ASTROLOGIA IN LINEA
ASTROMAGAZINE - RUBRICHE - L'angolo della psicologia

IL SOTTILE LEGAME TRA ORALITÀ E AVIDITÀ

a cura di Lidia Fassio
 

Abbiamo appreso dal grande Freud che esiste un rapporto strettissimo tra cibo, affetti e denaro e che, molto del modo in cui useremo il denaro è legato alla fase orale e al delicatissimo problema delle sicurezze e delle risorse personali.

 

I primi otto dieci mesi di vita sono dunque fondamentali a questo proposito, e non solo perché sono i mesi della simbiosi ma anche perché in questa fase, si acquisiscono le nozioni di base per regolare lo stato emotivo e mentale il che vuol dire che dall’universo sensoriale il bambino, attraverso le cure e le attenzioni che riceve dalla figura di contenimento, acquisisce la capacità di programmare successivamente le sue azioni  utilizzando il suo patrimonio naturale, modulando sugli affetti.

In questa fase i sensi sono fondamentali perché è attraverso di essi che si organizzano le esperienze. Dalle sensazioni nasce la primissima forma di “senso di sé”; chiaramente è nel mondo degli affetti che ha attorno che il bambino imparara l’abc rispetto al piacere o alla frustrazione anche in virtù del fatto che si sente immerso nel mondo e parte di esso e si sente un tutt’uno con ciò che ha attorno per cui vive tutte le esperienze con eccitazione o con ansia.

 

Nella fase di casa seconda il bambino impara attraverso il processo di attaccamento a mantenere un livello di calma interno che gli permetterà di rivolgersi poi con maggior attenzione al mondo circostante e, successivamente, di rapportarsi con un’altra persona in una relazione fortemente intima e coinvolgente.

Il bambino ricambia in modo appassionato le attenzioni che riceve e lo fa con sorrisi e smorfiette ma, soprattutto, con lo sguardo, preludio a quell’empatia e a quell’amore che un giorno riuscirà anche lui ad esprimere nei riguardi di altre persone.

E’ una sorta di corteggiamento quello che accetta e che gli viene fatto, qualcosa che proverà ogni volta che vivrà l’ebbrezza di essere vicinissimo a qualcuno che gli piace. E’ una traccia sottile che viene memorizzata e che organizzerà in maniera precisa le esperienze future e il desiderio di ripeterle o di negarle.

 

Se questa fase per qualche motivo non avviene regolarmente il bambino non troverà mai la forza di abbandonarsi realmente alle relazioni umane e, in qualche modo, registrerà una deprivazione che partirà dal livello sensoriale ma che intaccherà anche i piani emotivo e psichico.

 

In alcune persone le emozioni non si sono sviluppate perché la figura di contenimento non reagiva in modo coerente con i bisogni del bambino e, magari, si ritirava proprio quando il piccolo aveva più bisogno e quando era disperato e piangeva: in questo modo il bambino impara che se esprime emozioni forti rischia il rifiuto e, pertanto, per evitare questa frustrazione terribile apprende a non interagire mai in modo profondo con un’altra persona e ad evitare qualsiasi coinvolgimento che, al limite accetterà sul piano fisico ma non su quello intimo (emotivo e psichico).

Le reazioni potranno essere diverse ma in genere in questi soggetti vi sono reazioni esagerate di chiusura o di rabbia di fronte alle emozioni che sembrano devastare e creare ansia senza sapere come placarla.

 

Il Se’ in pratica, in condizioni buone o medie, si sviluppa in una sorta di selettività emotiva che porta al piacere di stare con le persone e al senso di umanità condivisa che conduce al piacere della relazione con l’altro, della gioia ed anche della disperazione; in caso di situazioni deprivanti invece il Se’ si richiude in una strenua difesa della propria integrità evitando il contatto.

Tutto questo ci segnala che, già ad un anno di vita esiste una precisa coscienza anche se non ancora simbolica e riflessiva ma, tuttavia, in grado di esprimersi con gesti ed espressioni per partecipare ad un dialogo anche se ancora non verbale

 

Questa fase è quella che Freud chiamava “orale” poiché è quella caratterizzata dalla “suzione” – fonte di piacere e di esperienza – e dall’introiezione o incorporazione degli “oggetti” attraverso cui avviene l’identificazione.

