbiosi per un’esistenza senza futuro e senza progettualità; viene a mancare il progetto di vita che corrisponde alle nostre esigenze più profonde, che consente l’armonico svolgersi delle nostre potenzialità.

Aristotele aveva già capito l’importanza di diventare ciò che si è. Il nostro compito è quello di lottare contro gli ostacoli che impediscono l’espressione delle nostre potenzialità e che ci spingono verso sbocchi perversi e anomali, all’interno di un subdolo, corrosivo, ipocrita sistema autodistruttivo in cui le nostre scelte sono sottese da una volontà automutilante e nichilista. Diventiamo apatici e indifferenti in un mondo in cui tutto viene vissuto come caos e noia perché abbiamo perso le energie che ci consentono di trasformare il caos in consapevolezza e veniamo come risucchiati nelle ombre dell’esistere che ci chiedono un po’ di luce. La risposta alle nostre angosce viene dalla ricerca di quelle vie sotterranee che si snodano nell’oscurità del nostro mondo interno e che ci conducono verso spazi a noi favorevoli che ci appartengono ma che ancora non conosciamo perché troppo legati a tutto ciò che è esterno e incapace di dare risposte alla nostra ansia di ricerca e alla nostra sofferenza. E’ nel nostro mondo interiore che possiamo trovare immagini che vogliono venire alla luce e un insieme di fantasie che spinge prepotentemente verso l’esterno. Dobbiamo ammettere che nel profondo del nostro mondo interno esiste un codice del masochismo che spesso si esprime con atteggiamenti perturbanti e che se non impariamo a conoscerlo esso dirige la nostra esistenza verso situazioni sgradevoli dalle quali non può che scaturire sofferenza.

Molte delle nostre scelte amorose si nutrono di una nascosta coazione alla sofferenza e spesso ci si trova a percorrere un tragitto lungo della nostra esistenza con un partner portatore d’esperienze negative e distruttive. La scelta di questi partners è inconsapevole, guidata da bisogni inconsci in stretta vicinanza con istanze distruttive di cui l’altro sembra il portatore e che segneranno il destino della coppia con quel carico di sofferenze e dolori che accompagnano molte relazioni amorose. Spesso, questi individui sfuggono a partners del genere per cadere tra le braccia di altri con le stesse caratteristiche in un tipo di abbraccio mortale. E’ come se esistesse una dimensione interna per la quale l’essere umano si sottomette alla mortificazione della vita con sofferenza sensuale. Questi individui masochisti proiettano tali forze distruttive fuori di sé e imputano agli altri le ragioni di tali avversità ignorando che attività psichiche inconsce stanno alla base dei comportamenti e che tali attività proclamano a gran voce la loro nullità, il loro fallimento e soprattutto la loro colpa.

Tutto ciò sembra aver origine nella nostra infanzia e soprattutto nella relazione genitoriale.
Fin dalla nascita prendono vita processi inconsci d’identificazione, tanto che l’esistenza procede e si sviluppa proprio attraverso le identificazioni successive con le persone significative che costellano la vita infantile. Tali persone, infatti, divengono agli occhi del bambino dei modelli che rappresentano punti di riferimento per l’attività d’interpretazione del reale, e che permettono un orientamento emotivo anche rispetto all’ignoto universo delle sensazioni che prendono forma durante il corso dello sviluppo psicologico.

Alle volte, può accadere che i modelli genitoriali vengano rinnegati di là della loro validità oggettiva. Spesso nella relazione tra genitori e figli si creano grossi dislivelli di forze in cui i figli vivono la relazione all’insegna di un profondo squilibrio. I modelli genitoriali possono essere vissuti come irraggiungibili, generando forti ansie nei figli. Le figure parentali vengono allora vissute come castranti perché inaccessibili e stimolano a dei comportamenti diametralmente opposti a quelli che il modello suggerisce. Tali comportamenti rappresentano un attacco continuo al proprio modello di riferimento ed esprimono un modo di affermare la propria diversità. Ma all’interno del rifiuto del modello, nel processo di differenziazione delle immagini genitoriali, si accompagna un gran senso di colpa che si traduce in sentimenti penosi, quali la disistima, la sensazione di fallire continuamente, di essere inadeguati. Inconsciamente l’individuo s’incolpa di non essere divenuto ciò che il modello aveva richiesto divenisse e quindi d’aver tradito quelle aspettative.




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