La fase orale si divide in due parti: quella passiva caratterizzata dalla suzione e quella attiva che riguarda un periodo successivo all’apparizione dei denti in cui si sperimenta l’atto del “masticare” che, invece, prevede  una notevole dose di aggressività.

 

In questa fase la funzione dell’attaccamento è già in formazione e, se viene interrotta o non risolta, può dare vita a difficoltà nella formazione del così detto “carattere”.

 

Tra le varie problematiche del carattere orale vi sono i problemi che girano attorno al tema del bisogno che lasciano strascichi di dipendenza e di gratificazione dalla dipendenza che danno vita a personalità dipendenti o codipendenti.

 

Il soggetto con personalità “orale” avverte la forte sensazione di non essere mai stato appagato sia sul piano affettivo che emotivo e, a volte, neppure su quello dell’alimentazione; in pratica sono mancate quelle risorse nutritive che erano indispensabili in quella fascia di età ed è rimasto un senso di deprivazione e di vuoto, difficile da colmare.

E’ interessante come in queste persone anche il linguaggio del corpo tenda a confermare l’idea della perdita.

Sono persone con gambe deboli e con le braccia che sembrano troppo lunghe rispetto al normale che portano di solito pendenti lungo i fianchi. La schiena non è mai solida e sembra non reggere il corpo. La caratteristica principale è una sorta di ipotonicità fisica. Sono soggetti che hanno dentro di sé una ferita da abbandono che è impressa anche sul fisico.

 

Questi soggetti hanno percepito l’impossibilità di ottenere le gratificazioni necessarie in quanto i genitori erano, per qualche motivo, incapaci di sostenerli e di nutrirli a sufficienza. A volte si tratta di  storie difficili che rendono impossibili le cure parentali (malattie, alcolismo o depressione) per cui il bambino va incontro a gravissime frustrazioni che generano problemi di dipendenza e cha lasciano un senso di amaro in bocca rispetto alla fiducia nella vita e nelle proprie risorse.

Astrologicamente parlando possiamo trovarci di fronte a forti opposizioni sull’asse seconda ottava, oppure quarta decima con una forte presenza di Saturno in aspetto soprattutto con i pianeti affettivi Luna e Venere.

 

La reazione è quasi sempre la “negazione del bisogno” il che dà vita a soggetti molto frustrati che continuano a privarsi di tutto quasi a confermare e a reiterare le esperienze dell’infanzia; non si permettono né piaceri né affetti veri. Sono diffidenti, costantemente sulla difensiva e non chiedono niente a nessuno, neppure alle persone più care in quanto nella loro psiche si è instaurato lo schema: “se chiedo mi dicono di no e mi umiliano e frustrano”. Fondano la loro vita su una falsa autonomia ed indipendenza che in realtà è basata sulla negazione del bisogno.

Saturno è a tutti gli effetti rappresentante il meccanismo di difesa della “negazione” che andrebbe smontato onde evitare di contattare il lato fragile e bisognoso che resta perciò seppellito nell’inconscio.

 

In questi casi possono instaurarsi vere e proprie problematiche di avidità in quanto, per compensazione, potrebbero svilupparsi tendenze all’accumulo di ciò che faticosamente si è costruito affrontando difficoltà inaudite.

 

Il rapporto con il denaro è strettamente collegato al discorso delle sicurezze: se si ha la sensazione di poter contare su risorse interne non vi sarà il bisogno di compensare attraverso il trattenere o l’accumulare ma, come sappiamo, proprio se le cose sono state complicate e non si è avuto ciò che si desiderava, tenderanno a permanere a lungo sensazioni di precarietà e di deprivazione che possono spingere verso comportamenti di paura e di insicurezza profonda che andranno compensati in modo più o meno palese.

 

Uno degli aspetti astrologici che possono segnalare avidità e accumulo è la presenza di  Saturno in casa seconda: quasi sempre l’archetipo in questa casa corrisponde a situazioni gravi in cui per i motivi più svariati il bambino ha sperimentato la mancanza di sostegno e di struttura all’interno dell’ambiente familiare nonché una grave forma di deprivazione emozionale, affettiva e o alimentare: in alcuni casi ciò è dovuto a gravi problemi di salute della madre o del bambino stesso che, magari, è stato a lungo in stato di isolamento dentro ad un’incubatrice o in balia di una madre con gravi crisi di depressione.

A seguito di questa esperienza nella psiche si struttura l’idea di non avere diritto e di non essere meritevole di amore ma, in termini ancora più profondi, si ha la sensazione di mancanza di risorse per cui la vita potrebbe spazzare via tutto ciò che si ha in qualunque momento.

Ho anche notato in questi soggetti una sorta di compiacimento rispetto al non aver bisogno di nessuno e all’essersi fatti da sé puntando esclusivamente sulle proprie capacità ma questo detto con rammarico con chiari risvolti del tipo “la vita è matrigna e non c’è nulla che io possa volere dal mondo” e, tantomeno, nessuno che mi possa dare ciò che vorrei. Si instaura una certa durezza che è l’espressione stessa della negazione.

 

Questo tipo di psicologia porta anche ad avere grandissime paure di perdere ciò che si è costruito e, pertanto, struttura la vita sulla difesa da tutto e da tutti rinnegando completamente i propri ed altrui bisogni.

 

Il denaro diventa un “bene prezioso” anzi, in alcuni casi l’unico bene prezioso che non può essere dissipato e, soprattutto, che non può essere dato o prestato.

Vi sono persone che non riescono a spendere neppure per sé.. continuando così a sentirsi quasi diseredati cronici in quanto la paura corrode qualsiasi piacere.

 

L’avidità va però distinta dall’avarizia che, invece, pur originando da un medesimo problema, è un tratto che riguarda anche sé stessi; in effetti gli avari sono soggetti tristi che non si concedono alcuna soddisfazione e che vivono nel culto del denaro da conservare come una reliquia, da guardare e da venerare senza mai concederselo.

In pratica in questi soggetti vi è una corrispondenza precisa tra il loro comportamento adulto e ciò che hanno vissuto da piccoli: infatti il denaro è praticamente il sostituto della madre e, pertanto, viene investito di grandissimi significati simbolici; sul denaro si proietta la madre non gratificante, non disponibile e privativa che tanto si desiderava ma che non si poteva avere.

 

L’avidità invece è una problematica che riguarda il desiderio di avere sempre di più e di non essere mai sufficientemente appagati da ciò che si ha. E’ una patologia tipica dei giorni nostri al punto che ha tanto favorito il consumismo in quanto il soggetto è colto da una bramosia di denaro o di possesso che spinge a superare e a contrabbandare qualsiasi valore pur di appropriarsi di ciò che si ritiene l’unica cosa che conta nella vita. Dietro all’avidità vi è un concetto di non “riempimento” per cui, qualunque possa essere il risultato raggiunto, non sarà mai sufficiente e non basterà a placare il senso di insoddisfazione che permarrà nella psiche fino a contaminare il senso stesso della vita e la ricerca di felicità.

 

Queste due tipologie di soggetti vanno però distinti dalla persona parsimoniosa ed oculata che, spesso, viene vista anch’essa come avara. In realtà, un atteggiamento corretto da tenere nella vita dovrebbe essere quello di evitare di consumare esageratamente e, soprattutto, di consumare quanto viene suggerito dalla nostra società che vive di prodotti che vengono acquistati senza che vi siano reali necessità e che poi vengono buttati via velocemente in modo da poter comprare qualcosa di nuovo; in questo caso siamo di fronte ad una sorta di bulimia nervosa.

L’oculatezza dovrebbe essere ricercata da tutti noi e sarebbe anche una garanzia per la terra che non si vedrebbe depredata di risorse preziose che vengono continuamente attinte per gratificare bisogni fittizi.

 

Come sappiamo esiste una correlazione tra affetti e denaro e questo significa che, soprattutto quando siamo in presenza di comportamenti di avidità e di avarizia, questi toccheranno anche il mondo delle relazioni a cui non ci si concederà mai totalmente, restando continuamente in uno stato di attesa e di controllo che non potrà che nuocere a sé stessi e agli altri.

 

Concedersi affettivamente significa avere la percezione di essere “ricchi” all’interno e di aver “avuto” ciò di cui si aveva bisogno ma, soprattutto, significa aver ricevuto amore in modo generoso senza doverlo richiedere o mendicare. Amare è un atto di grandissima generosità perché richiede una fortissima donazione di sé ed un profondo desiderio di scambio.




Copyright (c) 2003 Astromagazine - la rivista di Astrologia in Linea - Tutti i diritti riservati